“Natale sia per ognuno occasione di rinnovamento interiore, di preghiera, di conversione, di passi avanti nella fede e di fraternità.
In questo tempo segnato dalla pandemia, celebrare il Natale ha un sapore diverso. Le nostre strade portano già i segni della festa, forse ancora più evidenti di altri anni, quasi un modo per esorcizzare preoccupazioni e sofferenze. Ci sono tutte le apparenze della festa, il Natale è già alle porte, ma c’è un’euforia diversa, un modo altro di vivere queste giornate di attesa. Siamo chiamati a compiere azioni che contrastano con il clima natalizio, con quel desiderio di feste, cenoni e riunioni di parenti, che ha sempre accompagnato questi giorni, forse facendoci dimenticare chi è il festeggiato. Come a Betlemme, rischiamo di lasciare fuori dalla porta delle nostre case l’unico ospite necessario, colui che ha scelto di nascere povero tra i poveri, in una mangiatoia.
Questo Natale, chiede Papa Francesco all’Angelus, sia per ognuno occasione di rinnovamento interiore, di preghiera, di conversione, di passi avanti nella fede e di fraternità tra noi. “Guardiamoci intorno, guardiamo soprattutto a quanti sono nell’indigenza: il fratello che soffre, dovunque si trovi, il fratello che soffre ci appartiene. È Gesù nella mangiatoia: chi soffre è Gesù”. Il Natale, afferma il Papa, sia una vicinanza a Gesù in questo fratello e in questa sorella. È “il presepe al quale dobbiamo recarci con solidarietà”, dove “incontreremo davvero il Redentore nelle persone che hanno bisogno”.
Il senso del Natale, “di questa festa che è soprattutto dono”, ci dice Francesco, è Dio che “dimora con l’uomo e ogni uomo può trovare in lui, in Cristo, la sua casa”. Ancora è “gratuità in Dio che sceglie di farsi uomo in uno sconosciuto villaggio della Galilea, in un contesto familiare fatto di gioie e di povertà. In Cristo appare al mondo come qualcosa di inatteso, capace però di capovolgere i criteri umani”.
In questa ultima domenica di Avvento Luca, nel suo Vangelo, ci consegna l’immagine di Maria e del suo “sì”; come già nel giorno dell’Immacolata, l’8 dicembre, ascoltiamo l’annuncio dell’angelo alla ragazza di Nazareth, una donna di una povera regione ai margini della Terra Santa, alla periferia, si potrebbe dire, dell’Impero romano. Luca ci presenta prima Elisabetta “sterile e avanti negli anni”, e il marito Zaccaria cui l’angelo annuncia che sua moglie darà alla luce un figlio e si chiamerà Giovanni, perché “nulla è impossibile a Dio”.
Poi ecco Maria cui l’angelo annuncia che “il Signore è con te”, lei che è “piena di grazia”. Dice il Papa: “sembra un annuncio di pura gioia, destinato a fare felice la Vergine: chi tra le donne del tempo non sognava di diventare la madre del Messia? Ma, insieme alla gioia, quelle parole preannunciano a Maria una grande prova”.
Era promessa sposa a Giuseppe – padre della tenerezza, dell’obbedienza, dell’accoglienza; padre nell’ombra, nelle definizioni di Papa Francesco nella Lettera apostolica Patris corde – e per la Legge di Mosè non poteva avere altri rapporti, pena la condanna alla lapidazione. Per Maria una “scelta cruciale”: dire “sì” a Dio rischiando tutto, compresa la vita, oppure declinare l’invito e andare avanti con il suo cammino ordinario”.
Lei risponde: “avvenga per me secondo la tua parola”. Ecco il sì, il “fiat”, spiega il Papa che “indica un desiderio forte, indica la volontà che qualcosa si realizzi”. Non dice “se deve avvenire, avvenga”, oppure “se non si può fare altrimenti”. Non è rassegnazione, non è “accettazione debole e remissiva […], non è passiva, è attiva. Non subisce Dio, aderisce a Dio. È un’innamorata disposta a servire in tutto e subito il suo Signore”.
Non perde tempo a riflettere, non chiede spiegazioni, non cerca risposte per essere certa di non incorrere nella legge mosaica. “Non fa aspettare Dio, non rinvia”. Non dice domani: “quante volte la nostra vita è fatta di rinvii”. È un sì pronto, coraggioso.
In questo tempo difficile di pandemia, anziché lamentarci “facciamo qualcosa per chi ha di meno: non l’ennesimo regalo per noi e per i nostri amici, ma per un bisognoso cui nessuno pensa”. L’altro consiglio è andare a pregare; dice Francesco: “non lasciamoci ‘portare avanti’ dal consumismo”, che ci ha sequestrato il Natale. “Il consumismo non è nella mangiatoia di Betlemme: lì c’è la realtà, la povertà, l’amore”. •
Fabio Zavattaro