In Belgio, nel silenzio e nella discrezione, un minorenne è morto per eutanasia
Primo caso di eutanasia su un minore in Belgio, e quindi nel mondo perché il Paese è l’unico al mondo ad aver approvato nel 2014 una legge che lo consente. Lo riporta il quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad. “In silenzio e nella discrezione più assoluta – sottolinea il giornale – per la prima volta nel nostro Paese un minorenne è morto per eutanasia”.
Il minore malato terminale sul quale è stata praticata l’eutanasia aveva diciassette anni. Lo riferisce in un’intervista alla Reuters, citata dalla Bbc online, Wim Distelmans, direttore del Centro di controllo dell’eutanasia. “Il minore soffriva di dolori fisici insopportabili. I dottori hanno usato dei sedativi per indurre il coma come parte del processo”, ha aggiunto Distelmans, senza precisare se si tratti di un ragazzo o di una ragazza.
Queste le parole di Alberto Gambino, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, che collabora con la Cei. “Il caso belga finisce coll’attuare un principio particolarmente nefasto perché estende l’eutanasia, già di per sé inaccettabile, ad una vicenda di estreme fragilità in cui si misura la dignità di un soggetto con il metro di giudizio di chi non incarna direttamente quella dignità. Non si tratta di un caso di accanimento terapeutico, quindi di una situazione in cui già c’è una valutazione medica oggettiva circa l’inutilità della prosecuzione di una terapia, ma siamo davanti a veri propri atti di volontà eutanasici, che interrompono una vita umana che proseguirebbe naturalmente il suo corso”.
Il mondo degli adulti ha indossato la maschera nietzscheiana autoinvestendosi del potere di vita e di morte (jus vitae ac necis, dicevano i Romani). La vicenda è piuttosto oscura, non se ne conoscono i contorni se non che un diciassettenne è stato buttato tra le braccia dolci della morte stanti le sue – dicono – sofferenze insopportabili. Non voglio dilungarmi sul caso – anche perché appunto non ne conosco le peculiarità -: sta di fatto che così facendo, passo dopo passo si apre la strada a un dominio incontrastato e folle della (pretesa) libertà umana su soggetti deboli e inermi che, in quanto tali, non sono capaci di autodeterminarsi vuoi per la minore età vuoi perché figli di un dio minore (ovviamente secondo l’espressione che i benpensanti hanno coniato con riferimento a loro). Ripeto, la vicenda è soltanto il segnacolo della maschera che gli adulti indossano come comodo (e vile) alibi per poter pontificare sulla vita altrui (libido cupiendi et dominandi, ahinoi!), soprattutto sulla vita di chi non è omogeneo al diktat di una società che vuole l’efficientismo pietra di paragone/ago della bilancia per decidere se un soggetto può “restare” in vita o andarsene tranquillamente perché non serve. La dis-cultura travestita delle “sorti magnifiche e progressive” (astenendosi da riferimenti e valutazioni d’indole escatologica) può portare a una deriva devastante: se vali qualcosa, se produci puoi starci in questo mondo, altrimenti è meglio che te ne vada, doucement… Perché non servi. Perché sei di peso. Perché sei una pietra d’inciampo. E, se non parli, taci lo stesso.
Ps. Indubbiamente la vicenda richiederebbe un vaglio molto più approfondito.
Tuttavia – chiudo il cerchio con una iperbole – la deriva eugenetica è sempre in agguato: per cui, se la programmazione è fallita e attraverso l’ecografia o qualche altra diavoleria investigativa – c’è stato uno sbaglio nel “creare” un “individuo” con occhi castani invece che azzurri – l’embrione può – anzi deve – essere soppresso. Ma forse la soluzione migliore è il silenzio. •
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