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La narrazione fotografica di Cristian Ribichini

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Cristian Ribichini, nasce a Fermo classe 1975 è un fotografo che vive e opera a Porto San Giorgio. Si occupa inoltre di grafica pubblicitaria e le sue particolari e originali realizzazioni fotografiche in esposizione, sono fotomontaggi e compositing di grande impatto emozionale. Le immagini hanno la potenza di mille parole e raccontano stati d’animo come fossero “storie intime”.
Non gli è sufficiente inquadrare e scattare così come per lo scrittore non è sufficiente mettere insieme una serie di frasi corrette ortograficamente, grammaticalmente e sintatticamente per avere la completezza di un racconto.
In che senso Cristian Ribichini si racconta? “Per Aristotele, una storia si realizza in tre passaggi: un inizio, un momento centrale e un epilogo.
Quando ci si sposta nel campo della narrazione fotografica, ecco che cominciano gli ostacoli. Una sola immagine, infatti, come può caratterizzare una storia? L’abilità sta nel saper condensare i tre momenti in un solo sguardo che sappia agganciare l’attenzione di chi vede trasmettendo un messaggio che sappia soprattutto emozionare.
Non vi è storia senza protagonista e Cristian nella narrazione fotografica è il protagonista di sé stesso e con le immagini sa connettersi ed attrarre l’osservatore.
Impossibile non restare catturati dalle sue bellissime foto. Ma cosa vuole intenzionalmente trasmettere Ribichini? Il linguaggio, l’inquadratura che meglio gli si adatta come lo stile e la composizione che lo completa.
David duChemin ripeteva spesso “quello che non inquadri non esiste”. Questo per comprendere che la storia è quel mondo di quel momento compreso nell’inquadratura e soltanto quello.
Il lockdown in un certo senso è stato lo stimolo artistico tradotto in ribellione e rabbia per un tempo sospeso che ci ha chiusi fra quattro mura lasciandoci sognare cieli di nuvole e mezzi per volare magari verso nuove realtà desiderate.
C’è un’immagine d’immediata lettura e inequivocabile che “racconta” questo disagio interiore dell’artista. Non ha il fine di rappresentare pedissequamente la realtà ma la reinterpreta. Ne risulta un prodotto di viva creatività, operato da scelte di linguaggio, di tecnica e di composizione che includono ed escludono, di foto in foto, elementi del suo personalissimo mondo artistico. I suoi scatti parlano di lui.
A noi il compito di comprendere che il modo in cui l’artista guarda i propri scatti è possibilmente differente da come li vede un altro. Ansel Adams affermava che ci sono sempre due persone in ogni foto: il fotografo e chi guarda. E se Cristian, in una sorta di reciproca empatia, sa raccontare “storie fotografiche” con successo e riconoscimenti ufficiali importanti, è un dettaglio da considerare.
Le fotografie manipolate in originali fotomontaggi non hanno la presunzione di imitare la pittura o la scultura ma indagano la realtà esterna ed interiore attraverso i temi della bellezza, del dolore, della vita, mediante un linguaggio autonomo e altrettanto autorevole.
Che differenza c’è tra un fotografo “improvvisato” e un vero artista dell’immagine? Gli smartphone e i tablet consentono a chiunque lo voglia di accedere al mondo della fotografia.
È da ricordare che l’atto del fotografare non fa il fotografo, men che meno il grande fotografo. Riflettendo, chiunque può prendere tela e pennelli e provare a dipingere, senza per questo sentirsi Picasso.
Ciò che rende Ribichini interessante è che si fa attraverso le sue opere, testimone del nostro tempo. Le sue immagini diventano coraggiosi reportages quando raccontano un mondo di drammatiche contraddizioni.
La straordinaria efficacia delle foto mostra un’originale chiave di lettura della verità, con una immediatezza maggiore di qualsiasi descrizione verbale o scritta. Di sé stesso scrive un significativo “Grazie a voi” che fanno comprendere chi sia umanamente parlando Cristian Ribichini.
“Tre settimane di mostre estive tra Porto San Giorgio e Torre di Palme sono passate tra mille incontri e confronti, e ringrazio infinitamente chi ha trovato anche solo dieci minuti del proprio tempo per passare già solo per un saluto! Grazie perché ho visto che siete rimasti con attenzione a leggere le pagine scritte e le foto del mio progetto “Quarantena”. Grazie perché mi avete cercato e avete voluto parlarmi e aprirvi e raccontarmi le vostre esperienze e le vostre sensazioni, anche se eravamo sconosciuti! Grazie per ricordarmi ogni tanto che all’interno di un vortice di gente aggressiva, insensibile, egoista e priva di ogni forma di energia positiva ed empatica, ci sono ancora delle luci, delle speranze, delle porte aperte verso il bene! Vi aspettiamo per queste ultime tre serate, nelle belle stanze del Palazzetto di Torre di Palme con Multiarte – Espressione del gesto artistico. Grazie a voi!”.
Ma c’è altro ancora da trasmettere che emoziona e aiuta a riflettere: “L’arte di sopravvivere. Spesso bisogna soffrire facendo attenzione a non impazzire; un equilibrio che ti sfianca l’anima. La mia salvezza è vivere con la testa tra le nuvole, saltare da un pensiero all’altro in maniera confusionaria, dare un calcio ad ogni pallone che incontro e sforzarmi di non crescere troppo dentro, mentre il mio corpo, fuori, invecchia.
Ma c’è posto anche per la Poesia come quando scrive: I labirinti del pensiero possono condurti ovunque, fino al punto di commettere qualcosa che chi è integro non arriverà mai a comprendere.
Per questo l’integrità è una delle condizioni più fortunose che tu possa vivere.
Non voglio semplificare tutto dicendoti che c’è sempre chi sta peggio.
Voglio solo illuminare il possibile, per farti capire che per ognuno di noi esiste un qualcuno,
o un qualcosa.
All’oscurità, preferisci sempre la luce.
Al silenzio, preferisci sempre il disordine.
Al baratro, preferisci sempre un altro passo ancora.
E un altro ancora.
E un altro,
ancora.

Infine, poetiche e profonde le parole dedicate alla madre:
Madre
Ogni volta che penso ad una buona madre penso alle sue mani e alle sue scarpe,
penso ai suoi trucchi e ai suoi capelli mescolati al vestito buono della festa.
E poi alle notti insonni, ai sogni svaniti e ai sacrifici gratuiti,
al soffio sopra l’acqua ossigenata delle mie ferite e ai suoi sorrisi.
Una buona madre era una bambina.
Una buona madre era tua madre, e lo è ancora.
Ad una buona madre non si urla nervosamente in faccia,
non si nega una passeggiata all’aria aperta,
non si nega un aiuto,
primo od ultimo che esso sia.
Ci sono centinaia di fotografie e di capelli bianchi che dovrebbero fartelo capire,
eppure, io continuo a sbagliare, continuo a rimandare,
continuo a dimenticare.
Se potessi correggere qualcosa di questa vita correggerei il tempo,
perché senza volerlo continuerà nervosamente a sfuggirmi di mano mentre io continuerò a sbagliare.
Fino all’arrivo di quel giorno in cui travolto dal dolore e soffocato dal senso di smarrimento,
mi accorgerò che quel dannato tempo, in fondo,
ero io.
Cristian

Stefania Pasquali

About Stefania Pasquali

Stefania Pasquali nativa di Montefiore dell'Aso, trascorre quasi trent'anni nel Trentino Alto Adige. Ritorna però alla sua terra d'origine fonte e ispirazione di poesia e testi letterari. Inizia a scrivere da giovanissima e molte le pubblicazioni che hanno ottenuto consenso di pubblico e di critica. Docente in pensione, dedica il proprio tempo alla vocazione che da sempre coltiva: la scrittura di testi teatrali, ricerche storiche, poesie.

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