Formano un cuore. Sono i collaboratori de La Voce delle Marche. Hanno, per 10 anni, diffuso nel corpo diocesano interrogativi, idee, pensieri, suggerimenti, punti di vista, notizie, “buona notizia”. Hanno, come il cuore, pompato la linfa della Vite senza la quale ogni tralcio secca e viene bruciato. Sono persone, uomini e donne, sacerdoti e laici, che hanno resistito, hanno tenuto fede al loro compito di testimoniare il vangelo attraverso i loro articoli. Hanno scritto e scrivono per informare e formare, per far aprire gli occhi su aspetti non usuali, per far sentire comunità una Arcidiocesi grande come quella di Fermo.
C’è da dire che molti, e in molte maniere, hanno auspicato la chiusura de La Voce delle Marche. Ma, come si vede, abbiamo resistito per dieci anni. L’Arcivescovo, più volte, ha incoraggiato la redazione perché, ha detto “fa bene alla Diocesi avere un gruppo pensante come voi”. Nell’articolo di pag. 7 Francesca, una collaboratrice di Morrovalle, si dice onorata di appartenere a questo gruppo di persone “pensanti”.
Senza un periodico una Diocesi è muta. Ed è per questo allora che deve esistere un futuro per il giornale diocesano. Sarà un futuro integrato tra web e cartaceo, nuovo e migliore, difficile, in salita, ma fedele a quanto lo stesso Gesù ha detto ai discepoli: “andate e ammaestrate!”.
Nelle notizie di manifestazioni ufficiali, accadimenti pubblici, conferenze, fatti di cronaca nera, La Voce delle Marche non può competere con i quotidiani locali. Può invece concorrere con le notizie che “svelano” avvenimenti e situazioni, cioè tutte quelle informazioni che non balzano di per sé alla ribalta dell’opinione pubblica, ma che tocca al giornalista scovare e proporre. Non per nulla il giornalista deve essere un buon segugio.
Vi sono interi settori nei quali le testate laiche non pescano per scelta. Classico esempio l’informazione ecclesiale e religiosa, dove nessuno ci può battere. E siccome l’esperienza religiosa fa parte della vita della gente della diocesi fermana, è anch’essa attesa e noi la diamo in una sorta di esclusiva.
Vi sono poi i reportage, le inchieste, le interviste, i servizi che rendono appetibile e vivace il nostro giornale. Su questo settore La Voce delle Marche primeggia nel confronto con gli altri giornali. Ed è per questo che il nostro periodico non deve avere complessi di inferiorità nei confronti di nessuno. Bisogna crederci e darsi molto da fare.
Vi è un altro aspetto da considerare in tema di concorrenza: la qualità dell’informazione. Il primato sul territorio lo si gioca anche e soprattutto a questo livello. E un’informazione di qualità è frutto di un progetto complessivo che punta sull’onestà, sulla correttezza, sulla competenza, che non risponde a interessi economici, a interessi politici, alla voglia di protagonismo.
La Voce delle Marche ha come traguardo guadagnarsi la fiducia di un gruppo di persone che abitano l’Arcidiocesi fermana. Il lettore ha bisogno di fidarsi e di appoggiarsi a una testata o a un autore. Vi presentiamo (a lato)i volti dei redattori. Non ci nascondiamo dietro uno pseudonimo. Ogni articolo è sempre firmato. E quando manca la firma è perchè viene cucinato dalla redazione. Qualcuno (cfr. pag. 3) chiede di allargare gli articoli in una sorta di blog, il web 2.0, il cosiddetto social network, cercando una interattività, sollecitando l’espressione del pensiero dei lettori. Ci penseremo. Ma già nel nostro giornale online ogni articolo può essere commentato non solo con un “mi piace”.
Altro traguardo raggiunto del giornale diocesano è l’informazione gratuita. Sebbene si debba pensare ad una forma di abbonamento in quanto, se vogliamo che il giornalismo continui ad essere una professione, un mestiere di cui si può vivere, è evidente che l’informazione non può essere gratuita. Google non può vivere di rendita sul lavoro altrui.
Il confronto tra web e cartaceo, con tutti i problemi che comporta, non è per contrapporre i due mondi, immaginando un duello che prelude alla sconfitta di uno dei due contendenti. Di fronte alle novità e ai dubbi, non serve domandarsi se il giornale di carta resterà in vita. Dobbiamo cercare di inventare un nuovo modo di esistere dell’informazione nei diversi media. Dobbiamo pensare all’informazione giornalistica come integrata. Occorre fare un unico prodotto che ha più facce e più chance da valorizzare al massimo.
Abbiamo una carta vincente, anzi due: una nicchia di lettori fidelizzati e un valore intorno al quale aggregare lettori. La Voce delle Marche è un periodico diocesano: quindi ha un territorio, la diocesi, ha un bacino di utenza ben preciso; e ha un valore da presentare raccontando ogni notizia.
Si potrebbe pensare ad una tavola rotonda con i lettori di una vicaria, di una città di una parrocchia. Il lettore potrebbe in qualche modo diventare una specie di giornalista aggiunto. Dobbiamo far capire pian piano che è possibile far collaborare persone comuni, non solo giornalisti. Potremmo cioè attivare un gruppo di cittadini a partecipare in un ruolo attivo nel processo di raccolta, stesura, analisi e diffusione delle notizie e dell’informazione. Un giornale dunque che viene realizzato il più possibile dalla comunità diocesana puntando sulla partecipazione.
Digitale, personalizzabile, con la possibilità di un dialogo diretto tra lettori e redattori, basato su un mix tra notizie, reportage, ritratti, informazioni utili, editoriali scritti dalla redazione e blog esterni. Così sarà il nostro giornale nei prossimi anni. Che ne dite? Ci scommettiamo? •
Tagsanniversario numero 14 - 2017 speciale 10 anni
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