“Tutto è iniziato quasi per caso – racconta papà Stefano -. Non pensavo davvero di riuscire, con mio figlio Francesco, a fare tutto quello che invece stiamo realizzando oggi. Ora è capace di cose, secondo me, davvero inspiegabili”. “Sarebbe andato in bici da solo ma non conosce le regole del codice della strada e, allora, ho pensato di correre insieme, ma stavolta in tandem, per guidarlo nel suo percorso”. Papà Stefano ha fatto una ricerca attraverso internet. Ma nessuno dei tandem proposti attraverso la rete sembrava fosse adatto a loro. Così ha trovato un artigiano telaista e ha pensato di far costruire quel tandem su misura. Da qui è iniziata la loro avventura. Lo sport come terapia. Nel 2013, dopo una serie di prove è arrivata per loro la prima importante gara: la maratona delle Dolomiti, classificata come “granfondo”, che ogni anno richiama l’attenzione di migliaia di atleti e richieste di adesione in rappresentanza di oltre 60 nazionalità. Parteciparono in una categoria agonistica ancora oggi inesistente per la Federazione ciclistica italiana perché, fino ad allora, nessuno aveva mai provato a gareggiare in sella ad un tandem.
“L’input di correre in bici con mio figlio – racconta il padre – è partito dal fatto che lui praticava sia nuoto che atletica, ma sempre nel mondo della disabilità. Così ho pensato alla sfida d’inserire Francesco nel mondo agonistico dei normodotati. Allenamento dopo allenamento, unendo la mia energia alla sua, in un tandem non solo fisico ma anche relazionale, di affetto, di passione per lo sport, questa idea ha centrato l’obiettivo”. Oggi Francesco riesce a stare anche 4 ore in bici percorrendo fino ad 80 chilometri al giorno e con il padre è capace di percorsi con salite fino a raggiungere vette di oltre 2000 metri. E quello che sembrava impossibile oggi si realizza.
È migliorato in moltissime cose della vita di tutti i giorni. Stefano, che ha vissuto gran parte della sua vita nel mondo dello sport prima come atleta e poi come tecnico di una società sportiva, ora ha deciso di fondare l’associazione Born to run team di Sant’Elpidio a Mare creata per supportare i ragazzi autistici attraverso lo sport terapeutico e sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi d’integrazione che questa condizione può creare. Una realtà che ora Stefano sogna di far crescere coinvolgendo altri giovani come Francesco nel mondo del ciclismo e supportandoli attraverso questa disciplina.
Un progetto per Francesco. “Questo progetto è partito proprio per Francesco. Mi sono sempre opposto alla proposta di inserirlo in una struttura per disabili. C’è una forza che mi ha mandato avanti sin dall’inizio: ho sempre visto mio figlio per le sue abilità più che per le sue disabilità. L’ho sempre agevolato in quello che è in grado di fare”
I genitori scoprirono dell’autismo di Francesco quando lui aveva tre-quatto anni. Prima si relazionava bene con i bimbi della sua età, poi all’asilo ha iniziato di colpo a isolarsi, a non tollerare il rumore. Guardava un cartone e voleva riavvolgere il filmato sempre sulla stessa scena.
“Per noi genitori il chiodo fisso che ci assilla è come sarà ‘il dopo di noi’. Sono partito da questo presupposto: più che pensare al futuro si deve valutare l’oggi, solo così la qualità della vita per noi farà la differenza. Occorre puntare ai piccoli miglioramenti giorno dopo giorno, nella consapevolezza che non sarà mai del tutto autonomo”.
I genitori non hanno mai voluto convincerlo a fare cose che fossero al di là delle sue possibilità. Stefano e Francesco, il 14 giugno sono stati a Passo Corese, vicino Monterotondo, per la Gran fondo città di Fara in Sabina e molte altre gare li attendono. “Oggi dopo tutto quello che abbiamo vissuto, Francesco mi ha fatto tornare indietro di 20 anni. Mi sto allenando come quando competevo agli esordi della mia carriera e mi riempie il cuore sapere che lui attraverso lo sport stia molto meglio. Francesco è la mia gioia e il mio orgoglio”. •
Tamara Ciarrocchi