“Educhiamo i nostri figli con l’esempio”

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Le considerazioni di un papà dei nostri tempi alle prese con le prove della vita in famiglia.

Parola ad un papà dei nostri tempi. Dal racconto emerge uno spaccato di vita dalla testimonianza di un uomo diviso tra quotidianità, responsabilità, pazienza e cura.

Lei si definirebbe un padre consapevole?
Ritengo che dovrei essere una figura molto importante per i miei figli, lo dice anche l’esperienza che io stesso ho avuto da figlio. Se sono un padre consapevole dovrebbe essere detto dai miei figli e da mia moglie.

Come padre come si definirebbe?
Un padre che ama la propria famiglia ma che è anche autorevole quando necessario.

Potrebbe spiegarsi meglio?
A differenza dei tempi di mio padre, la società in cui viviamo oggi, non riconosce più all’uomo padre il ruolo di capo famiglia e la mancanza di questa figura ben definita, a mio parere, produce effetti di instabilità nei figli.
Moglie e marito riscoprendo il senso vero e profondo della genitorialità anche attraverso la Parola, se credenti, potrebbero reimpostare il loro rapporto con i propri figli sotto una luce diversa senza lasciarsi influenzare da ciò che si sente e si pratica. La Parola suggerisce un’istruzione molto importante a noi padri. È una pedagogia divina molto utile ed efficace.

Quindi un padre dovrebbe immaginarsi con i propri figli come una specie di tutore o allenatore, a secondo dell’immagine con cui riesce a identificarsi meglio?
Esattamente. Parliamo della “disciplina”, parola che mi sembra stia passando di “moda”. La disciplina comprende anche azioni o sanzioni disciplinari. Nella nostra società invece, la “disciplina” viene intesa come punizione fisica. Tornando alla Parola di Dio, per un credente praticante, essa fornisce indicazioni significative del tipo: chi ama il proprio figlio, lo corregge per tempo. Sottolinea in tal modo l’importanza di una disciplina anche “fisica”, quando necessario, e in forma moderata.

Si riferisce alle punizioni corporali di un tempo?
Non esattamente. La correzione non deve mai essere frutto dell’ira dei genitori, ma va sempre finalizzata al bene del figlio. Non deve diventare una valvola di sfogo ma un’azione equilibrata per correggere e che aiuti a crescere i figli con la consapevolezza delle proprie azioni. Qui ritorna il principio della lentezza all’ira.

Noto che sta utilizzando la parola genitore al plurale. Perché?
Educare i propri figli è compito di entrambi i genitori, soprattutto con l’esempio.

Vorrei capire meglio il concetto di correzione.
Non voglio sostenere in alcun modo i sistemi di punizione del passato, non bisogna tuttavia tralasciare il fatto che, talvolta, un buffetto sulla mano o sul sedere di un figlio può essere molto più utile di una punizione “privativa” che lo lasci senza la televisione, i videogiochi o la possibilità di uscire.
Un esempio?
Lo schiaffo sulla mano per lo più è un gesto simbolico, significa per chi lo riceve che si è raggiunto il limite. A mio parere se l’intervento educativo è soltanto verbale, c’è il rischio di trovarsi ad alzare la voce, senza ottenere alcun valore formativo. Ne segue un senso di frustrazione sia per il figlio che per il genitore.

Schiaffo sulla mano o pacca sul sedere fino a che età sarebbe bene considerarli?
Mio padre lo ha applicato con me specialmente nei primi anni di vita. Personalmente non mi è capitato nei confronti dei miei figli. In seguito una volta raggiunta la pre-adolescenza e l’adolescenza, le punizioni “privative” hanno assunto un significato maggiore, perché implicavano una precisa responsabilizzazione. Col senno del poi, questa scelta educativa ricevuta da mio padre, la condivido completamente.

Formazione e istruzione, a suo parere, che valore hanno nel rapporto genitoriale?
Ritornando alla Parola, il vocabolo “istruzione” è un termine che significa porre qualcosa nella mente di qualcun altro, cioè impartire informazione ma non solo, richiede pure di assicurare che quest’informazione sia stata intesa e compresa. Per questo ci vogliono tempo e pazienza. I nostri figli sviluppano in un arco di tempo di almeno diciotto anni. Ciò vuol dire che entrambi i genitori hanno almeno diciotto anni per completare il compito di istruire figli e di formarli per la vita. Consapevole del mio ruolo, mi sono fornito di materiale utile: libri, DVD, eccetera, che trovo utili. Da padre non potrò dire che non ho tempo per i miei figli quando loro hanno bisogno di me e non li considererò mai di secondaria importanza.

E nel caso dovessero arrivare i problemi?
Per evitare i possibili e inevitabili problemi nel crescere dei figli, è importante che i genitori siano uniti. Questo significa che marito e moglie riconoscano il rapporto coniugale come primario. Il più grande dono che i genitori possono dare ai propri figli è di manifestare il loro affetto e rispetto reciproco. Lo affermo per esperienza personale. Naturalmente senza ipocrisia, dannosa nella formazione dei bambini. Un rapporto amorevole fra i genitori dà un senso di sicurezza ai figli. Essere uniti è anche la migliore protezione verso il tentativo di tirare uno dei genitori dalla propria parte e contro il parere dell’altro. In questi casi, un padre saggio chiederà al figlio che cosa ha detto la madre e si atterrà a quanto detto da lei e viceversa.

Sembra facile ma se ci fossero delle divergenze?
In questo caso, se dovesse verificarsi una divergenza di opinione fra i genitori sull’argomento, bisognerebbe rimanere uniti di fronte ai figli risolvendo la propria differenza di opinione in modo che non possano ascoltare il confronto.

Si dice che la famiglia che prega unita, resti unita. In tempi di grande fragilità per la famiglia, con le separazioni e i divorzi in aumento, le chiedo da padre un parere in merito.
La mia famiglia, così come l’ho vissuta con i miei genitori e con i miei nonni, non per tradizione ma per convinzione, si incontrava nella preghiera con la recita quotidiana e serale del Rosario. Non significa che le difficoltà non ci fossero, che i problemi fossero distanti ma che i momenti di difficoltà necessitavano attenzione maggiore, pazienza e fiducia. La preghiera ha sempre funzionato. Ha insegnato a guardare la vita con uno sguardo di speranza e di gratitudine. Questo modo di vivere la famiglia nella preghiera bisognerebbe che ritornasse.

Secondo lei i figli si amano allo stesso modo? Cioè c’è differenza fra ”lo stile” dell’amore materno e quello paterno nei confronti dei figli?
Da padre affermo senza ombra di dubbio che i figli maschi necessitano di essere amati con un amore maschile. Secondo me, là dove il padre non conta in famiglia o è passivo, il figlio trova molta più difficoltà nello stabilire rapporti fiduciosi. Le cause potrebbero essere: semplice pigrizia, una moglie piuttosto dominante nella famiglia o puro disinteresse. I figli, in particolare i maschi, hanno bisogno di un padre che sia un vero punto di riferimento nella loro vita. Se così non fosse, un figlio maschio potrebbe legarsi emotivamente alla madre in modo morboso. Ecco perché si parla sempre più spesso di figli maschi “mammoni”.

Quanto sono importanti gli amici dei figli e come gestire le amicizie?
È fondamentale interessarsi alle amicizie e alle frequentazioni dei propri figli. Conoscere gli amici, accoglierli in famiglia con un atteggiamento di apertura è sempre consigliabile. Questo esercita un’influenza positiva e i figli cercheranno maggiormente l’approvazione dei genitori per la scelta dei propri amici. In caso contrario, non aprire la casa o avere un atteggiamento sospettoso oltre a creare il rischio che si facciano le cose alle spalle, si taglia la comunicazione dei figli con i genitori. Ci vogliono rispetto e molta discrezione anche nel dare i consigli ritenuti magari necessari.

Come richiamare nei figli il senso della responsabilità?
Uno dei problemi che noi genitori affrontiamo quotidianamente è legato al fatto che la società non richiede agli adolescenti di accettare molte responsabilità. Penso al fatto che nella adolescenza e nella pubertà, si abbia parecchio tempo libero da dover gestire, per non parlare dell’estate o dei fine settimana. La società suggerisce divertimenti non sempre adatti e di buona scelta. Da qui la domanda: “Come posso aiutare i miei figli a sviluppare un senso di responsabilità e discernimento nei veri valori della vita mentre sono ancora sotto la nostra tutela?” Prendiamo ad esempio l’argomento del denaro. Pensiamo alla “paghetta settimanale” cioè quel minimo di soldi da spendere come si desidera. L’ideale è che i figli imparino a guadagnarsi quel tanto che occorre investendo il tempo libero in piccoli lavoretti. L’esperienza di lavorare aiuta a sviluppare un senso di responsabilità e ad apprezzare di più le cose.

Secondo lei, i genitori non sbagliano mai? Sono davvero sempre così perfetti come vogliono far credere?
Un genitore, per essere credibile, deve essere leale. Questo significa che, quando un genitore sbaglia o dimentica di mantenere una promessa fatta, deve avere il coraggio e l’umiltà di ammetterlo e di chiedere scusa alla parte offesa, moglie o figli che siano. Vale sacrificare il proprio orgoglio per riguadagnare la fiducia dei propri familiari.

Quanto stress si sperimenta crescendo i figli nel mondo di oggi?
Provare una certa ansietà per loro è del tutto normale. Ansietà e senso di responsabilità non ci lasciano prendere sonno finché l’ultimo dei figli non sia rientrato in casa. Lo si capisce da padre, da figlio è più difficile. L’ansietà non patologica, è un segno di sana preoccupazione per il benessere di chi amiamo. Ciò che i figli si aspettano dai genitori, in fondo, non è la perfezione ma la coerenza con ciò che insegnano anche con l’esempio.

Ringrazio questo padre così disponibile ma che chiede di restare nell’anonimato. Lo salutiamo con le parole augurali di Papa Francesco: “Cari papà, auguri nel vostro giorno! Siate per i vostri figli come San Giuseppe: custodi della loro crescita in età, sapienza e grazia…”•

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