Dalla tradizionale Filotea per i defunti della Diocesi di Milano del 1901:
“Il suffragio più utile alle Anime, che abbisognano di espiazione, è senza dubbio il santo sacrificio della Messa. Il Salvator nostro è venuto in questo mondo per espiare. Immolandosi sul Calvario, Egli si è offerto vittima per le nostre colpe, ed è morto per cancellare i nostri peccati. Ora il santo sacrificio della Messa è, quanto alla sostanza, il medesimo del Golgota. Sull’altare, come sulla Croce, il Signor nostro si offre per noi. Egli si sostituisce al peccatore, e, mercè le sue suppliche e le sue opere, cerca ottenergli perdono. Le Anime sante del Purgatorio, lungi dall’essere escluse dalle soddisfazioni che Gesù Cristo offre al suo divin Padre, ne raccolgono invece frutti abbondantissimi. Il Sangue della Vittima sacrosanta, scendendo come pioggia benefica nel fuoco che tormenta quelle Anime, ne tempra l’ardore e ne abbrevia la durata.
Il valore d’una Messa sola è tale che basterebbe a vuotare il Purgatorio se, come spiegano i sacri Dottori, Gesù medesimo non ne limitasse l’applicazione secondo i suoi altissimi fini e le disposizioni di chi l’offre e di chi deve conseguirne il frutto. Perché adunque tanta negligenza in molti di noi a valersi di questo gran mezzo? Non si richiedono grandi spese per far celebrare qualche Messa; e Dio, in ricambio di questo atto di religione e di carità, dà più largamente i suoi doni. Non si richiede molto tempo per assistere al Santo Sacrificio, ed è quello il miglior tempo della giornata. Si passerebbero delle ore intere accanto alle persone care, se fossero ancora con noi; e si crederà onerosa, o quasi importuna od inutile, la mezz’ora passata appiè dell’altare per ascoltare in suffragio dei defunti la Santa Messa?”
Questo testo dai toni forse un po’ desueti, ci fa comprendere la teologia che sostiene il senso cristiano del suffragio verso i defunti; esso infatti vuole essere una esortazione a partecipare alla Messa in espiazione dei peccati dei defunti per aiutarli a rendersi puri per poter presto partecipare in pienezza alla vita in Dio nel paradiso.
Se leggiamo il n. 1032 del Catechismo della Chiesa Cattolica, troviamo infatti un’indicazione interessante: “Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: «Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti: «Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? […] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere »”.
Questo perché, come ci ricorda il n. 1030 dello stesso Catechismo: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo”. Proprio perché alcune colpe possono essere rimesse, come già affermava San Gregorio Magno, “in questo secolo e altre nel secolo futuro” (San Gregorio Magno, Dialoghi, 4, 39).
La Messa di suffragio, allora, è quella Celebrazione eucaristica in cui la Chiesa orienta la preghiera affinché i frutti di essa vengano da Dio accolti in sconto dei peccati commessi dai defunti mentre erano su questa terra perché a loro rimetta la pena connessa ad aver compiuto tali peccati. È possibile quindi, per noi superstiti, comunicare con i morti, proprio in virtù della comunione dei santi: noi possiamo essere determinanti per la loro definitiva purificazione…
Ma c’è di più: essi, una volta entrati nel Paradiso di Dio, possono a loro volta intercedere per noi: ci conoscono e conoscono il mondo che hanno lasciato, conoscono le nostre cose, i nostri problemi e ne parlano fra loro e con Dio; possono esserci vicini: intervengono ancora nel mondo e vi sono presenti con la loro preghiera, con la forza del loro amore, con le ispirazioni che ci offrono, con gli esempi che ci ricordano, con gli effetti della loro intercessione.
“L’amore è forte come la morte”, dice il Cantico dei Cantici (Ct. 8,6), ma potremmo dire che, dopo la risurrezione di Gesù, l’amore ha dato prova di essere più forte della morte; l’amore che i defunti hanno nutrito per le persone care non l’hanno perduto. Lo conservano in cielo, trasfigurato e non abolito dalla gloria.
C’è una modalità particolare di presenza dei nostri morti che va considerata. Essi sono presenti presso ogni altare su cui si celebra l’Eucaristia. Sono presenti con la loro adorazione e con il loro amore per Gesù e anche con il loro amore per noi che ci ritroviamo a celebrare l’Eucaristia.
È senz’altro vero che c’è e rimane un terribile velo tra il mondo visibile e quello invisibile. Tuttavia è altrettanto vero che quell’’amore più forte della morte, in Cristo risorto, riempie il cuore e la vita dei nostri cari defunti. Lo stesso amore di carità che è in noi è in loro, anzi: in loro ora si manifesta in pienezza; e, proprio a partire da questa pienezza, essi ci raggiungono e noi pure ci congiungiamo con loro, con il nostro amore e con la nostra preghiera.