SANTA VITTORIA IN MATENANO – I Farfensi e le spoglie della Martire
A Santa Vittoria in Matenano si trova una risposta. Ma occorre scavare idealmente la storia. La Torre Oderisio svetta guardinga all’ingresso della piazza. Oderisio fu abate benedettino. Farfense per l’esattezza, dei monaci di Farfa. E qui la storia si spalanca. Anno 898 dall’Aso risale un gruppo di monaci. Li guida l’abate Pietro I. Sono fuggiti da Farfa. L’abbazia potente è stata piegata dalle fiamme di malviventi locali. I Saraceni l’hanno duramente provata nei sette anni precedenti. I Farfensi portano una rivoluzione oltre che religiosa, anche sociale, culturale, agricola, “industriale”. Ora, lege et labora. Mulini ad acqua, nuovi contratti agricoli, scuola e scuola di medicina, condivisione. Il nostro DNA ne è ancora pieno.
Di quegli anni resta il Cappellone, sul punto più alto, “adibito – spiegano le guide – ad un uso sepolcrale, ricoperto di stucchi barocchi, presenta nell’altare centrale un’elegante statua del Cristo. Da visitare al suo interno anche la Cappella degli Innocenti, costruzione trecentesca con pareti e volte completamente affrescate”.
È una parte dell’antico monastero. All’ovest guarda la montagna fatata della Sibilla, quella religiosa della Priora, il taglio del Monte Vettore. Non si scorge il Lago di Pilato. Ma lo specchio d’acqua a forma di occhi di serpente è là tra Sibilla e Vettore, sopra Foce e le sue leggende. C’è una fonte miracolosa a Santa Vittoria in Matenano. È detta “del latte”. Si trova in campagna, a qualche chilometro dal centro. Le puerpere andavano per ottenere la grazia del latte. Grazie ottenute. È lì che i monaci farfensi si fermarono a riprendere fiato. Con sé avevano le spoglie della Santa Vittoria, che ora sono conservate nella chiesa Collegiata. Un monastero femminile, di benedettine, preserva ancora oggi una tradizione di 1200 anni. •