L’incontro è iniziato con una squisita colazione offerta in piazza dalla comunità di Montottone, che ha riservato così una particolare accoglienza alle persone accorse, provenienti principalmente dall’Istituto di riabilitazione “Santo Stefano” di Potenza Picena e dalla casa di riposo locale. Centinaia le persone coinvolte nell’organizzazione e nel servizio di ospitalità, volontari dell’Unitalsi, famiglie, giovani e ragazzi del paese. Molto partecipata è risultata anche la successiva Celebrazione Eucaristica tenutasi nella Chiesa di Santa Maria Ausiliatrice. A riguardo, occorre evidenziare la profonda rilevanza, per il prosieguo della giornata, di uno fra i tanti passaggi felici dell’omelia che il Parroco ha voluto donare alla comunità per l’occasione, quando ha spiegato il fatto che la fraternità umana incontra spesso due diverse tipologie di impedimenti e di resistenze interiori da dover superare, sia sul piano personale che in quello sociale: l’atteggiamento di forte ribellione che si avverte, più o meno consapevolmente, dinanzi ad ogni stato di sofferenza proprio o altrui; l’atteggiamento di ipocrisia che potrebbe sorgere laddove si intenda la prossimità alla persona sofferente come una forma di marketing di se stessi, un modo, magari più efficace rispetto ad altri, per promuoversi in pubblico ed apparire migliori, non certo quale occasione di maggiore maturazione individuale e collettiva.
Così, con in mente un’idea di fraternità più precisa e concreta, che non scada in ribellione né in ipocrisia, ma essenzialmente in tenerezza condivisa, è iniziato il pranzo comunitario presso il Palasport del paese, preceduto dal lancio simultaneo di centinaia di palloncini colorati, simbolo di libertà individuali che non rinunciano a trarre la propria dignità dallo stupore, quasi fanciullesco, suscitato dall’inaccessibile azzurro intenso del cielo. Durante il pranzo, è stata la dimensione della festa a prendere il sopravvento. I giovani di Montottone, infatti, non si sono limitati al servizio. Unitamente ai volontari dell’Unitalsi, hanno partecipato all’animazione generale, fra musica, karaoke e balli di gruppo. In modo del tutto spontaneo, la condivisione del pasto è fermentata in entusiasmo generale, poi, in esperienza di gioia condivisa. La presenza di numerose famiglie, comprensive di nonni, zii e nipoti, ha fornito anche l’occasione per stringere nuove relazioni, approfondire rapporti e trascorrere insieme sia momenti di svago che di estrema confidenza.
Il segreto del successo della giornata è, al contempo, semplice e complesso: la gioia di essere insieme oltre ogni solitudine. In effetti, la vecchiaia per l’anziano, la disabilità per il malato, lo stato di disoccupazione per il giovane, l’ansia di crescita per l’adolescente, la preoccupazione del genitore, osservati da lontano, prima ancora di apparire come debolezze, mancanze o addirittura come delle vere e proprie patologie, di cui l’uomo di oggi un po’ si vergogna, sembrano costituire delle barriere insormontabili per la “fraternità”, nella misura in cui rendono incomunicabili ed inespressi i vissuti personali e la specifica identità di ognuno di noi. Per dirla in termini di icona religiosa, è come se la croce, non a caso, eretta fuori dalla città, vista da lontano, costituisse un limite invalicabile per la dimensione relazionale dell’essere umano. Quando si soffre non si ha tempo né, spesso, diritto o desiderio di esprimersi, commuoversi, arrabbiarsi, sorridere pubblicamente. Si è semplicemente considerati come “sfortunati”, quindi, emarginati, relegati a se stessi, fino al vagheggiamento di ipotetiche forme di eutanasia quale ultimo ed estremo sogno di libertà umana ridotta ad evasione.
Osservati da vicino, invece, condivisi nell’ambito di relazioni sempre più autentiche, tali stati d’animo divengono passaggi della comune e misteriosa appartenenza al genere umano, dove la fraternità non conosce barriere invalicabili se concepita in relazione con l’Amore. Al termine della giornata, non a caso, sono stati distribuiti a tutti i partecipanti dei portachiavi contenenti la celebre preghiera dal titolo: “Compagni di volo” di Tonino Bello. Tale preghiera contiene un paradosso simbolico irrisolvibile: da un lato, viene affermato che è possibile “volare solo rimanendo abbracciati”, dall’altro, che “vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento”.
Stringersi forte l’un l’altro ed, al contempo, abbandonarsi a qualcosa o a Qualcuno che somiglia molto all’ebbrezza del vento, che è sempre qualcosa di Altro, seppure prossimo rispetto ad ognuno di noi. In effetti, cos’è la libertà, se non la grazia di poter spiccare il volo, e la fraternità, se non il modo di sentirsi vivi perché innamorati?! Grazie all’Unitalsi ed alla comunità di Montottone, quest’ultima domenica di settembre è stata davvero un tempo di intima condivisione. •
Andrea Attilio Subrini