Home » prima pagina » Il silenzio in San Giuseppe uno spazio dell’anima

Il silenzio in San Giuseppe uno spazio dell’anima

Stampa l articolo

Riflessioni di Madre Cecilia Borrelli sulla figura del “padre dell’accoglienza”.

È un aspetto che mi colpisce particolarmente, ma occorre fare subito una premessa e chiarirne il senso.
È stato davvero sempre in silenzio, quasi un muto, non amante della vita, incapace di relazionare?
Le pagine del Vangelo ce lo mostrano silenzioso: di lui non c’è neanche un sussurro!
San Bernardo scriveva che «la lode di San Giuseppe è nel Vangelo», per evidenziare come il Sacro Testo non riporta le sue parole, ma la sua importanza.
Il suo silenzio infatti è invece un’esplosione di valore.
Illuminante a riguardo ciò che dice il Card. Ravasi: “Gesù preferisce gli ultimi, come diceva un poeta francese, Paul Valéry, preferire sempre la parola “moindre”, quella minore, quella più delicata rispetto a quella urlata, brutale, aggressiva, come ormai siamo abituati a vedere sia a livello politico sia, soprattutto, nell’interno dei viali informatici, dove domina non soltanto l’aggressività ma anche la volgarità”
In una società come la nostra, dove la parola conta tantissimo, anzi, più si parla più si urla, e più ci si vede in qualche modo ascoltati, San Giuseppe che cosa può dire?
Il suo, invece, è un silenzio di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di continuo “fiat”, un silenzio grazie al quale Giuseppe custodisce la Parola di Dio insieme a Maria, confrontandola continuamente con gli avvenimenti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera costante, di adorazione della sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua provvidenza.
Il silenzio, allora, è uno spazio dell’anima.
Papa Francesco ci mostra san Giuseppe come «padre nell’accoglienza» e, tra l’altro, ci scrive così: «Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni. La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie».
Mi viene subito un accostamento con san Benedetto.
Silenzio, ascolto della Parola, obbedienza: il trinomio su cui San Benedetto fonda la vita monastica.
L’incipit della sua Regola è appunto: “ascolta, figlio”.
È dall’ascolto che si passa all’adesione di fede, a quel “si” rinnovato ogni giorno nel silenzio di tante voci che vorrebbero spegnere, soffocare l’ Unica Voce che va ascoltata, quella di Dio!
Giuseppe è “custode perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, e sa prendere le decisioni più sagge”( Papa Francesco, 19 marzo 2013).
Un Monastero, aperto all’accoglienza, è davvero un grembo che custodisce la Parola e ad essa rimanda chiunque è accolto nelle sue mura.
Una missione specifica, ma è la strada di ogni cristiano che voglia fare sul serio, che voglia dare alla sua vita una vera svolta.
Il Papa, infatti, ci incoraggia ed esorta a farci compagni di vita degli altri con valigie cariche di speranza e di gioia e suggerendoci l’atteggiamento del «coraggio creativo»:
“Esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere».
Un bell’invito che porta davvero alla fraternità, alla solidarietà, alla pace.
Un proverbio arabo ci dice che: “Il frutto della pace è appeso all’albero del silenzio”.
Le opere di San Giuseppe sono, dunque, il suo “silente” linguaggio.
“San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza” (Papa Francesco)
Il “peso” di una persona non è nella loquacità- a volte autoreferenziale-, ma nella operosità oblativa che non ha bisogno di “didascalie”. •

Madre Cecilia Borrelli, Abbadessa Monastero Benedettine di Fermo

About la redazione

Vedi anche

Colmo di luce

Mc 9, 2-10 “È bello per noi stare qui”. Sostare sul monte è respirare bellezza …

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: