La perfezione non esiste. Lo squillo del telefono e le certezze crollano.
Parcheggio l’auto sotto le mura di Corridonia e mi accingo a salire le scalette che le varcano per introdurmi nei meandri di vicoli tra case e palazzi di un tempo in cui il mattone rivelava la personalità della città. Appunto! Mattone su mattone …
Le ultime luci del giorno mi accompagnano, in questa fresca e luminosa serata di primavera, all’ingresso di una casina, minuto inserto tra le mura continue di case affiancate che delimitano il vicolo.
Il sorriso di Anna Laura mi accoglie sull’uscio e mi invita nella sua dimora che, attraverso un minuscolo atrio, introduce ad una cucina. Uno spazio arredato con l’eleganza della semplicità che abbina il moderno al fascino della tradizione (obbligo affatto scontato per una ristrutturazione abitativa in centro storico). Attiguo alla cucina, uno splendido spazio caratterizzato da una volta ad archi, tipici delle antiche cantine, arredato a salotto.
Sono ancora al primo sguardo di gradevole stupore, quando sentiamo il rombo sommesso di un auto proveniente dal vicolo. Attraverso la finestra vediamo la folta chioma di Simone affiorare, con i suoi riccioli sapientemente disordinati, dallo sportello aperto nella sua Cinquecento scura. Un volto cordiale e leggero che ci saluta con gioia ed esultanza.
Ci accomodiamo intorno al tavolo e ringrazio della squisita ospitalità Anna Laura mentre prepara il caffè.
Anna Laura è la segretaria di produzione che ha seguito ad ogni passo la realizzazione e la promozione del film Come saltano i pesci. Pensato, prodotto ed interpretato da Simone Riccioni, il film è nelle sale d’Italia dal 30 marzo e siamo già a qualche settimana dall’uscita.
“Come sta andando la programmazione?” chiedo a Simone.
E lui: “Davvero molto bene, siamo molto felici, nella prima settimana di uscita siamo stati la miglior media copia in Italia, cioè il migliore incasso per numero di copie distribuite nelle sale: davvero una grandissima soddisfazione”.
Nelle Marche, mi sembra di capire, i risultati sono stati buoni?
“Nelle Marche abbiamo avuto davvero una risposta eccellente, non pensavo potessero coinvolgersi così tante persone marchigiane”.
E nelle altre regioni d’Italia?
“Nelle altre regioni ci sono stati altri tipi di numeri, ma siamo soddisfatti perché il film è stato notato e apprezzato sia dalla critica che dal pubblico. Il pubblico, soprattutto, ha dimostrato una dinamicità e un desiderio di partecipare che ha avuto nei social una modalità espressiva straordinaria”.
Il film è una storia di vita intelligente, interrogativa, assertiva, mai sopra le righe e dalla conclusione aperta. Coinvolge e chiede allo spettatore di entrare nel personaggio, di divenire a sua volta interprete.
Hai scelto di mettere in piedi una produzione indipendente per non sottostare a pressioni che avrebbero compromesso questa storia del film in cambio di una migliore distribuzione e visibilità. Qual è stato il prezzo da pagare? Quali scelte hanno limitato la realizzazione dell’opera?
“Magari avremmo avuto più pubblicità e più soldi, ma sarebbe stato poco importante se tutti non ci fossimo realmente innamorati della storia. Avere i soldi o una grossa casa di distribuzione non è sinonimo di successo. Sono contento di dire che siamo un “caso nazionale”, come dice il giornale Libero, un Film Rivelazione. Grazie”
Se avessi avuto centomila euro in più, come li avresti investiti e perchè?
“Probabilmente li avrei usati per migliorare la parte di distribuzione, e riuscire ad ottenere maggiori cinema”.
Che cosa avresti migliorato nella realizzazione tecnica?
“Bella domanda, non riesco a dare una risposta precisa. Ma, tutto sommato, al di là degli escamotage tecnici, l’importante è che sia passato un messaggio che guarda alla persona, riguarda ciascuno di noi e restituisce speranza nella vita e negli altri senza soffermarsi sui limiti di ognuno”.
Lo staff che abbiamo visto al lavoro sul grande schermo è certamente di grande qualità tecnica e professionale ma non è passato inosservato che fosse presente un fattore X, un plus che è stato capace di manifestare un’anima inconsueta, che ha chiesto a ciascuno di voi di non farne soltanto una questione di “mestiere”. Cos’è?
“Ci siamo tutti innamorati della storia, ecco il fattore X, sentivamo il film personalmente nostro. Direi che, in questo caso, la fiction è riuscita ad andare al di là della finzione, o meglio: sul set tutto è stato finzione ma non c’è stato nulla di falso”.
In questa storia ho trovato molti aspetti e caratteri che, mi sembra, ti sono arrivati dalla “tua Africa”: il senso della libertà come stupore, lo spazio come infinito, il tempo come un dono continuo, l’incontro dell’altro come ricerca della gioia e non solo come competitore, ed altri ancora. Pensi possibile che questo spaccato culturale e di mentalità possa ancora fare breccia nei cuori della “nostra Europa”? E come?
“Assolutamente sì. Tutti vogliamo essere felici, tutti vogliamo inseguire i nostri sogni, credo che tutte le persone cerchino questo”.
Una musichetta si sente provenire da sotto il tavolo. Con la sua espressione da “bravo ragazzo”, curva la testa verso destra per osservare il display del suo smartphone. È l’ennesima chiamata che gli arriva durante la nostra chiacchierata e che, con un gesto elegante del pollice, chiude. Con un sospiro profondo inarca le sopracciglia come per ingrandire lo sguardo che parla di giorni ancora frenetici, densi di incontri e di presentazioni che lo rimbalzano da un posto all’altro dell’Italia.
Mi congedo ringraziando Anna Laura della squisita ospitalità e Simone della sua disponibilità.
In cuor mio mi riprometto di incontrarli di nuovo a giochi conclusi con l’augurio che quel salto visto nella scena finale del film sia foriero di progetti futuri che sappiano scaldare ancora il nostro cuore. •