Gli adolescenti nel Cyberspazio
Tutti gli adolescenti hanno un computer, e un cellulare fin dalla più tenera età. Sanno usarli meglio degli adulti. Questi ultimi, quelli che hanno varcato la soglia dei sessant’anni, ricordano, che le violenze tra coetanei c’erano, anche quando loro erano ragazzi. Tutto però terminava con una scazzottatura in piazza, per strada, in cortile. Qualche litigio finiva con qualche sassata lanciata all’indirizzo dell’altro. Si ritornava a casa con lividi, bernoccoli, ma tutto finiva lì. I genitori erano comunemente tenuti fuori da ciò che succedeva tra coetanei.
Si è diventati adulti in questo modo, azzeccato o sbagliato che fosse.
Oggi gli adolescenti non s’incontrano più in piazza, in strada, in cortile ma su Facebook, WhatsApp, Messenger. Davanti ad un computer o con uno Smartphone si è liberi di scrivere tutto quello che si vuole, senza nessuna remora. Tanto colui al quale sono mandati messaggi di disprezzo o di odio non è visto da chi scrive, protetto com’è dalla rete. La facilità con cui si assumono atteggiamenti da vigliacchi!
La tecnologia in mano ad analfabeti produce dei mostri. Le cattiverie riportate sui Social Network, di cui sono vittime i propri figli da parte di altri alunni della stessa scuola o classe, sono presentate dai genitori come prove all’insegnante di turno che ha il suo bel da fare per tentare di capire prima di intervenire. La relazione educativa del docente verso i genitori è quanto di più difficile si possa immaginare. C’è di mezzo da un lato la privacy e dall’altro la difesa ad oltranza che il genitore fa sempre del proprio figlio.
Mancanza di tempo per stare con i propri figli da parte dei genitori, consumatori a loro volta degli stessi strumenti di comunicazione, delega alla scuola di occuparsi del proprio figlio sotto tutti gli aspetti, fanno il resto. Il risultato è che ragazzi e ragazze, privi di riferimento, usano i Social Network in maniera sempre più inappropriata ed accade allora che qualche ragazzo, non facendocela più, decida di farla finita.
Quanto c’è di sommerso, anche nelle nostre contrade apparentemente felici, che può far pensare alla disperazione degli adolescenti vittime di bullismo tra coetanei? Parlarne serve, anche per costruire ponti e passerelle tra la scuola e la famiglia, adolescenti e società.
Relazioni di esperti sul sostegno alla genitorialità in un mondo sempre più complesso si stanno moltiplicando anche da noi. Sono occasioni da non perdere. Da sole però non bastano. Occorre che la famiglia o quanti ancora credono in essa facciano qualcosa. Il futuro delle nuove generazioni passa sempre attraverso ciò che gli adulti fanno e propongono. Sono loro le guide.
La maturità acquisita, frutto di esperienze diverse, va messa a denominatore comune perché il lavoro di ognuno possa portare frutto. I genitori, molti di loro ancora adolescenti – giovani – adulti, con un ingresso tardivo nel mondo del lavoro per molteplici motivi, sono in difficoltà verso i propri figli. Spesso si propongono nei loro confronti come amici ma non sanno che i figli non hanno bisogno di questo ma di un orientamento morale, di sapere cosa è lecito e cosa non è lecito fare.
I genitori non lo sanno o se lo sanno non sanno comunicarlo, perché anche loro non sono stati educati a saper dominare le proprie emozioni o non sanno trovare le parole per dare senso alle cose.
“La parola è la chiave fatata che apre ogni porta” (don Milani), anche in questo caso. •