“Il piccolo è morto all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, dove era ricoverato dal dicembre 2016. Il 23 aprile i medici hanno ottenuto l’autorizzazione della giustizia britannica a staccare la spina, ma Alfie ha continuato a respirare per quattro giorni, anche senza l’ausilio del ventilatore meccanico. Invano i genitori avevano chiesto di continuare a lottare e inutili sono state anche le richieste affinché fosse consentito ad Alfie di trascorrere a casa le ultime ore di vita.
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Ci sono riusciti a farti fuori, finalmente!… anche se respiravi ancora, i macchinari non dovevano essere sprecati per una vita giudicata inutile, al crepuscolo. Piccolo Alfie, non ti hanno voluto far espatriare per cure che potevano, chissà, risolvere qualcosa: maxime, quel confine sacro terribile tra vita e morte (fascinans ac tremendum, dicevano i latini), spezzando con la loro illusione d’eternità e con una mania di onnipotenza da far pietà (nella accezione deteriore del termine) l’esile filo.
Come nella mitologia greca faceva Athropos, l’ultima delle tre Parche. Così arrogandosi un diritto demiurgico, e così escomiando Dio dai cieli inferi della loro vita (viltà). Di là da ogni confessionalità e da ogni disputa in tema di accanimento terapeutico, Alfie è morto perché sono stati attuati protocolli insani insensati, proni al diktat dell’efficientismo: la cultura dello scarto ha prevalso. Non servivi né saresti servito a nulla, nemmeno La Rupe tarpea era sufficientemente alta da potertici gettare. Dovevi morire, così impone la cultura del denaro e del consumismo onanistico. Ma la tua morte ha messo in risalto che i veri morti sono loro, chi ha in mano le redini del “destino”, vigliacchi pusillanimi insulsi pieni di vuoto che non sanno che un respiro è molto più delle ricchezze immense da cui, luridi esseri acefali, in nome di una legge che non esiste sono posseduti. •
Giuseppe Fedeli
alias Jeff Qohelet