sono stato battezzato il giorno dopo la mia nascita e, passata qualche settimana, mi portarono all’Istituto Sacro Cuore dove mia nonna lavorava per contribuire a sostenere la famiglia. Mi raccontano che la Superiora dell’epoca mi prese, mi sollevo sull’altare e disse solennemente: “Questo bambino lo offriamo al Signore!” Emia madre gridò: “No, no!”, suscitando lo stupore dell’altra Madre. In famiglia, infatti, c’era già un sacerdote, il mio prozio Don Nicola, qui presente, e il tributo alla causa sembrava già versato. La Superiora non sapeva che avrebbe avuto ragione…
Da quel momento la mia vita è stata un intrecciodi storie quotidiane, di volti che il Signore ha messo sulla mia strada per farmi decidere di ascoltare la sua voce. Nelle pieghe delle esperienze vissute, nei chiaroscuri di tante vicende ho sperimentatonella mia umanità talvolta molto debole e in tante vicende all’apparenza negative, l’intervento potente della sua Grazia che ho voluto inserire nel motto proprio perché l’ho sempre sentita viva e presente. Lodo perciò il Signore e lo ringrazio per tutte le persone che ho incontratosul mio cammino.
Innanzitutto i miei genitorie mia sorella che, insieme a mia nonna, morta ormai quindici anni fa, mi hanno accuditotra sacrifici e concretezza di fede, in un clima di serenità e di allegria chemi hanno resosempre fiducioso nella Provvidenza; anche in questi mesi, così delicati per la salute di mamma, non ci scoraggiamo proprio perché siamo cuor contenti e andiamo avanti, con Peppe, mio cognato, Giulia e Giovannino, ancora un po’ disorientati perché zio Rocco riparte di nuovo.
Cominciai a frequentare il catechismo per l’iniziazione cristiana nella parrocchia San Paolo, retta da mio zio;mi colpiva la sua permanenza in parrocchia dal mattino alla sera.Credo di aver mutuato dalla sua sensibilità la ricerca della franchezza e della lealtà unite al rispetto dell’inviolabilità della coscienza. Non ho mai sentito da lui inviti a farmi prete; del resto,scherzosamente talvolta si definivaanticlericale! Durante l’adolescenza,la parrocchia fu segnata dal fenomeno della contestazione, presente allora anche in altre realtà della diocesi e della regione. Furono anni di grande fermento, alla ricerca della rilevanza sociale e politica del Vangelo, ancora troppo imbrigliato in una religiosità tradizionale intimistica. L’epilogo drammatico della contestazione (sei preti lasciarono il ministero il giovedì santo del 1978) coinvolse l’allora vice parroco cui sono debitore, tra l’altro, dell’avermi insegnato gratuitamente a leggere la musica e a suonare l’organo.
Da questo evento negativo germogliò il mio impegno ecclesiale. Incominciai a interessarmi al coro, all’animazione del gruppo giovanile di cui facevo parte, all’Azione cattolica e così l’allora vescovo, Mons. Michele Giordano, inascoltato, mi invitòper la prima volta ad entrare in Seminario.
L’esperienza della presidenza diocesana di Azione cattolica fu indimenticabile sotto tanti punti di vista: il contatto vivo e frequente con le realtà parrocchiali, con i laici e i parroci, con lo sforzo di rendere effettiva la promozione del laicato sollecitata dal Concilio… Tutto ciò mi spinse a curare la mia formazione e mi inserì nel contesto ecclesiale diocesano. Da allora ho imparato cosa significhi avere la Chiesa come madre. L’Associazione mi offrì innumerevoli occasioni di spiritualità per rinnovare il vigore apostolico. In quegli anni ho conosciuto persone fantastiche (padri e madri di famiglia, consacrate, lavoratori) che ancora oggi sono riferimenti di Vangelo vissuto.
Un concorso vinto al Banco di Napoli sembrò segnare ormai la strada futura della mia vita. Sono stato fortunato, rispetto ai miei coetanei, per aver cominciato a lavorare quando ancora non avevo vent’anni. Fortunato per il tipo di lavoro, molto ben retribuito, e per averlo svolto sempre nella mia città. Quel lavoro mi piaceva perché avevo anch’io la possibilità di trattare le cose temporali ordinandole secondo Dio. Quante persone ho incontrato! E in tutte mi sforzavo di vedere il volto di Cristo. Nei quasi undici anni di banca ho ricevuto lezioni di competenza, di lealtà, di umanità; sono perciò debitore a questa esperienza che mi ha fatto conoscere apprezzare il lavoro e il valore della giusta retribuzione della propria fatica. Il Signore ha permesso questa esperienza perché si manifestasse maggiormente la sua gloria e così facendo mi ha lavorato a poco a poco per rendermi materia un po’ più malleabile per il progetto che aveva su di me.
Mi ero buttato a capofitto nella ricerca dell’identità laicale e la credevo ormai acquisita ma più mi impegnavonel lavoro, nell’associazione, più lavoravo con i laici, più mi si illuminava – quasi per contrasto – la figura del sacerdote.Dopo tanti anni di impegno laicale ero sul ciglio di una sceltapresbiterale. E anche il nuovo vescovo, Mons. Appignanesi, cominciò a parlare di Seminario…
In questi anni ricordo il consiglio di sacerdoti santi che mi hanno incoraggiato a leggere, nei momenti di difficoltà, l’azione silenziosa di Dio che nonostante tutto continuava a dispensare i suoi benefici. Tra questi, don Angelo Mazzarone, che mi avrebbe accompagnato al sacerdozio e un mio amico valdostano, che a pochi mesi dall’ordinazione presbiteralesi fece monaco certosino. Con la sua scelta compresi che il Signore mi stava lavorando poco alla volta.
Nel 1991, ebbi la possibilità di indirizzare al Papa un saluto a nome dei giovani lucani.Fece molto scalpore per la chiarezza, forse eccessiva, con cui prospettavo le situazioni relative al lavoro, alle raccomandazioni, al sottobosco delle clientele politiche. In quella occasione capii chela libertà di spirito era il bene più preziosoche il Signore mi chiedeva di mantenere e che nulla poteva trattenermi dal seguire la strada che Egli aveva tracciato: il tempo era propizio e con l’aiuto del maestro dei novizi dei cistercensi di Lérins, dopo qualche settimana in abbazia, ritornai a casa con la convinzione che avrei dovuto farmi aiutare in un discernimento mirato sulla mia vocazione.
Continuai a lavorare regolarmente abituandomi poco alla volta all’idea di lasciare il lavoro. Il giovedì santo 1993 spiegai al direttore, a lui solamente, il vero motivo per cui chiedevo un periodo di aspettativa non retribuita. Nominato il nuovo vescovo, Mons. Ciliberti, andai a trovarlo a Locri e mi incoraggiò a proseguire. L’esperienza del Seminario fu formidabile per la regola di vita che ancora mi accompagna, seppur tra alti e bassi, per l’amicizia costruita con tanti giovani, oggi confratelli, per la testimonianza sacerdotale in particolare di don Pierdomenico al quale rinnovo oggi la mia gratitudine per il sincero affetto che ha per me e per il suo esempio di vita.
Nei quasi vent’anni di sacerdozio ho servito soprattutto la parrocchia San Paolo, e per brevi ma intensi periodi, San Giuseppe Artigiano e Mater Ecclesiae di Bernalda; ho ripreso l’impegno in AC, da Assistente. L’insegnamento all’ITIS e al Liceo Classico mi hanno aiutato ad entrare nel vivo della realtà dei giovani e delle loro famiglie; tramite il servizio all’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità ho conosciuto donne forti e autentiche testimoni silenziose del Vangelo. I cinque anni alla CEI mi hanno aiutato ad amare ancora di più la Chiesa, servendola in quell’ambito delicato che è l’amministrazione dei beni; qui oggi c’è una nutrita rappresentanza di sacerdoti e laici, diversi venuti anche da molto lontano per condividere la mia gioia. Don Nunzio Galantino rimane un riferimento di amicizia – ormai di lunga data – e di ispirazione pastorale.
In quest’ultimo anno, formidabile, la mia famiglia è stata la parrocchia San Pio X che porto nel cuore come un dono prezioso, soprattutto per l’amicizia spirituale di tante persone e quell’ordinaria bellezza dell’impegno pastorale. Don Gino e don Tommaso, dall’alto, vegliano sulla comunità e su don Domenico che ha raccolto il testimone. Non vi dimenticherò mai.
Eccellenza carissima don Pino, carissimi confratelli sacerdoti della diocesi di Matera-Irsina, sono onorato di aver fatto parte del nostro presbiterio e vi ringrazio per la sincera amicizia sacerdotale che abbiamo vissuto insieme. La mia gratitudine va in particolare a Lei, Eccellenza, che ha voluto mostrarmi in modo sovrabbondante la Sua attenzione e la sua generosità.In questa occasione, poi, molti di voi, insieme a tanti laici hanno lavorato senza sosta per la riuscita della celebrazione, che i Cantori Materani, la Polifonica Pierluigi da Palestrina e l’orchestra del Conservatorio ci hanno fatto gustare ancora di più. Faccio miei i ringraziamenti del Vescovo per tutte le autorità e quanti sono intervenuti.
Carissimi amici della Chiesa di Fermo! Sabato si avvicina e cresce la trepidazione. Come dissi il giorno dell’annuncio, vi chiedo fin d’ora di accogliermi con semplicità e amicizia, perché anch’io mi inserisca nel bel cammino ecclesiale che già percorrete; e di sostenermi con la preghiera perché impari a diventare sempre di più il vostro Padre, Pastore, amico. Insieme testimonieremo la gioia del Vangelo nella terra che il Signore ci ha donato. Vi ringrazio di essere venuti così numerosi nella nostra bella città di Matera. Nelle prossime vacanze di Natale un gruppo di giovani e di preti fermani ritorneranno qui per una “mini GMG”. Sono sicuro che non mancheranno occasioni per consolidare il vincolo tra Fermo e Matera, che oggi viene sancito.
In queste ultime settimane ho sperimentato la grazia di Dio attraverso le tante persone che, quasi più di me, erano felici e orgogliose che un materano venisse consacrato vescovo. Quante preghiere, quanti incoraggiamenti, quanti doni ho ricevuto… Ieri mi è stata donata una stola realizzata a mano con scampoli derivanti dalla produzione dei salotti, realizzata da tre giovani migranti che, grazie alla coop. Il Sicomoro, stanno riscoprendo la loro dignità attraverso il lavoro. Una certa cultura, ci ricorda il Papa, vorrebbe trasformarli in scarti e loro ci dimostrano che, messi nelle loro mani, anche gli scarti riprendono vita.
Vi ho raccontato la mia vita perché la più grande ricchezza che porto nel cuore sono i volti incontrati in tutti questi anni; molti sono qui, questa sera, a partecipare alla mia gioia, tutti segni di una grazia di Dio che mi accompagna da sempre, da quel giorno in cui venni battezzato e la suora disse “Lo consacriamo al Signore”. Anche tramite voi, il Signore, nella mia debolezza, ha fatto bastare, anzi ha sovrabbondato con la Sua Grazia, che oggi fa di me un Vescovo. Mi affido alla preghiera degli anziani, degli ammalati, che hanno la possibilità di seguirci in diretta grazie a TRM e a TV Centro Marche, perché possa servire degnamente il popolo di Dio affidatomi.
Vi ringrazio tutti e prometto che pregherò per voi, per le vostre famiglie, per le vostre necessità. Ringrazio il Santo Padre Francesco che ha avuto fiducia in me ed è luminoso esempio di pastore con l’odore delle pecore. Le opere di misericordia che il Vangelo ci ha ricordato sono il faro che illuminerà il mio cammino; la Madonna della Bruna, Assunta in cielo e i santi Patroni ci proteggano. Amen. •
+ Mons. Rocco Pennacchio12