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“Ascolta, figlio”

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Un abbraccio di esultanza.
IV Domenica d’Avvento
Lc 1 ,39-48

Protagonista di questa Domenica è la madre in attesa: Maria!
Dio viene come vita.
Maria è madre innanzitutto perché discepola del Figlio che attende.
Sant’Agostino scrisse che Maria “concepì prima con la mente che col corpo”.
Generò nella carne il figlio perché prima l’aveva generato nella fede, in quell’ascolto attento ed umile della Parola che dona vita lungo il corso dei giorni.
Dio viene come gioia.
Nel grembo di Elisabetta, il bambino sussulta di gioia e in lui tutta l’umanità e la creazione sperimentano la gioia della venuta del Salvatore che fa nuove tutte le cose, che fa fiorire il deserto, che porta speranza. Maria è il modello dell’attesa, un’attesa che diventa carità sollecita nei confronti della cugina Elisabetta che è incinta ed è bisognosa del suo aiuto. Dio è un abbraccio. Due donne nell’attesa di diventare madri, due santuari della Vita che profetizzano il mistero del Natale, in un abbraccio di esultanza reciproca.
Dio, sempre presente in una storia di umili visite, ribalta la nostra logica di potenti, autosufficienti, superficiali, pessimisti.
Sembra una logica degli opposti, ma tale non è perché proprio i “potenti” sono senza speranza, morti dentro.
Nell’abbraccio delle due donne incinte, Elisabetta prosegue quell’Ave Maria cominciata dall’angelo: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”.
Maria è un’esplosione di gioia e di umiltà con il suo Magnificat nel quale c’è la formula rivoluzionaria del vero Natale.
Proiettata in Dio “che ha guardato l’umiltà della sua serva”, fissa lo sguardo alla sorgente e legge tutto alla luce di Dio che “disperde i superbi”, “rovescia i potenti”, “rimanda a mani vuote i ricchi”. Non possiamo arrestare il corso degli anni, ma conservare un cuore di bambini, che a Lui si affidano nella gioia e nella speranza! •

Vieni, Signore Gesù, maranathà!
II Domenica d’Avvento
Lc 3,1-6

In questa seconda Domenica d’Avvento, l’evangelista Luca fa emergere la figura di Giovanni Battista, in una precisa e dettagliata cornice storica che passa in rassegna tutti i personaggi storici del tempo, per dare concretezza alla sua narrazione e per spronarci a vivere la fede dentro la vita e la storia. Le strade scelte da Dio per incarnarsi nella storia sono davvero le più imprevedibili e inaspettate.
Nulla è chiaro, tutto è distorto! Eppure, anche in quel tempo di conflitti e di lotte di potere, la parola di Dio arriva! E continua a entrare in ogni tempo, per quanto falso e ambiguo possa essere: è questo un motivo di grande speranza!
La Parola di Dio esce dal tempio, dalle grandi capitali e luoghi di potere, semina lungo la strada e raggiunge questo particolare giovane, sicuramente fuori dagli schemi.
Non ha paura di proporre la conversione, con la forza dell’amore!
La Parola va significativamente nel deserto, lì dove si compie un gesto di rottura con i luoghi del potere, i luoghi del mercato e rimanda Israele anche alla sua storia passata. Il deserto: luogo del cammino verso la terra promessa, luogo in cui ha sperimentato le sue paure, ma anche in cui ha vissuto le cose più importanti nella relazione con Dio! Lì ha ricevuto la Legge, l’Alleanza, ossia il tempo di un’intimità profonda con Dio!
Il deserto è anche un’immagine evocativa della creazione: è la terra arida, l’adamà, la terra incolta da cui l’uomo è stato tratto. Ciò che verrà è come una nuova creazione, la possibilità di un nuovo cammino che non ci chiede ulteriori impegni, rinunce, disponibilità che spesso non abbiamo.
Ci è chiesto di alzare lo sguardo, sollevare i nostri occhi e accorgerci che c’è qualcosa di nuovo, spalancare i nostri cuori e preparare la strada a Dio che viene, raddrizzando i sentieri, riempiendo i burroni per evitare di sprofondare nella delusione e nello scoraggiamento, abbassando i monti e i colli dell’orgoglio che ci impediscono di vedere il Signore, allontanando i ragionamenti tortuosi nei quali rischiamo di rimanere intrappolati e a riappropriarci della vera immagine di Dio, quella di Padre che immensamente e teneramente ci ama, così come siamo! Non ci sono barriere, paletti e distinzioni: ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! “Vieni, speranza dei popoli, luce dei cuori, approdo di chi cerca. Vieni, Signore Gesù, maranathà!” (M.T.) •

Per trono una croce
XXXIV Domenica T. O. SOLENNITA’ DI CRISTO RE
Gv 18, 33-37

La regalità di Cristo, nostro Salvatore, è il dono della vita: una logica lontana mille miglia da quella mondana!
È venuto nel mondo per testimoniare questa verità: Dio è Amore, regnare è servire, dare la vita non è perderla, ma guadagnarla.
Una “fissa” che gli è costata la vita!
Per questo era nato, ben volentieri si è donato, anche per quei malfattori, anche per chi si è preso beffe di lui…per tutti!
La sua regalità è tale che non ci obbliga neanche a credere a Lui e ad amarlo: Lui ci ama incondizionatamente!
Con discrezione e delicatezza bussa alla porta del nostro cuore, nella piena libertà di accogliere o meno.
S. Agostino affermava: “ Dio che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”.
“Sulla Croce c’è l’Amore più grande” (Don Primo Mazzolari)
Fermiamoci a contemplarlo: verificheremo le strade che stiamo percorrendo per ritrovare la rotta!
E nel nostro cuore fioriranno gioia e speranza! •

Il cuore in due spiccioli.
XXXII Domenica T. O.
Mc 12, 38-44

Un cuore sensibile quello di Gesù verso le vedove, gli orfani e i forestieri: categorie fragili, bisognose di attenzione e supporto!
In questa scena del Vangelo, l’occhio di Gesù è penetrante, va oltre l’apparenza.
Seduto di fronte al tesoro, ossia le 13 cassette con apertura a forma di tromba, si gode la scena da spettatore, aspettando il momento opportuno per mettere alla berlina scribi e ricchi che fanno tintinnare i loro soldi per riscuotere applausi e successi, strumentalizzando anche il bene, vittime della sindrome del seduttore.
Lungi dal creare relazioni, mirano solo ad occupare la scena, per farsi ammirare.
Arriva la sorpresa, un’occasione propizia per smascherarli e far risaltare la differenza in qualità.
Muove timidamente i suoi passi una vedova che getta nel tesoro due insignificanti spiccioli, tutto quello che lei aveva.
Nella prima lettura (1Re 17, 10-16) un’altra vedova di Zarepta ha offerto al profeta Elia una focaccia, ultimo nutrimento per sé e suo figlio e come ricompensa si moltiplica la “provvidenza” donata.
Nel Vangelo avviene un esame della vera religiosità, una valutazione di questo tipo: dimmi come offri a Dio, apparirà la tua fede.
Nulla sfugge a Gesù, neanche quella vedova che di nascosto compie un grande gesto. Lei ha gettato nel tesoro due spiccioli, ma ha dato più di tutti gli altri. Perché di più di tutti gli altri? Perché le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
Le sue bilance non pesano la quantità, ma il cuore. La differenza sta nel donare non quello che si ha, ma quello che si è.
La donna ama alla maniera di Dio: c’è del divino nella sua offerta, tutto quello che aveva in termini di sicurezza. Si reca nel Tempio, luogo in cui potersi donare fino in fondo a Dio, l’unico legame e sostegno che ha, e in Lui ripone tutta la sua fiducia. Si butta in quella relazione proprio come getta nel tesoro quei due spiccioli, anche se non fanno rumore!
Presa dall’amore, la donna non ha paura di rischiare, neanche di essere derisa per il “breve” tintinnio delle due monete: dona col cuore, il resto non le importa!
Per Gesù, la donna rappresenta il modello di coloro che sanno giocarsi fino in fondo nelle relazioni, nulla trattenendo per sé e senza finzioni.
Un rimando, dunque, al cuore, sede delle relazioni vere, autentiche! •

A cura della famiglia monastica Benedettina di Fermo

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