I rischi della blogsfera

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La cultura europea contrappose la “società civile”, significativamente identificata con la “società di scambio”, alla vita comunitaria che è “possesso e godimento reciproci, nello stesso tempo che possesso e godimento di beni comuni. Alfredo Salsano, Il dono nel mondo dell’utile, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.

I beni materiali vengono affiancati da quelli immateriali che dilatano la costruzione del sè.

Si tratta di beni, come quelli definiti “informazioni”, particolarmente delicati, deperibili, che si rendono accessibili dopo una preliminare costruzione sociale delle capacità umane di abitare la scena del mondo. In linea generale non vi è più una intimità definibile come luogo di edificazione del sé. Vi è uno spazio- persona (una eximità) che vive traiettorie di esistenza ed è centro unificato di di bisogni. Qualora questi beni vengano eliminati o l’accesso ne risulti fortemente condizionato, vi sono delle forti ripercussioni sulla costruzione del sè e sulle dinamiche individuali di chiusura del proprio sistema della personalità. Una nuova dimensione di costruzione del sé sono i Social Network. Il Natale è comunitario, mentre tutto ciò che vi si sviluppa attorno è sociale/societario. L’aggettivo “sociale” ha assunto in questi ultimi decenni la sinonimia di “intervento sociale”, parassitando il suo significato di azione altruistica ed acquisendo dunque una valutazione positiva come recupero del comunitario in un contesto societario. Ma si tratta chiaramente di un doloroso equivoco perché “sociale” deriva da società e basta.

Prima vi era la comunità fondata sulle regole di status; poi vi sarà la società, fondata sulle regole contrattuali. Se sei povero nessuno stabilisce con te un contratto. Se sei povero non muti facilmente il tuo status. Nel passaggio dalla comunità alla società lo puoi facilmente peggiorare, difficilmente accade il contrario. “Sociale” dunque, se deve essere interpretato come sostantivazione di un atteggiamento di cura verso qualcuno, appare deludente come tentativo e vuoto come significato. La società moltiplica scambi, appartenenze traiettorie di vita, esperienze. Ma ad un patto: lo scioglimento dei legami antropologici. Se vi sono legami forti, il ritmo dello scambio sociale decade rapidamente. Non è un caso che l’Europa si metta a correre dopo che i vincoli sacrali si indeboliscono. Un tempo la storia era accorciata da Dio; poi saranno gli uomini ad accorciare il tempo accelerandolo con il progresso. Certo, il gigantesco meccanismo chiamato “secolarizzazione”, continuerà ad avere ancora una copertura teologico-messianica. Ma non per molto. Oggi “sociale”, assume un preciso significato: quello di “contingente”, cioè una sintesi tra possibile e necessario. Sociale dunque è il lutto per un mondo comunitario che è stata la spina dorsale del Cristianesimo e che l’Europa non ha ancora sostituito. Ce ne accorgiamo per l’ennesima volta proprio nel periodo di Natale.

Che cosa vuol dire questa mancata sostituzione? Vuol dire che se non vi sono strutture profonde capaci di motivare Ego a prendersi cura di Alter (Cristianesimo), Tizio ad aspettare Sempronio (Comunità), Mevio a non attendersi chissacchè da Caio (Umanizzazione), la società che emerge al di sopra della comunità, propone immediatamente dei livelli di realtà che evolvono non a favore, ma contro i componenti base dei rapporti sociale, cioè gli individui. La nostra è una Società-mondo che esclude perfettamente i deboli, i soli corpi, i bambini, le giovani madri, i disoccupati, i sofferenti, i puri, gli onesti. Scrive Stefano Rodotà che dopo la conclusione della ominizzazione (processo di convergenza di caratteristiche tipicamente antropologiche capaci di emancipare il genere homo dai vincoli strettissimi di natura), l’uomo ha iniziato la fase della umanizzazione (processo di universalizzazione delle divergenze simbolico-cculturali capace di determinare la sterminata varietà delle culture e delle tradizioni umane). Si è conclusa anche questa seconda fase con l’inedito storico-antropologico della “globalizzazione”, vale dire l’ultimazione di quella “società-mondo” che trasforma la Terra in una sorta di astronave e che (questo è il punto) omogeneizzando ciò che sembrava difficile da stringere in uniformità (le culture), sente il bisogno di mettere mano al Graal della ominizzazione. (Cosa significa “ingegneria genetica” se non il tentativo di apportare modifiche strutturali alla linea germinale prima ed a quella filogenetica-ontogenetica dell’uomo?).

Si cerca una strategia per modificare l’essere umano. Lo si fa in una situazione storica in cui lo spazio ed il tempo appaiono drasticamente ridefiniti: lo spazio con lo sconvolgimento dei vincoli di potere non più esercitati dallo Stato Nazione; il tempo con la chiara adesione a forme di tutele dei diritti e di assunzione di responsabilità rivolte alle “generazioni future”, dunque a soggetti esterni ai vincoli del tempo presente. In questa nuova fase sembrano crollare tutti i dualismi che erano stati alla base della definizione politica dei diritti di cittadinanza e che avevano stabilito in base a criteri di uguaglianza, le regole del gioco democratico: privato/ pubblico; reale/virtuale; individuo/società; laico/ credente; identità/alterità; nazionale/globale. In questo quadro si erano costruite le principali modalità che la cultura europea aveva avuto per leggere se stessa e la propria interpretazione dl mondo. Quasi tutte usate contro il Cristianesimo. Ora le restano le venerabili tradizioni delle sue precedenti interpretazioni dell’uomo e dell’animale; del caos e del cosmo, del corpo e dell’anima, della città e della campagna, del Sacro e del profano, dell’utile e dell’inutile, del bello e del brutto, di Dio e di Cesare.

Se i cittadini hanno con lo stesso Stato Nazione delle forme di relazione che sempre di più richiedono una inserzione nelle regole di funzionamento della Rete e se Internet diviene uno spazio molto più grande del Mondo; se del Mondo abbiamo esplorato tutti i luoghi e di Internet non possiamo conoscere che poche dimensioni; se pur possedendo un corpo noi ne “produciamo” un altro, quello elettronico, fatto di tutte le informazioni che tramite l’uso di protesi digitali noi lasciamo sulla rete in forma di tracce, di segni e di ipotesi più o meno complesse su di noi, allora è chiaramente di fronte a noi un nuovo modo di essere al mondo che ci attende e che ci convoca al centro di questioni ineludibili per definire un orizzonte di umanità possibile. Il corpo elettronico che produco, fatto delle mie infinite tracce lasciate nella rete, diverso da quello che stabilisce la mia identità (quello delle carte di identità), ricco del valore che la modernità crea in abbondanza (comunicazioni ed informazioni), in quale rapporto è con il corpo rappresentato mentalmente da ognuno di noi, curato dalla medicina ed espresso, abitato dalla biografia? Il corpo elettronico diviene un micro-ambiente della socializzazione tradizionale che, facendo da involucro al nuovo sviluppo delle mie competenze informativo-digitali, mi permetterà l’accesso alla nuova cittadinanza globale della rete? Quale sarà la lettura Antropologico- Teologica di questo nuovo corpo?

Da quando il progresso ha sostituito la Salvezza ed il futuro senza Giustizia Eterna è diventata la dimensione temporale di riferimento della cultura tecno scientifica della “Vecchia Europa”, l’uomo è divenuto padrone del tempo e sembra essersi liberato dalla compressione escatologica del futuro. Ma ora siamo davvero soli nell’abitare questo Common World: due corpi pesanti ed una sola anima sottile. •

Rossano Buccioni

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