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“Ho perdonato quel papà che non c’è mai stato”

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I ricordi, l’amarezza e la speranza di Pietro che non ha mai conosciuto suo padre e racconta la sua storia.

Ognuno di noi, sente naturalmente quel desiderio e quel bisogno di una figura paterna che gli sia di riferimento. Quei bambini lontani dal padre o non riconosciuti, possono vivere la loro situazione con sensi di colpa più o meno inconsci che potrebbero condurli persino a ritenersi responsabili dell’abbandono che vivono.
Il loro ragionamento è del tipo: “Se il mio papà non mi ha voluto, significa che io sono cattivo, che non sono bravo come gli altri che invece un papà ce lo hanno”. La situazione non è sempre identica per tutti, ma è bene rassicurare costantemente il bambino sul fatto che comunque un padre ci sia, anche se volutamente distante e che la mamma ama il proprio figlio anche per quel papà assente.
Il rapporto fra i genitori tuttavia andrebbe sempre spiegato ai figli, nel momento in cui siano in grado di capire la situazione, usando magari delle metafore che facciano parte del loro linguaggio e della loro realtà.
Spesso accade che la figura paterna sia sostituita da quella del nonno e ciò rientra nella sfera di quel “pensiero magico” che caratterizza la fase evolutiva di ogni figlio. È necessario considerare inoltre come quel bambino privo del padre abbia un estremo bisogno di sentirsi simile ai propri coetanei. In realtà, che accade? La teoria corrisponde sempre alla “pratica”? Il racconto che riporto è quello di un uomo che pur avendo oggi una propria famiglia, conserva nel cuore, nella sua anima, nella sua mente, la nostalgia e la ricerca del proprio padre biologico.

Sono figlio di una ragazza madre che, come a volte accade, con l’inganno magari di una promessa di matrimonio, ha dato tutta sé stessa all’uomo che amava e poi è stata lasciata durante il fidanzamento.
Non sono in grado di dire quanto durò questo loro percorso d’amore. Un giorno, mia madre disse a colui che doveva diventare mio padre che qualcosa in lei era cambiato ed era in attesa di suo figlio. Da quel momento questo giovane divenne “uccel di bosco” e non si fece più vedere. La povera mamma si ritrovò sola a gestire la maternità e non le fu per niente semplice.
A questa delusione e abbandono bisogna che aggiunga il disprezzo della famiglia in cui viveva, gli insulti di nonno che vedeva nella figlia una poco di buono, il disonore della casa. Questi improperi nei confronti di mamma, avvenivano ogni giorno. Nonno, come molti uomini del suo tempo, si rifugiava talvolta nel vino ed è facile immaginare le sofferenze che infliggeva a chi gli fosse vicino in quel momento, fino a quando mia madre, offesa ed umiliata, saltava i pasti per trovare rifugio in camera e piangere. La gestazione non fu né facile né serena tanto da richiedere il ricovero ospedaliero per alcuni giorni. Sono nato il 31 agosto del 1965 all’Ospedale di Porto San Giorgio.
Al Battesimo mi posero il nome di Pietro, lo stesso nome del nonno e questo servì a far cessare almeno in parte i rimproveri verso mia madre. In quel tempo vivevamo in campagna, avevamo un piccolo podere che non era sufficiente al sostentamento della famiglia. Abitava con noi anche una zia nubile. Lei e la mamma, andavano a “giornata” per guadagnarsi da vivere ed io rimanevo in casa con il nonno. Ho giocato sempre da solo con quel poco che raccattavo attorno casa e in un mondo che mi inventavo.
Nonno non partecipava né si interessava a quello che facevo, perché anche se un po’ rabbonito, mi ha sempre visto e considerato come “il figlio della colpa”. La mamma, dal canto suo, mi ha taciuto il nome di colui che l’aveva resa madre, portando con sé nella tomba questo segreto, temendo chissà quale reazione da parte mia. Personalmente non mi sono mai permesso di farle alcuna domanda sull’argomento” padre”. Avevo il timore di riaprire una dolorosa ferita forse rimarginata.
Gli anni di Scuola li ho trascorsi bene, in serenità. I miei compagni pur sapendo che non avevo un padre presente nella mia vita, non mi hanno fatto pesare il mio stato.
Quando ho ricevuto, come tutti, i sacramenti della Cresima e della Prima Comunione, mi sono sentito un po’ amareggiato. Osservavo gli altri bambini della mia stessa età, attorniati dai parenti, dalle loro mamme e dai loro papà. Io ero da solo con mia madre anche se i miei buoni padrini, cercavano di darmi forza e consolazione. Ma al cuor non si comanda. Terminata la scuola dell’obbligo ho pensato bene di imparare un buon mestiere che mi qualificasse e che mi rendesse economicamente autonomo. Scelsi un’officina per la lavorazione a mano del ferro battuto ed infissi in alluminio, gestita da valenti artigiani, famosi nel territorio e non solo. Mi trovai subito bene e ad oggi sono ancora con loro dopo quarant’anni di attività.
Nel frattempo mi sono sposato felicemente con Elena. Era il 16 aprile del 1994 e il 12 febbraio del 1996 la nostra famiglia è stata allietata dall’arrivo di due splendidi maschietti: Luca e Matteo. Diventare padre mi ha fatto provare una gioia indescrivibile che mi ha ripagato di tante sofferenze ed ancora oggi non riesco a comprendere come mio padre abbia potuto rinunciare alla felicità e alla grazia di un figlio nella propria vita.
Mamma mi lasciò nel dicembre del 1992 all’età di 65 anni mentre la carissima zia, molto più giovane di lei, è nata al Cielo nel 2014 all’età di 76 anni. Spesso i miei figli, conoscendo la mia storia, hanno chiesto alla zia se sapesse chi fosse mio padre, fino a quando un giorno, spontaneamente, lei stessa decise di rivelar quel segreto taciuto per tanti anni.
Finalmente seppero nome cognome del loro nonno. Passarono pochi giorni e zia Maria se ne andò all’improvviso. Come poteva la zia sapere? Aveva forse ricevuto in segreto le confidenze di mamma? Quel nome lo avrebbe ricevuto per vie traverse e da chi? I miei figli in seguito, mi riferirono ogni cosa e da quel momento non ebbi più pace.
Quel padre tante volte immaginato e desiderato, avrei voluto incontrarlo, parlarci, capire il perché della sua scelta per me incomprensibile. Non è stato semplice. In un primo momento ho cercato notizie da alcune persone che avrebbero potuto anticiparmi risposte e così attraverso di esse sono giunto alla verità. Una foto di mio padre mi è stata di conferma. Guardandola, con profonda emozione, ho rivisto i miei lineamenti nei suoi. Non avevo più dubbi.
Ho riflettuto a lungo fino alla decisione definitiva e combattuta di volerlo conoscere. La risposta che ho ricevuto da lui, è stata incerta ed evasiva.
Ha mandato a parlare con me, al proprio posto, un nipote, a lui molto legato. Alla mia richiesta di un possibile incontro, la replica è stata del tutto negativa. Il tono di mio cugino era di fastidio, lo sguardo gelido, il sorriso beffardo. Eppure stavo di fronte ad un mio parente, uno della stessa famiglia a cui comunque appartengo. Avrà forse pensato che fossi lì per avanzare eventuali pretese? Non era questo l’intento, grazie a Dio non ho bisogno alcuno, mi sarebbe bastata soltanto una risposta che confermasse la mia certezza.
Guardo oggi con orgoglio alla mia famiglia con due figli diplomati con ottimi risultati e che hanno trovato lavoro. Anche mia moglie è occupata, impegnata nel settore calzaturiero. Sono grato al Signore per tutto il bene che ci dona ogni giorno ed oggi posso affermare senza ombra di dubbio di avere una famiglia serena in cui ci si vuole bene. Quel padre che mi ha negato il riconoscimento non è più fra noi da gennaio 2019. Lo affido alla Misericordia di Dio come certamente avrà fatto a suo tempo la mia amata mamma. Ho perdonato quel papà che non mi ha consentito di conoscerlo, che mi è mancato e per il quale ho tanto sofferto.
Cara mamma, tu che sei in un luogo di verità, dove l’alba non conosce tramonto, prega per tutti noi che ti ricordiamo sempre con rimpianto.
Continuiamo a volerti un mondo di bene, in modo speciale i tuoi nipoti che saranno coloro che ti ricorderanno più a lungo insieme alle famiglie che un domani si formeranno. Come vedi, i tuoi sacrifici, le tue pene, le grandi sofferenze che hai saputo affrontare non sono state vane.
Un pensiero affettuoso e riconoscente va anche a zia Maria che rivelando ai nipoti, quel nome fino allora segreto, mi ha permesso il raggiungimento della verità tanto cercata. Chiedo perdono a mia madre se ho dovuto e potuto ricordare questo suo triste passato ma sapere oggi di chi sia figlio, mi fa stare meglio e in pace con me stesso. Ora so di avere dei parenti stretti anche se per loro sono e rimarrò come uno sconosciuto.
Mi consola il pensiero che un giorno ci ritroveremo tutti nella casa del Padre e nel nome del Padre ci sentiremo tutti amati, abbracciati e consolati all’infinito.
Concludo il racconto di una parte della mia vita con due riflessioni: finché si vive, non ci abbandonano mai lo sguardo di Dio che tutto vede e conosce e il cuore della mamma che sempre ci segue con amore. La sento accanto a me in ogni istante mia madre e continuerò ad amarla fino all’ultimo respiro.

Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno. (Fëdor Dostoevskij). •

S.P.

About Stefania Pasquali

Stefania Pasquali nativa di Montefiore dell'Aso, trascorre quasi trent'anni nel Trentino Alto Adige. Ritorna però alla sua terra d'origine fonte e ispirazione di poesia e testi letterari. Inizia a scrivere da giovanissima e molte le pubblicazioni che hanno ottenuto consenso di pubblico e di critica. Docente in pensione, dedica il proprio tempo alla vocazione che da sempre coltiva: la scrittura di testi teatrali, ricerche storiche, poesie.

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