Tante lettere sulla quotidianità di chi vive con nuova luce questo momento di emergenza.
“Anche se siamo isolati, il pensiero e lo spirito possono andare lontano con la creatività dell’amore”. È proprio la creatività dell’amore di cui ha parlato Papa Francesco il 3 aprile con un video-messaggio al Tg1, quella che ritroviamo in ognuna delle tante, inattese, lettere e storie di vita quotidiana ricevute nella nostra redazione in questi giorni di emergenza a causa della Pandemia in corso. L’isolamento, la mancanza degli affetti e degli incontri, i dubbi sul futuro del lavoro, il timore della malattia come fosse un vortice nel quale essere risucchiati e l’angoscia di vedere i propri cari soffrire o non rivederli affatto da un giorno all’altro, sono solo alcune delle paure collettive ed individuali che invece riescono ad essere messe in ombra dalla voglia di farcela, da quella creatività dell’amore che mette in risalto i gesti buoni di cui è capace ogni essere umano, dalla tenerezza, dall’’umanità, dall’abilità di indossare i panni dell’altro facendosi carico di tutto quel fardello di incertezze, preoccupazioni e fragilità che un momento come questo lascia trasparire come neve che si scioglie lentamente al sole.
In pochi giorni, quello scenario forse immaginabile solo nella trama di un film che la maggioranza della popolazione pensava fosse impossibile da vivere si è trasformato in una cruda realtà. Una quotidianità stravolta con l’arrivo della pandemia e l’incessante appello delle istituzioni ad accettare serenamente le necessarie limitazioni che tale situazione sta comportando con il distanziamento sociale contro i contagi. Inevitabile e fondamentale il monito dei vescovi per vivere in questo nuovo contesto, la carità come solidarietà, incoraggiamento e stima verso quanti stanno instancabilmente operando nel campo sanitario per alleviare le sofferenze delle persone colpite.
Così ciò che fino ad oggi si dava per scontato sembra vacillare, e in un colpo cambia tutto : lo svago, la gestione degli affetti, il mondo degli adulti ma anche quello dei bambini, il lavoro, lo studio, anche la possibilità di partecipare alla messa. Restare tutti a casa è un sacrificio ma è l’unica strada giusta. La tradizione cede così il passo all’emergenza, le celebrazioni religiose si fanno a porte chiuse: resta la preghiera. Tante certezze del quotidiano che si sgretolano, ma nel mare in tempesta c’è l’ancora della fede che dà a molti coraggio.
Nell’angoscia collettiva dei primi giorni, si è fatta largo la sorprendente solidarietà della porta accanto, tanto più forte delle inevitabili paure e la certezza di sapere attraverso la preghiera e le iniziative concrete che non siamo soli nel nostro navigare nella burrasca di questo mare.
Storie di persone e famiglie che magari sono uscite dai loro balconi per cantare e dare conforto, da lontano, a chi è in prima linea negli ospedali, ma che al loro rientro in casa fanno davvero qualcosa perché le parole di quelle melodie che tanto commuovono non rimangano solo note al vento di una stagione che ha tracciato un segno nella storia.
“Il Signore ci interpella, e in mezzo alla nostra tempesta ci invita ad attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostengo e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare”. Così ci invitava ia riflettere Papa Francesco il 27 marzo davanti a quella Piazza San Pietro deserta che in realtà in quelle ore rappresentava l’agorà del mondo con la speciale benedizione ‘urbi et orbi’.
Ed eccole spuntare le azioni di significato, le testimonianze di vita, tante, tantissime in tutta Italia e tante anche quelle di coloro che nella nostra Arcidiocesi hanno voluto renderci partecipi del loro spaccato di vita quotidiano che con entusiasmo pubblichiamo nel nostro periodico La voce delle Marche.
A partire dal silenzioso operare di quei parroci che nonostante la distanza, le difficoltà del momento, la sofferenza nel cercare di esprimere la presenza del Signore a chi sta perdendo o ha perso i propri cari, la limitazione alla possibilità di celebrare messa, non si sono affatto arresi trasformando la difficoltà in opportunità di crescita della comunità attraverso i nuovi strumenti che la comunicazione offre. Inevitabile è stata l’accelerazione nell’utilizzo dell’ambiente digitale per i gruppi di preghiera attraverso i social, le App come Skype, le videochiamate collettive per la recita del rosario e anche la televisione attraverso la quale, in questi giorni, entreranno nelle nostre case i riti della Pasqua. Una lunga serie di testimonianze che dimostrano come il tempo, non diventa un tempo sospeso nell’attesa e nella speranza del superamento della crisi, ma un tempo migliore in cui cercare di costruire in tanti modi diversi nuove impalcature del vissuto.
Un tempo in cui occorre impegnarsi per stimolare quella “creatività dell’amore” di cui ha parlato Papa Francesco. Guardarsi allo specchio per conoscere il meglio di noi e di ciò che viviamo, infondere sicurezza nei bambini, spiegare loro che non possono uscire, frequentare la scuola, fare la loro vita, come poter stare insieme in famiglia e vivere bene la quotidianità magari pregando con un altare improvvisato in casa. E poi, le diverse esperienze delle insegnanti alle prese con la video-didattica e quelle dei genitori impegnati a conciliare il carico dei compiti con le faccende domestiche. Ed ecco che la casa si trasforma in un ‘call-center’. E poi i nonni, preziose colonne da proteggere. Senza contare le tante iniziative in campo sul territorio nelle parrocchie per far sentire la presenza della comunità religiosa alle famiglie con qualche caro ammalato , alle persone sole, agli anziani che stanno vivendo il momento con grande angoscia.
Un grazie va a tutte le parrocchie che ci hanno contattato e ai tanti che ci hanno scritto, perché attraverso loro abbiamo compreso meglio la frase di Papa Francesco. “Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quello che è serio. A non perderci in cose di poco conto. Non pensiamo solo a quello che ci manca. Pensiamo al bene che possiamo fare. Cari amici guardate ai veri eroi. Non sono quelli che hanno fama, soldi, successo, ma sono quelli che danno se stessi per servire gli altri”. •