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La coda dell’occhio

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codaocchio“La coda dell’occhio raccoglie le immagini periferiche del campo visivo, quelle che la conoscenza convenzionale non cataloga e che quindi rimangono nascoste, conservate in maniera più defilata”.

È la spiegazione data da Nicola Bultrini al titolo di un suo ultimo libro di poesie La coda dell’occhio, intervenuto venerdì 24 maggio 2013, nell’ambito di una bella iniziativa promossa dal Liceo “Stella Maris” di Civitanova Marche, unitamente al Comune ed alla locale biblioteca. Il prof. Marco Pazzelli, dirigente scolastico del Liceo “Stella Maris”, ha salutato il pubblico intervenuto numeroso e gli altri ospiti d’eccezione: il prof. Francesco Scarabicchi, poeta e critico letterario ed il prof. Umberto Piersanti, poeta e docente presso l’Università di Urbino. Aldo Caporaletti, promotore dell’evento, ha messo così in bacheca un altro appuntamento culturale dopo quello dedicato a Franco Fortini alcuni anni fa.

La prof.ssa Ilenia Santoni, docente di Italiano e Latino del liceo “Stella Maris” ha coordinato gli interventi. Nicola Bultrini, nato nel 1965 a Civitanova Marche, vive e lavora a Roma. Scrive per i quotidiani “Il Tempo” e “Avvenire”. Ha vinto il Premio Montale 2002, sezione “Inediti”. Tra le sue pubblicazioni: I fatti salienti (Chiari, 2007); La Grande Guerra nel cinema (Chiari, 2008); Pianto di pietra. La Grande Guerra di Giuseppe Ungaretti (Chiari, 2007).

Testi saldi e solidi quelli di Nicola Bultrini. Evocano ricordi, pensieri, emozioni, custoditi nel gran serbatoio della memoria. Protagonista delle sue poesie è il tempo, quel tempo che “slava i colori”.

“ “Ma io non sapevo, non potevo sapere, / che il tempo avrebbe, come ha fatto la differenza. Quando mio padre / s’affannava al superotto, io non capivo / e a volte distratto non credevo, / che il tempo avrebbe slavato i colori…/ Queste ed altre cose io non vedevo, / andando via di schiena, o forse / immaginavo, con la coda dell’occhio”. La sua è poesia autobiografica che scende alle radici delle cose, pone domande ma non dà risposte. “Se non ci fosse stata la vita non avrei scritto niente” (Vittorio Sereni).

Può sembrare una banalità, ma non lo è. Il vero poeta è colui che scava nel vissuto più profondo, quello suo e degli altri e recupera la memoria del passato mettendolo in versi. L’amore, la morte, il tempo sono degli archetipi che accompagnano il vissuto di ognuno. Sono rintracciabili nei versi di Saffo, Saba, Ungaretti, Bertolucci ed in tutti i grandi poeti, attraversano i secoli, quando la scrittura è adesione piena alla vita e non mero esercizio letterario. Tutto si consuma come una candela sull’altare e tutto è così fragile nella ferialità del mondo. Resta la memoria, ultimo baluardo contro l’oblio del tempo. I luoghi che ritornano nella poesia di Nicola Bultrini sono quelli dell’infanzia, quelli narrati nei libri di storia ma anche quelli che sono stati scelti dal poeta perché a lui cari, sentiti raccontare dai nonni abruzzesi: “I pastori venivano dalla campagna / romana all’inizio dell’estate, / di notte, lungo la via Valeria. / In capo i muli, le greggi e quindi / ragazzi silenziosi con i lumi/a petrolio…”.

Neppure troppo velato è il riferimento al mare di Civitanova: “Ancora il mare, lama tagliente / all’orizzonte. Le prore beccheggianti, / nel silenzio che è furore. E il sole/ che s’infila dappertutto, cerca la pelle, / la scava, la solleva, l’asciuga, / la porta nell’aria, leggera, / come squama di serpe a primavera”.

Venezia, la città dove è nata la moglie di Nicola Bultrini, è presente nei versi: “Vedi la gente sopra al ponte, / lasciami guardare, come sembrano felici / le ombre che s’allungano al canale. / Vibranti come gli anni, lontani, / che puoi solo immaginare”.

La poesia per Bultrini si ricopre anche di speranza e si illumina della fede. Giganti sono quelli che recuperano la microstoria: “Noi giganti simo rimasti in pochi, / circondati da uomini piccoli, / dolcissimi, ma senza ombra. / Alcuni ci graffiano rabbiosi le caviglie, / altri ci ignorano, fingendo di dormire…”. Il verso della poesia di Nicola Bultrini è libero anche se è rintracciabile l’impronta dell’endecasillabo. A volte sembra molto vicino alla prosa ma non c’è nessuna deriva verso il racconto puro e semplice. Simpatica la lettura di alcune poesie di Nicola Bultrini, fatta da alcuni alunni del Liceo “Stella Maris”, preparati dai loro insegnanti. Un pomeriggio riscaldato dalla grande cultura, dato il freddo pungente che si avvertiva all’esterno, quello di venerdì 24 maggio 2013, dalle 17,30 alle 18,45, presso la sala “E. Cecchetti”, annessa alla biblioteca “S. Zavatti” di Civitanova Marche. •

Raimondo Giustozzi

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