Sulle tracce della bellezza

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Quello che Il terremoto non è riuscito a cancellare

L’essenza dell’uomo consiste nella sua ec-sistenza, scrive Heiddegger in Essere e tempo. La persona cioè è un essere-nel-mondo standosene al di fuori. C’è infatti nella parola e-sistenza qualcosa che allude a un exodus, a un exitus. Ma da che cosa si deve uscire? Dalla estraneità di un mondo limitato, definito, effimero, scontato.
L’arte è una finestra per uscire da questo mondo finito e insoddisfacente.
Il fermano, il nostro territorio, è una miniera di opere d’arte, un patrimonio spesso sconosciuto. In ogni angolo, in ogni paese, in ogni frazione si trovano scorci di bellezza e di opere d’arte per “ec-sistere”.
Un quadro, una poesia, una musica, una scultura diventano opera d’arte quando si percepisce una ulteriorità che lo sguardo non può esaurire.
L’immagine, visiva o sonora concede di accedere là dove non arriva il ragionamento richiedendo un sacrificio dell’io. Avviene come la bellezza della perla che nasce a partire dal sacrificio della conchiglia. L’arte permette di comprendere che con l’intelletto non si arriverà mai a raggiungere, a mettere insieme, il reale e l’ineffabile, ciò che non vediamo o supponiamo che ci sia.
L’arte è pertanto vita. Senza bellezza si sopravvive, ma non si vive. L’opera d’arte produce una sorte di risveglio. Sprona al riconoscimento che la dimora dove si abita è come quella dello straniero: estranea appunto. La sua estraneità gli vieta di confondersi con gli altri e gli impone di essere attratto da un al di là, da un altrove. Estraneità e trascendenza, dunque, sono queste le caratteristiche dell’arte che aiutano ogni persona a uscire per trovare la via della vita e della verità.
L’arte, il bello, è legato al vero. Verità in greco si dice a-letheia, togliere la pietra, svelare, rivelare.
Il compito di ogni persona è fare opera di verità (svelamento) facendo dischiudere tutte le possibilità latenti.
Quale bellezza, quale verità? C’è una bellezza che conduce alla pienezza e una bellezza che conduce alla dissoluzione; c’è una bellezza che salva e una bellezza che perde. C’è una verità che custodisce la libertà e una verità che l’opprime; c’è una verità che favorisce la vita e una verità che non esita a uccidere. Questa confusione produce l’idea di una opposizione tra l’esperienza della bellezza e quella della verità.
La verità rimanda all’esattezza e quindi a un principio oggettivo, mentre la bellezza rimanda al fascino seduttivo, quindi ad un principio soggettivo. Il risultato di questa opposizione tra bellezza e verità è che la bellezza che più attira è quella che fa evadere dalla realtà mentre l’esposizione alla verità genera disarmonie, contrasti, macerie.
Ma la bellezza e la verità salveranno il mondo perché lo hanno creato. “Il mondo – scrive Vito Mancuso in Io e Dio – non sarà salvato in chissà quale futuro; il mondo è salvato già ora, in ogni istante dalla bellezza in quanto armonia, è salvato dal precipitare nel caos degli inizi, nel tohu va-vohu di Gen 1,2, dal medesimo principio di armonia e di organizzazione che l’ha fatto evolvere, quel principio che ha fatto sì che dal primo gas primordiale, l’idrogeno, scaturisse la bellezza naturale che è la vita e lo spettacolo incredibile della vita intelligente che sa e che sento tutto questo”.
La bellezza dell’arte è qualcosa di simile all’amore, dove non è l’io che ama, ma è l’amore che possiede l’io e lo fa uscire. Per vivere in pienezza. E non morire. •

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