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Si avvera la profezia orwelliana

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Inseguire i pokemon è un gioco che polarizza sul dis-impegno

Adesso dobbiamo inseguire anche i Pokémon: siamo alla resa dei conti – un percorso a ostacoli che spesso ci creiamo per liberarci catarticamente di pesi insopportabili e rendere giocosa l’esistenza – ma questo percorso porterà alla disfatta e alla mistificazione della vita in tutte le sue significazioni più autentiche e vere – giochi per bambini si dirà …: ma qual è lo scopo di questo perverso Game Boy?… Pokémon che improvvisamente attraversano la strada Pokémon che si accampano sul desktop dello smartphone costringendo gli utenti della strada giocherelloni a frenate improvvise, talvolta dagli esiti disastrosi: perché bisogna giocare nella vita e con la vita, altrimenti il peggio avrebbe la meglio… o che sia metafora di un nemico allo stato liquido, da combattere con la stessa cieca e infallibile arma al modo dei terroristi jihadisti, di cui non si conosce né lo spazio né il tempo? No – e non è chi non veda – io non la vedo così. Perché la finalità è ben altra. Se è vero che la dimensione ludica è indispensabile all’uomo sia in erba sia adulto, è anche vero che così facendo si dirige l’attenzione verso una latitudine “tossica”, ludica solo in apparenza. Perché in fondo tale “tendenza” tradisce il malcelato – e nemmeno tanto… – scopo di dirottare l’attenzione verso una dimensione polarizzata sul dis-impegno, così da poter le coscienze essere controllate da chi ci vuole tutti omologati a un diktat che riecheggia il “1984 di Orwell”: questo grande fratello che non vuole andarsene via, nemmeno di casa. E allora incitiamo virilmente i nostri figli a fare una sana partita di pallone o – se del gentil sesso – a giocare ancora con le bambole piuttosto che rincorrere questi stupidi automi rimbecilliti di cui si pigia a caso il bottone per una disintegrazione che alla fine sarà dell’io, non già dell'”avatar”. •

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