Partendo da questo dono materno e dalla filialità a cui tutti siamo chiamati, possiamo contemplare uno degli aspetti più misteriosi legati alla dignità e alla bellezza della nostra Madre; si tratta appunto della sua Assunzione al Cielo (o anche Dormizione o Transito).
Questo mistero ci ricorda un evento culminante di tutta l’esperienza di Maria, quando, «finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo» (Lumen gentium 59).
Ma qual è il motivo di tanto amore e di tanta grazia da parte di Dio? Come afferma Teodoro Studita, la domanda è audace e la risposta difficile, perché siamo di fronte a qualcosa di veramente grande, così grande che solo una fede ed un amore totale lo può cogliere: «Con quali parole spiegherò il tuo mistero? La mia mente è in difficoltà: è un mistero insolito e sublime, che trascende tutte le nostre idee» (II Panegirico sulla Dormizione). Giovanni di Costantinopoli, in una delle sue omelie dedicate all’Assunzione, cerca di rispondere alla domanda da noi posta con parole piene di venerazione rivolte a Maria: «Era conveniente che il tuo spirito restasse sempre possente e vivente e che il tuo corpo fosse immortale. Non si può ammettere che, avendo portato Dio in te, tu avessi potuto essere ridotta in polvere dalla corruzione della morte. Poiché la Madre della Vita doveva essa stessa restare con la Vita, la morte non poteva esser per essa che un sonno e l’assunzione sarebbe così come un risveglio per la Madre della Vita» (I Omelia della Dormizione della Madonna).
A queste considerazioni fanno eco quelle di Giovanni Damasceno il quale, con altrettanto ardore filiale, afferma: «Se Cristo, che è la Vita e la Verità, ha detto: Dove sono io, là sarà anche il mio servo (Gv 12,26), a maggior ragione, come non abiterà con lui sua Madre? Egli era sceso verso di lei: così essa, la creatura amata sopra ogni altra, doveva essere elevata in una dimora più grande e più perfetta, nel cielo stesso (cf. Eb 9,11.24).
Era giusto che colei che aveva ospitato nel suo grembo il Verbo divino si stabilisse nella dimora del suo Figlio. E come il Signore disse che egli doveva essere nella casa del Padre (cf. Lc 2,49), così era necessario che la Madre abitasse nella dimora regale di suo Figlio, nella casa del Signore, negli atri del nostro Dio (Sal 134,2). Perché, se lì è la dimora di tutti quelli che sono nella gioia, dove mai dovrebbe risiedere colei che è la causa stessa della gioia?» (II Omelia sul Transito di Maria).
Credo che bastino tali parole per immergerci nel mistero del Cuore divino che tanto ha onorato la sua amata Madre, e partecipare così anche noi della gioia di Dio. Ma a noi, che siamo i suoi figli, cosa rimane del suo amore, visto che ora Lei è nella gloria del Cielo? È forse diminuita per noi la sua maternità dal momento che è l’Assunta? È ancora Giovanni di Costantinopoli a rispondere al nostro cuore quando, rivolgendosi alla Vergine Maria, le dice: «O tempio vivente della santissima divinità del Figlio unico, Madre di Dio, io ripeto con azioni di grazie: veramente la tua assunzione non ti ha per nulla allontanata dai cristiani. Tu incorruttibile vivi e tuttavia non sei lontana da questo mondo di corruzione; anzi, sei presso chi ti invoca e coloro che ti cercano con fede ti trovano. Poiché tu sei […] premurosa verso i figli; e tutto ciò che tu auspichi Egli lo compie con la sua potenza divina, Egli che è benedetto per l’eternità» (I Omelia della Dormizione della Madonna).
Seppur assunta in Cielo Maria non ha abbandonato il mondo, piuttosto, ora che è immersa nella Vita, con le sue preghiere intercede incessantemente per noi e alimenta la nostra speranza immutabile. Possiamo esser certi che se da un lato il mistero dell’Assunzione è un mistero di vicinanza di Maria a Dio, dall’altro esso è anche un mistero di vicinanza di Maria a noi, una vicinanza così grande che ci permette, senza timore, di rivolgerle fiduciosi la nostra preghiera: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova ma liberaci da ogni pericolo o Vergine gloriosa e benedetta”. •
Don Daniele Cogoni, docente di Mariologia Istituto Teologico Marchigiano