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Baby gang come nelle favelas

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Educazione criminale: gli idoli dei bambini cantano la violenza

Siamo portati a pensare alle baby gang come ad espressioni delle sottoculture periferiche delle grandi aree urbane, dove il mix di povertà economica, ignoranza normativa, mala-educazione relazionale, disintegrazione familiare e mancata integrazione culturale generano un disagio di fondo che sfoga poi in comportamenti asociali collettivi, che si esprimono in vandalismi, aggressioni, furti, minacce e violenze. L’immaginario collettivo, formatosi in maniera distorta sulle fiction alla Gomorra e Suburra, dovrebbe iniziare a fare i conti con il fenomeno delle baby gang che non risponde più né alla narrativa dei prodotti cine-televisivi, né ai parametri sociologici che abbiamo studiato nelle università pre-digitali: le moderne baby gang, infatti, sono sempre più formate da bambini e giovanissimi con genitori economicamente benestanti, con buone opportunità di studiare, con in mano lo smartphone di ultima generazione ed addosso vestiti firmati, con scuole e magari anche oratori al cui interno si è pronti (e talvolta proni) ad entusiasmarsi per ogni sopracciglio alzato su occhi annoiati e stanchi di tutto quel che non sia l’eccitazione dell’istinto.
Chi non crede a questa evoluzione, può in autonomia scorrere le cronache locali, dove vengono di norma relegate le azioni che meriterebbero ben altra attenzione. Nella sola ultima settimana, tra l’altro, è successo questo: a Ferrara una baby gang di tredicenni viene denunciata da una persona che si definisce “genitore zero”, dopo che ha agito indisturbata per mesi con furti e vessazioni fisiche, psicologiche e minacce di morte a danno dei coetanei, la qual cosa ha costretto i genitori a scortare i loro figli alla scuola dell’obbligo, come racconta Il Resto del Carlino.
A Cortona una baby gang di giovanissimi ha devastato la scuola di Camucia: tre di loro hanno tra gli 11 e i 12 anni, come racconta La Nazione. A Mairano di Casaletto Lodigiano, in provincia di Lodi, un’insegnante di 51 anni, mamma di due ragazzi, muore davanti a casa per un malore dopo l’ennesima discussione con una baby gang che da mesi sta vessando il territorio, con atti di disturbo della quiete, vandalismo alle strutture pubbliche, danneggiamenti di beni privati, come racconta Il Cittadino.
Il fenomeno, mi rendo conto, è complesso e non ha un’unica causa né una sola conseguenza; tuttavia, se le baby gang sono sempre più formate da bambini e giovanissimi che hanno a disposizione tutte le opportunità per non diventare dei violenti contro le persone e le cose, significa che sono entrati in relazione con soggetti che la violenza la predicano, la vivono e la narrano come normale; significa che, al pari dei loro coetanei delle bidonville e delle favelas, tutti i bambini sono oggi potenzialmente in relazione con una cultura violenta da gang, anche se vanno in oratorio e se i loro genitori sono stimati professionisti o, persino, catechisti. Se, come dicevo, non c’è un’unica causa, c’è però una con-causa prima e scatenante, che passa molto, troppo precocemente attraverso quel canale preferenziale che si chiama musica e che, grazie alla bellezza, apre le porte del cuore e abbatte le resistenze degli educatori; avviene così che consentiamo a sedicenti artisti di diventare gli idoli indiscussi di bambini e ragazzini, lasciandoli soli in loro compagnia 24 ore al giorno attraverso gli smartphone, senza uno straccio di presenza critica, mentre sibilano nelle loro orecchie e presentano ai loro occhi la normalità della violenza fisica, verbale o sessuale. Avrei voluto non farlo, ma è giunto il tempo di citare solo alcune delle innumerevoli frasi degli idoli di bambini e ragazzini; chi legge, può giudicare autonomamente se, in trasparenza, non si veda una relazione diretta tra quanto viene narrato e quanto viene compiuto dai piccoli fan, di cui ci si accorge quando diventano gang.
Dark Polo Gang: “Sai che siamo come la mafia”; “laviamo soldi sporchi poi diventano liquidi; fot*ti sette str***i poi diventano lividi; abbiamo crack cocaina in primavera e in inverno” [se ti intrometti nel nostro traffico di droga sono botte]; “mi trovi in giro solo solo con la squad [la gang] (…) entriamo a volto coperto e prendiamo tutto quanto [facciamo una rapina]; “e digli a tuo padre di non rompermi il c***o. Giuro che ‘sta volta lo prendo e lo ammazzo”.
Gemitaiz: “In uno stupro, puoi soltanto guardare e mangiare un Duplo”.
Mudimbi: “Mettiti giù a quattro zampe come fa Scooby Doo [cane dei cartoni animati]”; “Scommetti sto giro ti faccio morire legata e annegata come Harry Houdini?”.
Noyz Narcos e Gemello: “Truceklan, clan dei ragazzi coi problemi; ti porto ai margini, ai limiti che neanche immagini; stasera io mi guardo quando passo sui vetri nei negozi; vorrei la gente che c’è intorno fatta a pezzi”; “paga le tue colpe, spara a tua moglie”; “entro in discoteca con il mitra e ammazzo tutti”.
In conclusione: i messaggi negativi per la crescita dei bambini, si dirà, ci sono sempre stati, ma che gli educatori – genitori, insegnanti, catechisti e anche sacerdoti – non li riconoscano più perché sono messaggi di successo, è un fatto recente che merita la massima attenzione e la dovuta correzione. •

Marco Brusati

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