Analisi del difficile momento che stiamo vivendo a livello internazionale alla vigilia della Pasqua tra voglia di pace e le notizie che arrivano dall’Ucraina.
Marx asseriva: “La religione è l’oppio dei popoli”. La religione viene vista come uno strumento, sia di consolazione per le ingiustizie sociali subite dalle masse che si appellano ad un’entità trascendente alienando se stesse, sia come un vero narcotizzante che impedisce agli uomini l’impegno per cambiare questa vita: la loro speranza, infatti, è riposta in un bene da realizzare nell’ aldilà. Un “rifugio”, quindi, per meglio sopportare la situazione materiale nella quale vivono.
Quello che sta succedendo nel mondo è una smentita di quanto affermato da Marx.
“Nonna è iniziata la guerra!”
“Bambina mia, la guerra è già nel mondo. Da tanto tempo ormai. Ciò che vedi oggi non è l’inizio, ma la continuazione. Della stupidità umana”
“Non c’è modo di fermarla questa stupidità?”
“Si può fermarla solo con il coraggio. Di guardarsi dentro. È ora di riporre le armi della paura, di far tacere le bombe dei ragionamenti, di far scendere gli aerei del controllo. E di intraprendere l’unica battaglia che vale la pena combattere: quella con le nostre resistenze. Alla vita!”
“Ma nonna stanno morendo bambini, anziani, giovani..cosa si può fare per loro?”
“Non chiederti cosa puoi fare, ma cosa vuoi essere. Sii amore, dappertutto, intorno a te. Che vuol dire seguire il proprio cuore, sempre! Anche se sei costretta a stravolgere la tua vita. Siamo in guerra con i nostri cuori da sempre, iniziamo da lì a trovare la pace!
È ora di accendere le candele del nostro fuoco interiore” (Elena Bernabè)
Il fuoco interiore affermato da S. Agostino: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1)
Dio non addormenta le coscienze, Egli è la sorgente della serenità e della pace e lo sarà maggiormente quanto più saremo uniti a lui nel dialogo amoroso che è la preghiera.
Afferma Papa Francesco: «Se noi ci comportiamo come figli di Dio, sentendoci amati da lui, la nostra vita sarà nuova, piena di serenità e di gioia».
Polibio, un grande storico greco, diceva che le guerre hanno tre cause: la pròfasis, ossia il pretesto che viene raccontato al popolo per giustificare il sacrificio che gli si chiede; l’aitia, che è la causa effettiva della guerra, che viene nascosta, quasi sempre riconducibile a un interesse economico; infine l’arché che è l’inizio vero e proprio della guerra, la classica goccia che fa traboccare il vaso e che dà il pretesto per iniziare il conflitto.
Il Killer della situazione?
Pirandello diceva che alla corda della ragione non si dà mai un taglio netto da un lato, bisogna trovare ragioni e torti da ambedue i fronti.
Viene in mente una frase della Genesi, in cui il Signore voleva distruggere Sodoma e Gomorra, ma Abramo gli disse: «Forse ci sono cinquanta giusti nella città. Che farai in tal caso? Davvero farai perire anche quelli? Non perdonerai a quel luogo per amore dei cinquanta giusti che vi sono?». E il Signore disse: «Se trovo nella città di Sodoma cinquanta giusti, perdonerò a tutto il luogo per amor di loro». E Abramo continuò «Forse ne troverai quaranta giusti? Che farai?». E il Signore: «Non lo farò per amore dei quaranta». E così via, fino a quando Abramo disse al Signore: «Forse i giusti sono solo dieci…». E il Signore promise che in nome di solo dieci giusti non avrebbe distrutto nulla.
Ecco, la ragion di Stato volutamente ignora questi concetti. Li chiama danni collaterali. E chi li subisce? La povera gente. La guerra è sempre sbagliata, a prescindere!
Nella Lettera Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco troviamo i seguenti punti da tener sempre presenti.
256. «L’inganno è nel cuore di chi trama il male, la gioia invece è di chi promuove la pace» (Pr 12,20). Tuttavia, c’è chi cerca soluzioni nella guerra, che spesso «si nutre del pervertimento delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della diversità vista come ostacolo».
257. Poiché si stanno creando nuovamente le condizioni per la proliferazione di guerre, ricordo che “la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli”.
A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale».[238] Voglio rilevare che i 75 anni delle Nazioni Unite e l’esperienza dei primi 20 anni di questo millennio mostrano che la piena applicazione delle norme internazionali è realmente efficace, e che il loro mancato adempimento è nocivo. La Carta delle Nazioni Unite, rispettata e applicata con trasparenza e sincerità, è un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e un veicolo di pace. Ma ciò esige di non mascherare intenzioni illegittime e di non porre gli interessi particolari di un Paese o di un gruppo al di sopra del bene comune mondiale. Se la norma viene considerata uno strumento a cui ricorrere quando risulta favorevole e da eludere quando non lo è, si scatenano forze incontrollabili che danneggiano gravemente le società, i più deboli, la fraternità, l’ambiente e i beni culturali, con perdite irrecuperabili per la comunità globale.
258. È così che facilmente si opta per la guerra avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione (…). Così si vogliono giustificare indebitamente anche attacchi “preventivi” o azioni belliche che difficilmente non trascinano «mali e disordini più gravi del male da eliminare».[240] La questione è che, a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, «mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene». [241] Dunque non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra! [242]
259. È importante aggiungere che, con lo sviluppo della globalizzazione, ciò che può apparire come una soluzione immediata o pratica per una determinata regione, dà adito a una catena di fattori violenti molte volte sotterranei che finisce per colpire l’intero pianeta e aprire la strada a nuove e peggiori guerre future. Nel nostro mondo ormai non ci sono solo “pezzi” di guerra in un Paese o nell’altro, ma si vive una “guerra mondiale a pezzi”, perché le sorti dei Paesi sono tra loro fortemente connesse nello scenario mondiale.
Il Papa con decisione afferma che “davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri”.
“Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi come è possibile che sotto un cielo così possano vivere uomini senza pace”.
(Dostoevskij)
Il mondo è davvero a pezzi in tutti i sensi, ma la fiaccola della speranza è sempre accesa nel cuore della gente che si sta adoperando in mille modi per accogliere fratelli e sorelle che scappano, strappati agli affetti familiari, ma che per fortuna trovano braccia aperte e cuore fraterno! Ad una donna anziana cui un giornalista si è avvicinato per chiedere che cosa stesse facendo il Signore, sembra che la donna abbia risposto con molta semplicità: “Non lo vede? Sta già ricominciando”.
Con la Chiesa in prima linea! Il Papa stesso si è reso disponibile alla mediazione. Intanto, spedisce i Cardinali Konrad Krajewski, l’elemosiniere Pontificio a Leopoli e Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale in Ungheria, come segno di vicinanza di Papa Francesco ai profughi, non come politici o negoziatori, ma come pastori. “Il Santo Padre vuole essere presente in questa terra martoriata. La presenza è il primo nome dell’amore”: così si è espresso il card, Krajewski. Ecco, Dio è Presenza amorevole attraverso le creature dalla coscienza desta.
Dove ora viene seminata morte, Lui – misteriosamente – inizia a coltivare speranza. Per ridare senso alla vita in questi giorni di guerra, unica prospettiva di vittoria è avere un cuore pieno di amore perché, come ha detto Gandhi “un uomo vale quanto vale il suo cuore”.
Anche sotto le macerie nasce il fiore della speranza!
Facciamo nostra la preghiera – l’arma più potente del mondo – di Mons. Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli.
“Perdonaci la guerra, Signore.
Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori!
Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi!
Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi!
Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbi pietà di noi!
Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!
Perdonaci Signore,
se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi.
Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte.
Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele. Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo l’efferatezza dei nostri gesti.
Perdonaci la guerra, Signore.
Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino!
Illumina la nostra coscienza,
non sia fatta la nostra volontà,
non abbandonarci al nostro agire!
Fermaci, Signore, fermaci!
E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello.
O Signore, poni un freno alla violenza!
Fermaci, Signore!”
Ci riuscirà difficile chiamare “fratello” anche Caino, ma la pace comincia nel nostro cuore col perdono, un ponte che ci unisce. Allora la pace non è un narcotico propinato dalla Chiesa, ma il “luogo” dove tutti possiamo vivere la fratellanza perché davvero il nostro cuore “riposa” senza affanni, senza violenze, solo guardando a Lui, fonte di comunione e di speranza. •
Madre M. Cecilia Borrelli
Abbadessa Monastero Benedettine di Fermo