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Francesco Marilungo: film documentario “This was Hasankeyf”

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Ho un appuntamento con Francesco Marilungo in una saletta del Gran Forno di Marina di Altidona. Con me c’è Angelo Salvator Pemberton un ragazzo londinese che da qualche tempo vive ad Altidona centro e studia Comunicazione Multimediale all’Accademia di Belle Arti di Macerata.
Tutto ha inizio una sera dell’11 agosto al Teatro del paese, dove si proietta il film documentario This was Hasankeyf diretto da Tommaso Vitali, al quale l’Associazione Altidona Belvedere ha contribuito alla sua realizzazione con un’iniziativa per la raccolta fondi. Si tratta di una produzione in lingua turca/curda, sottotitolata in italiano, per la durata di 90 minuti. È il risultato di una ricerca che ha richiesto circa un anno di tempo, nel villaggio di Hasankeyf che si trova lungo una curva del fiume Tigri, nel sud-est della Turchia.
Da decenni Hasankeyf vive sotto la minaccia di essere cancellata da una imponente diga ormai prossima al completamento. Il film di Tommaso Vitali, al quale hanno collaborato Francesco Marilungo e Carlotta Grisi, è anche la voce degli abitanti di questa terra davvero unica, registrandone i racconti e i ricordi. Si cerca di far capire quale sia il rapporto che essi hanno vissuto nel tempo con il loro ambiente naturale e si scopre in tal modo la profonda e duratura reciprocità tra l’uomo, il fiume e la pietra scavata in caverne, di Hasankeyf.
Un patrimonio storico, monumentale e anche naturalistico a rischio a causa della costruzione della mega-diga di Ilisu. La diga fa parte di un progetto più vasto, il Southeastern Anatolia Project, finalizzata alla costruzione di impianti idroelettrici e per lo stoccaggio delle acque. Quest’opera ritenuta importante per il governo turco, si trova un centinaio di chilometri a valle di Hasankeyf e quando verrà completata ed entrerà in funzione, la sommergerà di circa 60 metri di acqua. Un patrimonio dell’umanità che scomparirà in nome del fabbisogno energetico. La diga, arriverà a produrre circa il due per cento dell’energia elettrica in Turchia e nonostante le molte proteste è considerata necessaria.
Il Paese importa gran parte dell’energia dalla Russia, perciò, sfruttare le fonti di energia rinnovabile disponibili sul territorio nazionale è di fondamentale importanza. I piani governativi per trasferire alcuni dei monumenti e per preservare quelli che non potranno essere spostati, lasciano posto a molti dubbi. Il film documentario This was Hasankeyf, sottolinea il pericolo non solo di perdere un immenso patrimonio, ma anche di trasferire diverse migliaia di persone altrove. Il Governo ha costruito una nuova Hasankeyf, moderna e funzionale ma le nuove case andrebbero acquistate a prezzi che vanno oltre le possibilità economiche dei cittadini.
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Le vecchie case sono state valutate per qualche migliaio di dollari mentre le nuove verrebbero loro vendute a diverse decine di migliaia di dollari. Chiedo a Francesco che conosce personalmente il territorio che tipo di economia vive attualmente la regione. L’economia della regione è povera, anche a causa della lotta tra le forze governative e il PKK, e molti dei residenti in precarie condizioni di vita, non sono disposti a contrarre prestiti governativi per permettersi le nuove case. Ma il film documentario sottolinea altre conseguenze.
La gigantesca diga sul Tigri avrà ripercussioni anche molto più a valle, lungo il corso del fiume, in Iraq. Il problema dell’approvvigionamento idrico, già grave, peggiorerebbe. Il progressivo inaridimento, già in atto, avrà un impatto disastroso sull’Iraq che perderà centinaia di migliaia di ettari di terra coltivabile. Le paludi della Mesopotamia, messe in pericolo da precedenti interventi lungo i corsi del Tigri e dell’Eufrate, scompariranno del tutto insieme al loro retaggio millenario e al loro ricchissimo ecosistema. Di conseguenza i suoi abitanti, sempre più poveri, saranno costretti a migrare verso i centri urbani. Le ragioni del Governo turco, inerenti la sicurezza energetica sono legittime ma altrettanto legittime sono le preoccupazioni di chi teme di perdere un prezioso patrimonio storico e naturalistico, e di sprofondare allo stesso tempo in una grave crisi economica e sociale.
Chiedo a Francesco cosa rappresenti per lui, per Tommaso Vitali e Carlotta Grisi, la città di Hasankeyf. La città è considerata uno dei gioielli del Kurdistan turco abitata senza interruzione sin dall’antichità. La fine di Hasankeyf, assieme a quella di altri 199 villaggi situati lungo il Tigri ed il conseguente esodo forzato di oltre 80mila persone, decretata dal governo turco con la presentazione del progetto della diga di Ilisu, avrebbe l’effetto di cancellare con un colpo di spugna, un pezzo di storia millenaria.
Da quanto ho potuto documentarmi, Hasankeyf in effetti è un luogo strategico. Ha visto il passaggio lungo i secoli di popoli Assiri, Medi, Persiani, Greci, Romani, Bizantini e Turchi e ciascun popolo ha lasciato la propria impronta: dal vecchio ponte sul Tigri costruito nel XII sec. dal Sultano Artuqide Fahrettin, alla moschea di El Rizk, il cui minareto conserva le iscrizioni dei 99 nomi di Allah assieme ad una coppia di cicogne che nidificano sulla sua cima; dal magnifico mausoleo di Zeynel Bey, eretto solitario fra i campi lungo il fiume, alla sovrastante Cittadella collocata in cima alla falesia come un nido d’aquila che permette di controllare l’intera regione.
Secondo quanto osservato da Francesco, la militarizzazione dell’area per un maggiore controllo dei lavori in itinere, ha contribuito a rendere il clima attorno al progetto, particolarmente teso. Inoltre da quanto emerge dai vari giornali che si occupano dell’intera faccenda, il governo turco avrebbe iniziato da anni una campagna di boicottaggio economico di Hasankeyf nell’intento di incoraggiare i suoi abitanti ad allontanarsene. I siti archeologici, da tempo sono chiusi alle visite con la forte diminuzione del flusso turistico. Di conseguenza la città oggi conta solo 3.000 abitanti mentre dieci anni fa erano 10.000. Ed ancora, il governo si guarda bene dal presentare la candidatura di Hasankeyf all’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità sebbene la città ne abbia tutti i requisiti con la scusa dello sviluppo per il “benessere della popolazione”.
In tal modo si seppelliranno diecimila anni di storia sotto 10 miliardi di metri cubi d’acqua.
Ma chi è Francesco Marilungo? Nasce a Fermo nel 1983. Ha studiato lettere moderne a Roma dove incontra un ragazzo curdo che studia musica con il quale inizierà un’amicizia significativa. Entra a far parte di uno stage della durata di alcuni mesi, con sede a Istanbul presso l’Istituto della Cultura Italiana. Apprende il turco ed entra a pieno titolo nel progetto Comenius. Insegna lingua italiana in una scuola a Diyarbakir nel sud est della Turchia, città molto importante per i curdi. Apprende la lingua curda e qui incontra casualmente Tommaso Vitali che attualmente vive in Inghilterra e Carlotta Grisi. Nasce una forte amicizia e collaborazione per quello che sarà il progetto di raccontare la storia di Hasankeyf attraverso gli occhi dei suoi abitanti. Tommaso Vitali è specializzato in montaggio e regia a Milano oltre a far parte del Laboratorio di etnomusicologia dell’Università Statale di Milano.
Per quanto riguarda la loro esperienza in Turchia sul piano umano e sociale non ci sono problemi di ospitalità ed accoglienza da parte dei turchi. Tuttavia dopo aver terminato il percorso di studi programmato e decidendo di rimanere, si sentono osservati. Attirano la curiosità dell’autorità locale che però non interferisce nel loro lavoro di produzione.
L’esperienza acquisita li porta a riflettere sulla condizione del popolo curdo, sulla questione femminile che risente ancora nei villaggi più interni delle vecchie tradizioni mentre nei centri urbani più grandi, la donna ha un proprio ruolo anche in campo politico pari al 50%. Francesco mentre si racconta mi fa percepire quanto abbia amato il progetto del documentario di recente premiato ad un Festival del settore, a Los Angeles.
Il suo percorso formativo non si arresta ma continuerà da settembre in Inghilterra all’Università di Exeter, dove porterà a termine il suo dottorato di ricerca sulla letteratura curda. L’intervista ha termine dopo lo scambio di informazioni utili non solo a me ma anche ad Angelo Salvator Pemberton che sta incamminandosi nel settore dei documentari. Si scambiano i numeri di telefono e di questo sono contenta e mi auguro stia nascendo una nuova amicizia che possa condurre entrambi i ragazzi ad una reciproca collaborazione.
A breve This was Hasankeyf sarà riproposto a Fermo presso la Sala degli Artisti e credo avrà lo stesso successo di pubblico che ha avuto ad Altidona centro. È una storia che fa riflettere ed è troppo importante perché non sia conosciuta. Auguri Francesco per il tuo domani e che il tuo sguardo sia sempre rivolto a chi non ha voce. •

About Stefania Pasquali

Stefania Pasquali nativa di Montefiore dell'Aso, trascorre quasi trent'anni nel Trentino Alto Adige. Ritorna però alla sua terra d'origine fonte e ispirazione di poesia e testi letterari. Inizia a scrivere da giovanissima e molte le pubblicazioni che hanno ottenuto consenso di pubblico e di critica. Docente in pensione, dedica il proprio tempo alla vocazione che da sempre coltiva: la scrittura di testi teatrali, ricerche storiche, poesie.

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