Giovani, quando la fragilità diventa forza

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Nel corso degli ultimi anni, il mondo dei giovani è stato indagato da numerose prospettive e ascoltato in molteplici forme: chi si avvicina all’età giovanile la percepisce, descrive, interpreta in termini di complessità, ma quando approfondisce tale complessità sperimenta che ogni aspetto affiancato all’esperienza giovanile rischia di sollecitare ulteriormente tale complessità, che la pandemia e il conseguente lockdown hanno acuito, facendo emergere forti preoccupazioni intorno alla formazione della persona, che è chiamata a trovare risposte significative a domande fondamentali dell’esistenza: chi sono io? da dove vengo? quale progetto di vita voglio realizzare?
Si tratta di una sfida educativa ad un tempo significativa e impegnativa: aiutare il giovane di fronte alle tante domande che la vita gli pone, soprattutto in un contesto non proprio favorevole per la sua realizzazione personale e professionale, fortemente contraddistinto dagli esiti relazionali e sociali delle tragiche vicende di questi ultimi due anni. La pandemia ha posto e pone tutti, ma soprattutto i giovani, davanti a domande di vita, dalle quali non si scappa e di fronte alle quali anche la rinuncia a rispondere è una scelta.
La comunità ecclesiale – insieme a quella civile – ha il dovere di non guardare in modo pessimistico i giovani, ma di accoglierli proprio nella loro fragilità.
L’accoglienza, innanzitutto, dello stato di incertezza in cui si trova il giovane: non possiamo pensare di aver archiviato la pandemia, di ricominciare come se nulla fosse solo perché ora abbiamo un piano di ripresa e resilienza!
Gli effetti di quanto vissuto in questi due anni incidono profondamente per un giovane nella scelta della scuola o dell’università, nell’inserimento nel mondo del lavoro, nella decisione di dare vita a una nuova famiglia. Si è ben consapevoli dell’ampiezza delle questioni e delle tematiche connesse con le argomentazioni in parola che possono trovare in questa sede solo un accenno in termini prevalentemente di sollecitazioni, lasciando alla lettura degli articoli il compito di avviare riflessioni, approfondimenti, confronti.
Tuttavia, pare opportuno offrire brevemente in queste righe introduttive tre “sollecitazioni”: la necessità che ai giovani siano dati gli strumenti per leggere le fragilità della loro esperienza quotidiana dentro il dipanarsi di un progetto di vita che si è chiamati a realizzare, di cui si intuiscono il senso ed il significato ricercando le risposte alle domande fondamentali dell’esistenza; l’importanza di giungere a una ricomposizione fra esperienza individuale e appartenenza comunitaria, esigenza questa di particolare significato nell’epoca del distanziamento sociale, alla luce del fatto che – riprendendo espressioni note ed efficaci – siamo tutti sulla stessa barca e nessuno si salva da solo; l’urgenza di affrontare seriamente, guardando l’odierna condizione/esperienza giovanile, questioni quali il dialogo reale-virtuale nella formazione dell’identità personale del giovane, il ruolo della rete e dei social nella maturazione da parte del giovane di una propria concezione della vita, della storia, della cultura e della società; la rete come luogo di “incontro” e “scontro”, soprattutto quando prevalere il suo prestarsi a essere spazio privilegiato per gli odiatori di professione, megafono della violenza verbale, motore incessante di diffusione di fake news.
In chiusura, una parola che potrebbe offrire interessanti spunti di confronto, lasciata per stimolare la curiosità di quanti si accingono a iniziare la lettura di questo numero dedicato alla fragilità: “antifragilità”. •

Luca Girotti, Direttore diocesano di pastorale della scuola

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