Un anno dopo, il 28 luglio del 1883, il poeta-soldato ritornò, questa volta in treno, a Porto S. Giorgio per trascorrervi la sua luna di miele con la duchessa Marie Hardouin, impalmata contro la volontà del padre di lei. I giornali e la gente ricordarono a lungo l’eleganza della giovane coppia discesa dal treno, lui vestito di bianco con cappello di paglia, lei, bionda in abito nocciola. Furono subito accolti con ogni premura dal gotha balneare e cittadino, come il marchese Trevisani ed Alfredo Fiori, e presero dimora per circa due mesi in via Garibaldi, 17.
Il 5 agosto assistettero alla regata dei Canottieri Piceni (di cui esistono ancora i biglietti riservati). Da questo soggiorno esteso a varie località del Fermano d’Annunzio trasse ispirazione per la Signora dei Sogni e coltivò amicizie con altri letterati, come ad esempio Adolfo De Carolis (che su suo consiglio cambiò il suo cognome in de Karolis), autore di magnifiche xilografie che decorano opere dannunziane; oppure il munifico conte Ernesto Garulli di Monterubbiano che aiutò il vate in momenti di povertà. Per concludere, una curiosità: a Pescara, nella camera di d’Annunzio campeggia un quadro della Madonna del Pianto, il cui simulacro è veneratissimo dai fermani nell’omonimo santuario.
Più complesso è il rapporto che lega il mare di Porto San Giorgio al poeta umbro-laziale Sandro Penna (1906-1977). Penna, insieme ad Attilio Bertolucci e Giorgio Caproni fu esponente di quella linea antinovecentesca o – come la definì Pasolini – di quella “sabiana” negli anni ’30, in pieno rigoglio ermetico, mettendo al centro della propria poetica il rapporto con la tradizione, e la descrittività della realtà, con le sue torride estati i cieli cangianti, ma soprattutto il mare, agognato tutto l’anno sul suo tavolo di contabile, e che gli mancava nella sua Umbria dove era nato a Perugia: “e poi sogno di essere in un mare lontano/tutto fresco di scintille/l’aria azzurra dolce a respirare./ E mi prendono i sogni a mille e a mille”.
Ogni volta che nella sua raccolta Un po’ di febbre affiora l’immagine del mare, il riferimento è sempre il mare della riviera sangiorgese, che ha scandito con le sue onde, la sua adolescenza sofferta e tumultuosa, poi della giovinezza e della maturità, coincidendo con la figura ricorrente dei “ragazzi”, sogno di amori impossibili e proibiti per la mentalità dell’epoca, soprattutto in provincia. A Porto San Giorgio avevano trovato rifugio la madre e la sorella Elda, per cui il mare non era solo luogo di vacanze, ma luogo dell’anima, dove poter riavvicinare la madre amata, come naufrago che torna al proprio porto.
Proprio tra i vicoli, le piazzette e l’arenile, Penna aveva avuto l’occasione di intessere e nutrire la sua amicizia con Acruto Vitali (1903-1990), giovane ingegno del luogo, che oltre a fargli conoscere Rimbaud, Proust, Gide, fu custode fedele del mondo interiore del poeta e concorse a rinsaldare il suo legame con Porto San Giorgio. Quel mare intenso, che Penna dipingeva “tutto fuori e fresco di colore”, avrebbe sempre lenito i suoi ricordi strazianti e gli amori non corrisposti. Per concludere, un’altra curiosità: pochi sanno che un verso di Sandro Penna “Ma il fanciullo che avanti a te cammina” è stato citato senza attribuzione esplicita da Roberto Vecchioni nella sua canzone Blu(e) Notte, nell’album Samarcanda: già, perché il mare, come i ragazzi, sono l’imprevedibilità del vivere e le città di mare registrano” i rumori di fondo” delle nostre speranze.•
Antonio Nepi