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L’altra Italia: quella normale e straordinaria, quella che sfugge il clamore ma non fugge. Quella che ama il prossimo, intraprende iniziative benefiche, si fa in quattro per la collettività, lavora, ha fiducia negli altri, e una domenica di fine novembre si accorge che tante comunità del camerinese sono state spinte dal terremoto sulla costa e parte per esprimere vicinanza a tutti. Sì, la vecchia, nuova ricerca delle iniziative benefiche e del tempo perduto. Ma Proust non macinava chilometri per raggiungere persone bisognose di conforto e di aiuto.
L’altra Italia: troppo sincera, troppo generosa, senza ambizioni per la testa. Quella che si confonde e vi confonde, che sa vivere tra sentimenti e altruismo, senza abbassare lo sguardo, senza stancarsi, ha una faccia pulita e parole che cantano sincerità. Provate a imitarla se ne siete capaci. Quella che non ignora avvenimenti e persone se ne frega del guadagno sfrenato che promette felicità e desertifica sentimenti e coesione. L’altra Italia sono i soci e i volontari dell’Unitalsi e tutte le persone che insieme all’arcivescovo Francesco Giovanni Brugnaro si trovano qui oggi, nel villaggio turistico “La risacca” di Porto Sant’Elpidio, in un’atmosfera di grande mobilitazione, dove s’incontrano senso di solidarietà e amore per gli altri, pathos e ascolto. Non sembra esserci altro tra queste pareti di tela e finestre trasparenti a un passo dal mare, tra esponenti dell’Unitalsi e ospiti delle strutture di accoglienza, tra fedeli oranti e sacerdoti celebranti la messa con l’arcivescovo Brugnaro, tra figure di relatori che questa mattina nella crisi sismica che ha fatto incontrare tante persone si offrono a riflessioni e valutazioni. L’arcivescovo Francesco Giovanni Brugnaro, Antonio Diella, Giuseppe Pierantozzi, Maria Luisa Pinocchi e Andrea Georgetti fanno analisi appassionate, altamente chiare, mentre dal pubblico sale più che un brivido di commozione e di manifesta gratitudine. Alla maniera di Cip e Ciop con le noci abbiamo fatto scorta di frasi, echi di umanità, paratie di resistenza all’incombente resa allo sconforto: “Un’associazione che fa pellegrinaggi sta imparando a fare pellegrinaggio qui, in mezzo alle persone. Tutta l’Italia Unitalsiana è in queste zone per dire: noi vi vogliamo bene. Nei paesi che non ci sono più c’è un pezzo di noi. Il nostro è un impegno del cuore in questi tempi difficili, un’attenzione ai più deboli, ai più anziani, a chi soffre di più. La nostra reciproca amicizia, il nostro voler stare insieme, il nostro incoraggiarci a vicenda sono qui a dire che abbiamo ancora una prospettiva, abbiamo un cammino da fare, un cammino di vita. Sono venute giù le nostre case, ma siamo noi le case adesso. Noi non siamo né muratori né architetti, ma vogliamo costruire insieme la possibilità di essere una famiglia, una comunità. La gente deve poter contare sull’Unitalsi. Nessuno dica: non ho casa e insieme al non avere casa non ho nessuno. Il terremoto “ci fa sgrullare” ma non ci abbatte”. Ciascuno racconta un frammento, l’aspetto di una storia sola, come gli strumenti di un’orchestra che suonano una marcia all’unisono. Il nostro compendio giornalistico ha l’esagerata ambizione di esserne il tempo musicale, di rappresentare la sintesi delle preoccupazioni, privazioni, emozioni che percorrono l’assemblea e restituiscono misure e numeri del nostro spaesamento.
Però il groviglio dei sentimenti è più complicato, e ancora una volta per cercare di capire non bastano i discorsi di ciascuno: resta sempre qualcosa da rivedere con le parole ispirate dell’arcivescovo, a cui ci rivolgiamo prima della sua partenza.
Eccellenza, oggi la sua presenza qui è stata un momento di emozione e naturalmente anche di conforto per tutti. Ecco, dopo quello che ha detto per noi in chiesa vuole aggiungere qualcosa per i lettori de l’Appennino Camerte?
“Sono contento di condividere oggi la prima domenica di avvento con coloro che sono qui ospiti a Porto Sant’Elpidio, insieme poi all’Unitalsi che ricorda il mandato come impegno, in questo momento ancora più forte rispetto al consueto, visto il disastro del terremoto che ha toccato famiglie e persone e anche tanti unitalsiani che da Visso e dai luoghi più diversi della diocesi si sono impegnati a presenziare questa preghiera comune. E’ nato un impegno di solidarietà e ancora maggiore di carità, in maniera tale da camminare non solo liturgicamente verso l’avvento, pregando e chiedendo al Signore luce e forza per riprendere a sperare, ma anche con la capacità di condividere di più ancora con tutti quei nostri confratelli che sono sparsi lungo la costa, per essere un riferimento, per dare coraggio a tutti, stimolare tutti a riprendere ogni giorno la loro vita anche se con fatica, perché il Signore non ci chiede la nostalgia del passato ma è capace di prepararci a un futuro più buono e certamente anche migliore”. •

Valerio Franconi, collaboratore de L’Appenino Camerte

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