Connessione è Comunione

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Compie dieci anni La Voce delle Marche, dieci anni dalla nuova veste grafica, nuova direzione e dall’ingresso del nuovo gruppo redazionale. Una testata datata 1892 con alle spalle 125 anni di storia, di storie raccontate, di riflessioni, di finestre aperte sul territorio e sulla società in continua trasformazione. Un gruppo coeso, eterogeneo, espressione di diverse realtà diocesane e associative del Fermano, sotto la guida di un direttore pronto a cogliere le sfumature del contemporaneo come don Nicola del Gobbo, ha costantemente supportato questa avventura editoriale nel corso del tempo con costanza e passione adeguandosi, passo dopo passo, alla velocità di cambiamento del mondo dei mass media che ha raggiunto picchi incredibilmente elevati, fino ad oggi impensabili. Basti pensare che agli albori il sistema radiotelevisivo della tv impiegò ben 15 anni per introdurre in Italia la versione a colori e allora la novità fu accolta come fosse una evento epocale. Oggi, basta un’applicazione sul proprio telefonino perché, nel giro di poche settimane, venga stravolto il nostro modo di comunicare e, nel contempo, di essere informati. In questo contesto i media cattolici, tutti in Italia, si stanno adeguando nell’utilizzo della lingua del nostro tempo per essere compresi da nuove ed anche vecchie generazioni. Non è più soltanto una operazione da teenager ma una trasformazione che  sta assumendo una dimensione sempre più trasversale. Di pari passo anche La Voce delle Marche è passata dalla sua versione cartacea, questa volta uscita occasionalmente in edizione speciale, alla versione online. Cambiano gli stili, le modalità di accesso all’informazione e di produzione dei contenuti, le figure professionali sempre più multitasking ma rimane intatto l’attaccamento a quei valori propri dell’informazione cristiana. La Rete da luogo di “connessione” è chiamata a diventare luogo di “comunione” forse capace di valorizzare tutta una tradizione spirituale basata sulla meditazione di brevi mes­saggi, poche parole dal significato denso e profondo. Una tradizione che oggi, in maniera inaspettata, viene riportata in luce dalle piat­taforme digitali. Nel contempo viene lasciato spazio all’ampia riflessione ed in questo la testata si distingue puntando i riflettori su tematiche territoriali o nazionali di stringente attualità attraverso la lente d’ingrandimento della fede e cercando di essere sempre più lontana di miopie e pregiudizi. Oggi più che mai la Chiesa non è luogo di esclusiva ‘trasmissione’ del Vangelo. Essa è luogo di testimonianza vissuta del messaggio che si annuncia: non si tratta di trasmettere nozioni astratte, ma di offrire un’esperienza da condividere. Un lavoro spesso difficile da portare avanti  in un momento in cui l’overload information, questa sorta di  bombardamento di informazioni che arriva da più parti in cui sembra che potenzialmente tutte le fonti abbiano pari dignità e valgano allo stesso modo, mette in discussione la comunicazione tradizionale sempre più in difficoltà. Da qui l’importanza di una informazione che non sia ostaggio delle “cattive notizie”, frutto di una pervasiva negatività che sembra aver catturato il cuore e la ragione dell’umanità. In gergo giornalistico spesso si sente citare la frase ‘If it bleeds it leads’ (se c’è sangue fa notizia), nulla fa più notizia del dramma. L’accessibilità alle informazioni sulle atrocità commesse in ogni parte del mondo, gli articoli, i video i post, i tweet, ci sanno l’impressione di vivere in una epoca eccezionalmente violenta. In realtà, come spiega lo stesso psicologo Steven Pinker il mondo non è stato in pace come negli ultimi anni.  Da qui la sfida dell’informazione, anche di quella diocesana, affinché senza presunzione, possa oltre che raggiungere più persone, là dove vivono, nei loro pensieri e convincimenti, nelle pieghe quotidiane dell’esistenza ma anche rafforzare la capacità di portare alla luce le ‘buone notizie’, quelle contagiose, capaci di infondere ottimismo, audacia, coesione sociale e fiducia nel futuro. ‘Essere fari che illuminano il buono che c’è in questo mondo, in ogni storia e in ogni persona. Per aprire, nel buio, sentieri di fiducia e di speranza’. È il messaggio che papa Francesco, per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, rivolge ai giornalisti, a chi si occupa di comunicazione professionalmente, ma anche a tutti noi quando, ogni giorno, comunichiamo con conoscenti e amici. La mente umana, osserva Papa Francesco, è come una macina da mulino che gira e gira, e non può essere fermata. Quello che cambia, e che noi possiamo cambiare, è il contenuto che viene macinato. Grano o zizzania? Quando condividiamo un post sui social, pensiamoci! •

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