Classe 1963, si distingue sin da tenera età per l’eclettismo e la diligenza nello studio. Cinto di alloro magna cum laude, acquisisce in seguito la specializzazione in diritto civile. Già cultore della materia presso l’Università G.D’Annunzio di Pescara, attualmente esercita la professione forense, svolgendo in parallelo le funzioni di Giudice laico. Libero pensatore per vocazione, i suoi interessi abbracciano la civiltà umanistica in tutte le sue significazioni e i molteplici livelli di lettura. Da sempre innamorato dell’Arte, affina la passione per lo scrivere e pubblica opere non soltanto giuridiche, ma anche di narrativa e poesia. Nel 2010 esce il suo primo lavoro editoriale, “Guarda nell’abisso -lettere ad Alessio, bellissimo bambino senza parole”. Sposato, è padre di tre figli.
Inachevé di Giuseppe Fedeli
Una storia frammentata quella dell’io narrante, che si dipana dall’infanzia fino agli anni della maturità, interrogandosi febbrilmente pagina dopo pagina se la strada sin lì battuta abbia condotto a maturazione i frutti o non sia, viceversa, costellata di amarezza e disillusione. Né l’uno né l’altro. Il titolo del libro, che -per la sua “vaghezza”- prende a prestito un francesismo, vuole per l’appunto dar conto di una incompiutezza, di un anello che “non tiene” nella catena di avvenimenti ed episodi ora gioiosi ora tristi, ora luminosi ora bui. Incompiutezza nel senso di orfanezza, di mancanza (e nello stesso tempo di ricerca) di un quid che congiunga le tessere in un mosaico perfetto. Tessere fatte di sorrisi e lacrime, di cadute e resurrezioni. Si staglia all’orizzonte un interrogativo inquietante: c’è un Fato che governa le nostre esistenze, o ciascuno di noi è artefice del proprio destino? Forse l’inachevé-con la struggente, inguaribile malinconia, e non di rado il sentimento di disfatta in cui sfocia- è solo il riflesso di una ferita profonda, la cui cicatrice sta lì a testimoniarlo. La cifra del libro (scritto prevalentemente in forma epistolare) è che, nonostante i disinganni e i tradimenti, la vita va comunque vissuta, nella gioia e nel dolore. Nella beatitudine sconfinata di un attimo, che irreparabile fugge. •