Una lunga storia che collega Marche e Brianza
Proprio in quell’anno stavo preparando, assieme all’amico Amedeo Salamina, professore di Ed. Tecnica, un audiovisivo sulla figura di Giancarlo Puecher, partigiano e cristiano fucilato dalla Guardia Nazionale Repubblicana sul muro di cinta del cimitero di Erba, prima della stradina che conduce al laghetto di Alserio.
Il presidente del centro “Puecher” mi segnalò il libro di Giacomo De Antonellis: Il caso Puecher, morire a vent’anni partigiano e cristiano. Mi gettai nella lettura, fino a costruire un’intera sceneggiatura per un documentario su Giancarlo Puecher. Realizzammo delle riprese con la telecamera sulla villa dei Puecher a Lambrugo, sul luogo della fucilazione, nella stanza della Prefettura di Como, dove fu emanata la sentenza. Non riuscimmo a mettere insieme tutte le riprese, come invece eravamo riusciti a fare nei due anni precedenti con I quaranta giorni della Repubblica dell’Ossola (Audiovisivo che fu acquistato dalla Regione Lombardia) e I martiri di Pessano (documentario comperato dalla Pro Loco di Carate Brianza).
Leggendo il libro di Antonellis scoprii il legame di Giancarlo Puecher Passavalli con Mons. Luigi Puecher Passavalli di cui avevo appena sentito parlare quando abitavo a Morrovalle. Scrive Giacomo Antonellis: «I Puecher Passavalli. Un punto fermo nel loro albero genealogico risale al 1558, anno in cui alcuni documenti riferiscono di un certo Stefano Puecher figlio di Cristiano residente a Roveda nell’alta Valle del Fersina, provincia di Trento. Nel 1770 un suo discendente, Giovanni, era andato a stabilirsi a Pergine in Valsugana, meritandosi per questa breve trasmigrazione l’appellativo di “Passavalle”. Giorgio, suo figlio, avvocato e notaio, irrequieto e avventuroso, continuava a peregrinare di valle in valle e a mettere al mondo figli. Dalla moglie Amalia de Bellat ne ebbe, infatti, ben otto e tre di loro particolarmente intelligenti e insigni: Francesco amicissimo del filosofo Rosmini, Ignazio patriota e legale della Real Casa e Giuseppe che, vestendo il saio dei cappuccini e prendendo il nome di fra’ Luigi, divenne arcivescovo. Dai fratelli di Giorgio si staccarono poi due rami. Uno, proteso verso la cultura mitteleuropea, andò ad abitare a Trieste. Qui, Edmondo, di fede socialista, diventò elemento di spicco nella vita politica locale, subendo la deportazione a Dachau, ma riuscendone a tornare vivo. L’altro ramo si diresse verso la Lombardia, fermandosi a Como, dove nacque il notaio Giorgio, papà di Giancarlo» (Giacomo de Antonellis, Il caso Puecher, morire a vent’anni, partigiano e cristiano, pag.43- 45).
Giorgio Puecher Passavalli (Como 14 maggio 1887 – Mauthausen 7 aprile 1945), si sposava con Anna Maria Giannelli (Milano 1889) e dal matrimonio (14 aprile 1920) nascevano: Giancarlo Puecher Passavalli (1923), Virginio (1926) e Gianni (1930).
Luigi Puecher Passavalli (Galliano 1820 – Morrovalle 1897) era il prozio di Giancarlo Puecher.
Giuseppe – questo fu il nome di Battesimo di Padre Luigi – nacque a Calliano in Vallelagarina il 29 settembre 1820 Studiò belle lettere a Rovereto, Trento e Bolzano. Terminato il corso ginnasiale, sentendosi chiamato alla vita claustrale, entrò nell’ordine dei Cappuccini. Compiuto il periodo del noviziato nel convento di Ala, fu destinato allo studio di filosofia e teologia, distinguendosi eminentemente fra i suoi condiscepoli. Ultimato lo studio, si diede con amore all’ufficio della predicazione, e le sue orazioni piacquero molto. Essendo poi stato eletto Predicatore apostolico il Re.mo Ignazio Signorini da Rovereto, andò a Roma con lui quale segretario e rimase colà per due anni, cioè fino alla morte del Re.mo Ignazio da Rovereto, e poi un altro anno ancora quale segretario del Rev.mo Procuratore Gen. le. Ritornato in patria, fu eletto Ministro provinciale e intanto predicò in varie città d’Italia, specialmente nelle quaresime, sempre con molto successo.
Dopo il suo provincialato, cioè nell’autunno dell’anno 1855, fu nominato dal Sommo Pontefice Pio IX Predicatore apostolico e consultore dei Sacri Riti. Il gravissimo ufficio di Predicatore apostolico lo sostenne per dodici anni, sempre ammirato e applaudito. Compiuta la predicazione al sacro Palazzo, il Pontefice Pio IX lo nominò in premio Arcivescovo titolare d’Iconio (Turchia), alla quale dignità fu consacrato il 17 maggio 1867. Fu pure nominato Vicario della patriarcale basilica di S. Pietro in Roma. (Domenico Mariani, Mons. Luigi Puecher Passavalli 1820- 1897, in www.rosmini.it).
Mons. Luigi Puecher Passavalli fu incaricato direttamente dal Papa Pio IX di tenere il discorso di apertura del Concilio Vaticano I che iniziava i suoi lavori l’8 dicembre 1869. Il vescovo di Iconio si smarcò dal pontefice quando in Concilio si aprì il dibattito sull’infallibilità del Romano Pontefice, disputa fortemente voluta dal Papa.
Mons Luigi Puecher Passavalli non aveva mai tenuto nascoste le proprie idee contro l’infallibilità del pontefice. “Giudicava le definizione dell’infallibilità un’offesa sacrilega alla Santissima Trinità in quanto avrebbe trasformato l’ufficio del supremo pastore in un dispotico sultanato e l’ovile di Cristo in un centro di schiavi. Scriverà più tardi – nel 1891 – che la Chiesa non può definire se non ciò che è stato rivelato da Gesù Cristo. Ora l’infallibilità del Papa non era nella tradizione reale della Chiesa” (G. De Antonellis, pag. 45).
Quando si tenne la seduta conclusiva (18.07.1870) fu assente per malattia. L’indisposizione del prelato era reale e oggettiva, ma non fu creduta tale. Il Papa, entrando quel giorno nell’aula conciliare, ebbe notizia dell’assenza di Mons. Passavalli e avrebbe esclamato con ironia a chi glielo aveva dato per malato: “Sì, malato di testa”.
La cosa, riferita all’interessato, provocò un grande dispiacere a Mons. Passavalli che, da allora scelse di allontanarsi da Roma per rifugiarsi a Morrovalle dove, con i proventi delle sue pubblicazioni e con l’aiuto finanziario del fratello Ignazio si era fatto costruire dal nipote Silvio una casa, dove abitò dal 1880 fino alla morte avvenuta il 4 ottobre 1897. Venne sepolto, secondo il suo desiderio, nella cappella cimiteriale dei Cappuccini di Civitanova. A Morrovalle studiò, operò pastoralmente con le facoltà che la sua condizione di vescovo gli permettevano, qui ricevette ospiti e fu in relazione epistolare con personaggi illustri, qui anche soffrì per gravi calunnie da cui dovette pure difendersi davanti alle autorità romane.
L’amico dott. Paolo Manciola di Morrovalle mi segnala che in due volumi, dove sono riportati alcuni lavori di mons. Luigi Puecher, acquistati per il comune di Morrovalle e lasciati lì, in attesa di uno studioso che voglia metter mano a un lavoro di ricerca, si trovano alcuni passaggi anche gustosi.
Un amico da Roma gli scriveva dicendogli di stare attento all’inquisizione perché a Roma arrivavano delle lettere, scritte dai preti di Morrovalle, nelle quali si diceva che un parente del Passavalli era dipinto come gran bestemmiatore e frequentatore di taverne.
Passavalli gli rispondeva asciutto che in paese abbondavano bestemmiatori e taverne, ma il proprio familiare ne era del tutto estraneo.
Un altro profondo interesse dell’Arcivescovo Passavalli durante il ritiro di Morrovalle fu quello per il Towianesimo, movimento spiritualista presentatogli dal senatore Tancredi Canonico. Mons. Luigi Puecher Passavalli e il senatore Canonico, incontratisi nel 1876 per la mediazione del Loyson, si compresero subito sino in fondo, si legarono in amicizia, si scrissero dal 1876 al 1897. Il senatore fu il confidente più intimo dell’Arcivescovo e il custode più geloso di tanti suoi scritti. Ambedue aspirarono a un rinnovamento integrale della Chiesa, inteso come un ritorno alla purezza della fede e a quella libertà di spirito vissuta dai cristiani dei primi secoli.
Le visite di Tancredi Canonico a Puecher Passavalli divennero sempre più frequenti, gli scambi di vedute sempre più confidenziali finché il Canonico credette giunto il momento di parlare a Monsignore di Andrea Towianski e del suo movimento.
Il Canonico aveva aderito al movimento da venticinque anni e vi vedeva la via più concreta per riformare la Chiesa e riportarla alla sua genuina missione. Ne aveva scritto anche al Papa e Monsignore Passavalli, al sentir questo, volle vedere lo scritto, perché il liberare la Chiesa da ogni vano formalismo, era – confessò – il problema di tutta la sua vita.
L’Arcivescovo volle penetrare nella vera essenza del movimento towianista e leggere gli scritti del mistico polacco. Senza esprimere giudizi di condanna, sottopose a critica, anzi rifiutò di aderire ad alcuni principi che riteneva discordanti dall’ortodossia cattolica. Confessò che il movimento fu per lui come una rivelazione, che lo riempì l’animo d’infinita letizia e lo convinse che, nella luce dello Spirito Santo, Spirito di verità, si fondono tutte le idee, i sentimenti e gli affetti, senza bisogno di comunicarseli con mezzi materiali.
Gli scritti del Towianski ebbero quindi una profonda incidenza nel suo animo e lo portarono a disquisire tra Chiesa vera (comunità di fedeli che vivono in grazia di Dio) e Chiesa delle forme (società gerarchica fondata da Cristo), cui si appartiene per il Battesimo, ma anche in stato di peccato.
Vede la Chiesa come “Popolo di Dio”, che comprende tutte le categorie dei credenti, così come saranno descritte nella Lumen gentium del Concilio Vaticano II.
La chiesetta della Madonna dell’Acqua Santa, edificio sacro fuori le mura di Morrovalle situato sotto la scarpata della strada provinciale per Macerata, con l’annessa abitazione e il terreno attiguo, fino a pochi anni fa, era di proprietà del professor Luigi Puecher Passavalli che l’aveva ereditata da mons. Puecher Passavalli. Sull’origine della chiesetta, sulla fonte d’acqua miracolosa, sugli spazi antistanti all’edificio sacro hanno scritto in molti.
A me interessava solo trovare i legami con mons. Luigi Puecher Passavalli e Giancarlo Puecher Passavalli. Morrovalle, Como, Lambrugo, Milano, Erba, le Marche, la Brianza, luoghi lontani geograficamente sono anche vicini perché visitati e abitati dai Puecher.
Pietro Malvestiti, originario di Apiro, in provincia di Macerata, antifascista cattolico, riparò in Svizzera. Da qui rientrò in Italia ed ebbe un ruolo di primo piano nella breve ma esaltante costituzione della Repubblica dell’Ossola (10.09.1944 – 23.10.1944) quale membro della “Giunta provvisoria di Governo”. Dopo la rioccupazione dell’Ossola da parte delle truppe nazi fasciste, riparò di nuovo in Svizzera. Ricordo che per l’audiovisivo sui quaranta giorni di libertà dell’Ossola lessi tutti i suoi atti di governo oltre al libro di Carlo Bellò L’onesta Democrazia di Pietro Malvestiti, Milano 1985 e volantini del “Movimento Guelfo d’Azione” di cui fu il fondatore. •