Rallegriamoci, Gesù è con noi

Stampa l articolo

Questo è l’impegno cui siamo chiamati in Quaresima: “accogliere la luce nella nostra coscienza, per aprire i nostri cuori all’amore infinito di Dio”.

Rallegrati. È l’imperativo che ci accoglie, è l’antifona di ingresso, nella celebrazione di questa quarta domenica di Quaresima, domenica laetare. Ci viene chiesto di gioire perché siamo prossimi al tempo di Pasqua, e sappiamo che il tempo non è fermo al venerdì della passione, ma è segnato dalla domenica di resurrezione. Rallegriamoci, dunque, di fronte all’amore di Dio che ha inviato il figlio unigenito “perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
Siamo oltre la metà del tempo di Quaresima e dalla liturgia ci viene l’invito alla speranza. Nel libro delle Cronache si narra l’ira del Signore, che punisce il peccato di Israele con la distruzione di Gerusalemme, e con l’esilio; ma anche la grande misericordia, il dono della salvezza a opera di Ciro re di Persia. Nella lettera agli Efesini, san Paolo scrive di “Dio ricco di misericordia”, il quale proprio “per il grande amore con il quale ci ha amato” ci ha salvati, ci ha risuscitati. E Giovanni, nel Vangelo, ricorda che Dio ha mandato il figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Interrompendo per un momento l’austerità del tempo di Quaresima, la liturgia ci invita alla letizia, alla gioia, e alla speranza. E questo vale per tutti, soprattutto per quei popoli che sono vittime di guerre e violenze. Così Francesco ricorda che “dieci anni fa iniziava il sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo”: morti, feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi; distruzioni e violenze di ogni genere e “immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane”. Come già nel suo ultimo viaggio in Iraq, il Papa rinnova l’appello alla pace e l’invito a un nuovo impegno della comunità internazionale affinché siano “deposte le armi, e si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica”.
Rallegrati. Vale per i poveri, le persone sole e abbandonate: la vittoria del bene sul male deve risuonare ovunque, e ridare speranza anche là dove violenza e aggressività rischiano di stravolgere la vita delle persone.
Nel dialogo con Nicodemo, un fariseo, che va a trovarlo di notte, Gesù mette in crisi le aspettative di chi, come Nicodemo, attendeva un Messia, “uomo forte che avrebbe giudicato il mondo con potenza”. Invece, Gesù si presenta sotto l’aspetto “del figlio dell’uomo esaltato sulla croce; del figlio di Dio mandato nel mondo per la salvezza”; e sotto l’aspetto della “luce che distingue chi segue la verità da chi segue la menzogna”.
Nicodemo pensa di poter portare dalla sua parte Gesù, ma lo va a trovare di notte, per non essere visto; crede, ma non ha il coraggio di andare fino in fondo, di accettare ciò che comporta una scelta radicale. È un uomo in ricerca, ma è ancora nell’oscurità, nella notte.
Nicodemo, in fondo, è come tutti noi. Anche a lui, come a tutti noi, Gesù dice “rallegrati”.
Veniamo ai tre aspetti indicati dal Papa. Giovanni vede nella passione e morte, lui testimone sotto la croce, un innalzamento, cioè un modo per far vedere la gloria del Signore, in un momento in cui sembra che sia il male e la morte ad avere la vittoria sul bene e sulla vita. La missione di Gesù, afferma papa Francesco all’Angelus, “è missione di salvezza per tutti”; è il secondo aspetto. Infine, la luce che distingue la verità dalla menzogna. La venuta di Gesù, dice Francesco, provoca una scelta: “chi sceglie le tenebre va incontro a un giudizio di condanna, chi sceglie la luce avrà un giudizio di salvezza. Il giudizio sempre è la conseguenza della scelta libera di ciascuno: chi pratica il male cerca le tenebre, il male sempre si nasconde, si copre. Chi fa la verità, cioè pratica il bene, viene alla luce, illumina le strade della vita. Chi cammina nella luce, chi si avvicina alla luce, non può fare altro che buone opere”. Questo è l’impegno cui siamo chiamati in Quaresima: “accogliere la luce nella nostra coscienza, per aprire i nostri cuori all’amore infinito di Dio, alla sua misericordia piena di tenerezza e di bontà, al suo perdono”. Senza dimenticare, ci dice il Papa, che “Dio perdona sempre se noi con umiltà chiediamo il perdono. Basta soltanto chiedere il perdono, e lui perdona”. Il perdono di Dio “rigenera e dà vita”. •

Fabio Zavattaro

Rispondi