La risurrezione è ridirsi ogni giorno, come tra marito e moglie, che l’amore vince ogni dolore
Risorgere: fin da bambina ho sentito questa parola spesso ripetuta da sacerdoti al catechismo o nelle celebrazioni eucaristiche, da tutti nelle recita del Credo. Crescendo l’ho ritrovata nella lettura del Vangelo e negli scritti di santi, papi, vescovi, teologi, etc. Man mano questo termine è entrato a far parte della mia vita spirituale, sospesa tra il mistero e la speranza, convinta particolarmente dalla parole di Paolo che se non credessimo alla Resurrezione la nostra fede sarebbe vana. Da adulta ho dato per scontato di credere nella Resurrezione come meta ulteriore nella Vita Eterna; ma ogni tanto mi è capitato di chiedermi se credere nella Resurrezione è solo pensare ad un evento promesso da Gesù sul dopo della nostra vita terrena. Me lo sono chiesta in particolare di fronte ai fatti più dolorosi e duri della mia vita.
Mi sono detta: “Possibile che tutta l’enorme portata di questa parola che, nel vocabolario, significa tornare in vita dopo la morte, Dio l’abbia limitata alla Resurrezione ultima?” Oggi provo a chiedermelo di nuovo, dopo essere passata attraverso tante morti, non solo fisiche di persone amate e conosciute, ma anche interiori, nelle relazioni personali, nel lavoro, in parrocchia, negli impegni ecclesiali e civili, in famiglia, con me stessa. Tante volte, nei passaggi più difficili ed oscuri mi sono detta “ce la posso fare”. Tante volte, perdendo questa forza, ho invece detto a Dio “ti prego aiutami non ce la faccio”. Oggi più che mai credo che la Resurrezione sia, anzitutto, una esperienza umana e terrena, che ci fa toccare con mano il più grande mistero, per aiutarci a credere, ad attendere ed a gustare la Resurrezione ultima. Ogni giorno sperimento la discesa e la risalita, ogni giorno salgo un pezzo di Calvario e provo a guardare oltre per scorgere il sepolcro aperto, certezza della Resurrezione. A volte sono tentata di fermarmi ai piedi del “calvario” quotidiano perché non è facile caricarsi sempre ed a lungo della pesante croce della vita e salire fino in cima, ma poi mi rendo conto che stare ferma e guardare chi ci prova, mi rende triste e rassegnata. Una tristezza che riconosco negli sguardi e nei cuori di tante persone che del proprio pessimismo anno una ragione di vita e un’arma di convincimento, ma anche nel volto di tante realtà, chiuse e ripiegate su sé stesse, che puzzano di chiuso, più che odorare di fresco e di accogliente. Certo non posso dire che vivere sia facile, né che caricarsi della propria croce sia leggero, né che condividere una realtà o un impegno sia scontato, però è questa per me la Resurrezione: ridirsi ogni giorno, come tra marito e moglie, che l’amore vince ogni dolore. La Resurrezione è la certezza che accanto a me c’è sempre “qualcuno” che in qualche modo mi dà una ragione per continuare e per ripartire. È nello sguardo di un figlio? Nell’aiuto di un genitore? Nella comprensione di un marito? Nell’aiuto di un collega? Nella mano tesa di un immigrato? Nel sorriso di un passante … non lo so! So solo che Dio costella di “gente” il mio cammino quotidiano per dirmi semplicemente “ …sono con te. Insieme stiamo salendo il Calvario, insieme incontreremo la vita”. •