Una scelta che contrasta con i requisiti stabiliti dal governo (Macerata non ha la popolazione sufficiente, ad Ascoli-Fermo manca la superficie), ma che, indipendentemente da come andrà a finire, esprime una volontà politica e storica ben precisa da parte del massimo organo legislativo marchigiano. I consiglieri regionali, di fronte a due territori da salvaguardare dalla scure dei tagli, hanno scelto di stendere la mano ad uno, lasciando precipitare l’altro. “La Provincia di Macerata ha una storia e una tradizione” è stata una delle giustificazioni. Sotto questo punto di vista, Fermo era circoscrizione provinciale fino all’unità d’Italia e la sua importanza era riconosciuta in campo medico, scolastico ed anche (tuttora) religioso. In più, la nuova Provincia di Fermo era stata istituita dopo un perfetto iter costituzionale: richiesta di 40 comuni, fatta propria dal Consiglio regionale.
E questo è il primo paradosso: l’organismo che meno di venti anni fa la riteneva necessaria, oggi la getta a mare solo perché c’è un’esigenza di tagliare i costi della politica. E qui casca il secondo paradosso: presidente, assessori e consiglieri provinciali di Fermo, tutti insieme, costano meno di uno solo di quei consiglieri regionali marchigiani che, in nome del risparmio, l’hanno voluti cancellare. La fine di Fermo nasce dalla scelta del governo Monti di individuare nelle province il ramo da tagliare dell’albero politico-amministrativo italiano per non farlo seccare, vista la crisi senza precedenti del Paese. Presidente e ministri tecnici avevano usato una prima volta la sega con il decreto ‘salva Italia’ nel quale le province vengono ridotte ad ente di secondo grado: non più elezioni, ma i pochi consiglieri provinciali previsti (massimo 10 per quelle più grandi) dovranno essere scelti dai e tra i sindaci, e tra loro va nominato il presidente.
Il taglio decisivo il governo lo ha dato poi con la ‘spending review’: le Province devono avere almeno 35mila abitanti e una superficie di 250mila chilometri quadrati. Nelle Marche, dunque, requisiti rispettati solo da parte di Pesaro-Urbino, con Ancona salva in quanto capoluogo di provincia (una deroga prevista dalla legge), mentre Macerata, Fermo ed Ascoli erano destinate a formare un unico territorio. Abitanti e superficie sono i due criteri scelti per ridurre i costi della politica. E qui sta il terzo paradosso: un territorio – il Fermano – da tutti definito un ‘modello’ economico e industriale che ha fatto le fortune dell’Italia perché piccolo, viene cancellato proprio per le dimensioni insufficienti.
Deve scomparire istituzionalmente e geograficamente, anche se è quello (l’unico) che tira l’economia marchigiana e con le esportazioni delle imprese calzaturiere consente un segno positivo al pil regionale. E viene cancellato anche se la Provincia di Fermo è un esempio di gestione snella e virtuale. Tutto questo non conta e per i consiglieri regionali non basta per meritare una deroga come quella che hanno chiesto per salvare Macerata. Più di sempre il Fermano si sente terra di serie B. •