Uomo di dolori, ti sei fatto carico del legno obbrobrioso nei secoli dei secoli, la natura geme ancora delle doglie del parto, ma Tu, Nuovo Adamo, corri leggero sulle acque…
Leggero. Con piedi di piombo, fino a spaccare la terra, a ferirla, trapassarla, in un urlo copulativo dai secoli dei secoli. Ma non sei Tu. Deus sive Natura. No. Natura non facit saltum. La natura lavora per conto suo, dà energia per palingeneticamente partorire forme di vita e inghiottirne altre. Natura matrigna? Vista sotto questa visuale, no. Vista dal punto di vista di chi non ha più nulla se non se stesso e la sua dignità, sì.
Il divenire come motore del mondo. Non c’entra niente il Primum Movens, anche se è Lui a dare il “la” all’orchestra, e al vortice talora senza scampo. Oltre… quella Sponda così lontana così vicina…
Chi è stato “castigato” (secondo qualche “anima bella”…) giurerà vendetta contro queste notazioni, bollandole come farneticazioni. Libero di farlo, perché un conto è il dire, un conto il “fare”. Ma chi scrive non è uno che è salito giorno per giorno sulla scala di cristallo, senza perdere mai la scarpina da ballo. Tutt’altro. Questioni somme, in apicibus: ciò di cui non si può parlare si deve tacere, ammoniva Ludwig Wittgenstein.
Ma io l’ho visto oggi, attraverso gli occhi dolenti sorridenti di tanti poveri cristi: Gesù era lì, in mezzo a noi. Il cuore gonfio di pena, gli inquilini di uno stralunato pianeta nondimeno avevano ancora la forza di sorridere. Allo sberleffo del destino, si sono loro stessi burlati del destino. Ma sorridere per cosa?… Sorridere perché la tenacia e la ricchezza della vita sono inesauribili, travolgono tutta la zavorra e il putridume lungo sentieri fangosi, fino a confondersi col mare: il Grande Grembo cui tutto ritorna. Sì che dalla sofferenza senza nome rinasce poco a poco la voglia di dire, e starci in questo mondo acerbo, e amare: c’è, in questo angolo popolato di anime buone, e soccorrevoli, anche un nonno quasi novantenne che distribuisce le caramelle ai bambini cogli occhi gremiti di sogni, e paure. Sorridono, grati. È dalla fragilità della condizione umana che nasce la solidarietà, il gesto che non si è mai avuto il coraggio di fare “prima”, si capisce il valore di uno sguardo schivo, bagnato di lacrime e speranza.
Qualcuno – gli onniscienti di turno – marchieranno di banalità anche questi schizzi su un foglio che da intonso si macchia via via di lettere e segni e improvvisazioni, divagazioni sul tema. Libero ciascuno di darmi dello strambo.Ci sono abituato. Ma oggi, a tavola con gente che non vedevo da tempo e che a sua volta è stata felice di rivedermi, ho visto Iddio. Sì, quel Dio vilipeso e bestemmiato e accusato che vestiva i panni del povero, canna al vento, fuscello alla sferza di novembre. Dopo il boato sordo del sisma. Dopo la devastazione.
Quei passi dinoccolati, le membra cascanti, gli scalini saliti a fatica… ecco la mia cameretta…eh, a casa avevo tutto a portata di mano, sapevo dove trovarlo… la casa, la mia casa… dovrebbe ancora reggere… però… e adesso… tutti gli sforzi andati in fumo… la mia vita, la mia vita è racchiusa lì dentro…non pensarci ora, babbo… guarda se puoi avanti, ancora… io ci sono, qui o altrove non fa differenza… le mani strette “artigliate” per troppo amore dalle tue dita fragili esangui, ancora disperatamente aggrappate alla vita… Dentro quegli occhi acquosi increduli, a un passo dalla Soglia, ho visto Gesù…
“Maledetto”, straordinario dolcissimo Ladro. •
Tuo P.
gennaio 2017- 06 febbraio 2018
PS
È venuto a mancare oggi presso l’Ospedale di Camerino Franco Fedeli, di Muccia. Classe 1927, ha portato il vento gagliardo degli anni, fin quando non ha attraversato nella Croce di Cristo il Guado verso la Luce.