Home » arte&cultura » Il Fermano da salvare » Da Santa Lucia al Natale

Da Santa Lucia al Natale

Stampa l articolo

Le tradizioni di un tempo miracoloso: anche gli animali parlavano

In media anni 28. Laureati. Lombardi in vacanza nelle Marche, conosciuti in casa di amici. Amanti di viaggi, cinema, musica. Mi chiedono di accompagnarli in un Cammino particolare: quello di storie e leggende di Natale. La richiesta mi sorprende. Giovani che domandano cose del genere non ce n’è quasi più. Ci penso un po’. Poi, appuntamento in un pub della costa. Birra, legno, note e racconti.
Il giorno di Santa Lucia è passato. Li avrei invitati a Fermo, altrimenti, alla festa dell’omonima parrocchia, con processione e squaglio finale al Monterone. Palazzo dei Priori è impraticabile. Segregate le tavolette con la storia della Santa, di Jacobello del Fiore. Ho un libro con me. Mostro le pitture. «Stupende!», il commento unanime.
Santa Lucia è legata al simbolismo solstiziale. Lucia, lux, luce. Il Natale è tempo d’avvento e d’attesa. Della luce. Non solo quella che annuncia la fine delle tenebre invernali ma anche quella che apre ai futuri giorni più chiari. I focaracci della notte tra il 9 e 10 dicembre segnano la strada agli Angeli con la Casetta della Vergine verso Loreto. Luce. La stessa che irradia dal Bambino Gesù, – e anche qui sfoglio il libro di Franco Maria Ricci – nella pala d’altare che fu dell’antica chiesa dei Filippini di Fermo: è il dipinto del Rubens, ultimamente peregrinante. La cultura colta è questa. Quella popolare dice anche altro. Dice del ceppo di natale. Ciocco di quercia che veniva posto nel camino alla Vigilia, sotto legna più secca, e sarebbe arso per dodici giorni, fino all’Epifania. Dodici, come anche i mesi.
«Si rallegri il ceppo – ricorda Alfredo Cattabiani -, domani è il giorno del pane; ogni grazia di Dio entri in questa casa; le donne facciano figliuoli, le capre capretti; le pecore agneletti, abbondi il grano e la farina, e si riempia la conca di vino».
La cultura popolare tramanda anche fatti strani delle nostre campagne, nelle stalle un tempo popolate di animali, di parole uscite da bocche impensate. Il miracolo della vigilia di Natale. «Solo alle ventiquattro il miracolo si sarebbe compiuto. Ancora una volta. Come tutte le altre volte. Come da sempre. E quelle povere bestie, anch’esse in festa, dinnanzi al loro gran cenone, avrebbero iniziato a… dialogare. Sì, proprio così: a dialogare. Perché, allo scoccare della mezzanotte santa, in concomitanza con la memoria tangibile della nascita divina, le mucche, i vitelli, i buoi, gli asini e i cavalli iniziavano a parlare tra di loro. E forse, gli animali più vecchi narravano agli ultimi venuti come certi loro antenati avessero avuto il grande onore di scaldare, in una spoglia mangiatoia, il piccolo Signore del mondo nato da pochi istanti».
I giovani sorridono.
I Radiohead cantano che la felicità va cercata là dove si trova. Su un tavolo, un volantino: Giotto nell’immagine, San Bernardo nelle parole:
«Voi che giacete nella polvere, svegliatevi e lodate, poiché viene il medico per i malati, il redentore per coloro che sono in schiavitù, la via per coloro che s’erano perduti, la vita per i morti…. Grande è questa potenza, ma ancora più mirabile è la misericordia, poiché così volle venire Colui che si poteva accontentare di aiutarci». •

About Adolfo Leoni

Vedi anche

Il messaggio di Natale dell’Arcivescovo, Monsignor Rocco Pennacchio

Anche noi, come i pastori, accolto il mistero, non possiamo restare fermi ma allargare il …

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: