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Europa: non strappiamola

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numero 5Il malumore contro la moneta unica è sempre più evidente. Potrebbe portare frutti amarissimi per gli europeisti convinti. Contro le politiche accentratrici dei burocrati di Bruxelles e Strasburgo in tanti, da tempo, invocano una consultazione popolare. Negli ultimi mesi, i segnali di euroscetticismo sono palesi, sinistri scricchiolii alle fondamenta di un progetto mai troppo solido. Eppure l’Italia è stata da sempre il Paese più europeista. Secondo l’ultimo rilevamento dell’Ipsos ha perso addirittura 21 punti percentuali (passando dal 74 per cento al 53). Un crollo che dovrebbe far riflettere i politici e soprattutto le tecnocrazie europee a cui gli italiani sono sempre più ostili.

Anche perché il crollo della fiducia degli italiani non è un fatto emotivo passeggero, né uno stato d’animo superficiale. Al contrario. Il loro europeismo era a prova di bomba. Hanno accettato di fare sacrifici per entrare nella moneta unica, hanno accettato perfino di farsi spennare da un cambio lira/euro estremamente penalizzante e poi hanno subito – senza fiatare – il sostanziale raddoppio di tutti i prezzi con l’inizio dell’euro (un impoverimento di massa). La loro fiducia è crollata solo davanti alla scoperta che la sospirata moneta unica – che tanto era costata – realizzata in quel modo (senza una banca centrale e un governo come referenti ultimi) era una trovata assurda e fallimentare di tecnocrazie incompetenti e arroganti. Grazie a questo incredibile esperimento, l’Italia – un Paese solvibilissimo e che ha la sesta economia del pianeta – sta ora rischiando il fallimento (del tutto ingiustificato visti i suoi fondamentali). Ma l’Europa e con essa l’Euro è un rischio o un investimento? Il progetto “Europa”, come crogiuolo di popoli che insieme cooperano, collaborano e si sostengono, è idea vincente e necessaria. È il frutto di un progetto di pace e cooperazione tra popoli e Stati. Ma la Guerra Fredda prima e la Globalizzazione poi hanno deragliato questo processo verso un quadro di competizione sfrenata. Si è prodotta una frattura profonda tra i Paesi dell’Europa del Nord e occidentali e quelli dell’Europa centrale e del Sud risolvibile solo con una rigenerazione del progetto stesso.

L’Euro avrebbe dovuto essere il primo passo del progetto “Europa Unita”. Avrebbero dovuto seguire altre riforme. Infatti una moneta senza uno Stato è nel migliore dei casi un’assurdità, così com’è assurdo pensare che sia possibile costruire il “federalismo europeo” tramite scelte politiche ed economiche del tutto contrarie agli interessi “reali” di chi dovrebbe compierle. E si deve pure ricordare che senza un “federalismo europeo” nulla o quasi si potrebbe fare contro la “speculazione finanziaria”. Purtroppo il sogno europeo si è infranto per la mancanza di un sogno comune, di una idea comune di civiltà. Si è pensato solo ad un’Europa cui fosse sufficiente un’unica moneta, dimenticando il resto: la civiltà, il benessere, la felicità. Noi non siamo economisti o esperti di politiche internazionali, ma siamo inguaribili sognatori lettori de “Il Piccolo Principe” dove si diceva che i grandi capiscono la bellezza solo quando si dice loro il prezzo di una casa. A noi invece ci basta sapere che una casa è bella perché ha i “mattoni rosa, con dei gerani alle finestre, e dei colombi sul tetto”. L’idea di Europa è stimolante e vitale perché spinge ad essere comunità. Per fare comunità non bastano i soldi. Occorre la storia, le radici comuni di un continente. Occorre non dimenticare quanto ci tenesse papa Giovanni Paolo II ad inserire nella Costituzione europea le radici cristiane. Ma i profeti, si sa, non sono mai ben accetti. •

Nicola Del Gobbo

About Tamara C.

Direttore de La Voce delle Marche

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