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La Chiesa va in fabbrica

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Il 6 gennaio 1955 il nuovo arcivescovo Giovanni Battista Montini fece ingresso nella diocesi lombarda e come primo gesto baciava la terra milanese, gesto che ripeterà nei suoi viaggi apostolici.
Nel giorno d’inizio, egli offrì il pranzo a 1600 poveri della città. E nel primo incontro nel duomo metropolitano affermava la sua identità: “Apostolo e vescovo io sono: pastore, padre, maestro ministro del Vangelo; non altra è la mia funzione tra voi “.
Chiaramente il Montini riconosceva e si dava i limiti senza pretendere mai di capire tutto; ma guardava la città che nel suo frenetico mutamento considerava il tempo come denaro. Nelle periferie tra gli agglomerati abitativi fece costruire altre 123 chiese, luoghi comunitari che egli visitava.
L’arcivescovo agiva, come i primi messaggeri di Gesù Cristo risorto, negli Atti degli apostoli,: si adeguava agli emergenti bisogni umani in quella fase del nuovo boom economico e finanziario lombardo. Il motto “Nel Nome del Signore” dice bene il suo programma.
La carità lo portava ad una azione d’abboccamento, in gran parte nascosta, nel fare visite agli indigenti, vestito da semplice prete, senza che lo si sapesse e vuotava il suo guardaroba per dare ai poveri.
Nella grande missione del 1957 con 720 corsi predicati da 18 vescovi, tra cui il fermano Norberto Perini, con 83 sacerdote e con 300 religiosi oltre che nelle chiese trasmetteva la fede parlando nelle visite a fabbriche, cortili, caserme, ospedali, uffici.
Visitava le persone nei loro luoghi per incontrare tutta la popolazione e dare a tutti, compresi i lontani della fede, l’annuncio della pace cristiana. Cosa voleva fare? Voleva evangelizzare. Incontrava in gruppo anche le giovani fotomodelle che invitava a riunioni.
Durante il suo episcopato la capitale lombarda ebbe un cambiamento convincente nel modo di affrontare i problemi sociali e politici per compiere nuove opere della pace. Tutti i volenterosi di fare opere buone si collegarono insieme. Ecco a Milano nel 1961 la prima giunta di centro-sinistra che faceva seguito alla precedente lunga prevalenza socialista.
E dopo Montini le cose seguitarono per oltre mezzo secolo nell’elaborare la concordia operosa delle diverse forze, pur nel divario dei fronti economici e finanziari. Don Giussani chiedeva la partecipazione alla Gioventù Studentesca poi a Comunione e Liberazione, incontri un po’ elitari e borghesi nella fase iniziale.
Il cardinal Montini gli scriveva schiettamente: “ Io non capisco le sue idee e i suoi metodi, ma ne vedo i frutti e le dico: vada avanti così”. Don Luigi andò avanti con una partecipazione non più elitaria.
Gabrielle Cantaluppi ha scritto che Montini a Milano fece gesti inusitati per quei tempi.
Penso tra questi siano da considerare le sue visite. •

Antimo Lorcassi

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