Spiragli di Luce: raccolta di poesie di Pasquale Tocchetto

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Pasquale Tocchetto, classe 1926, è un maestro in pensione, dopo aver insegnato nella Scuola Primaria dal 1945 al 1992. Abita e vive da sempre a Morrovalle. Ha illustrato il proprio paese di nascita prima con una raccolta di poesie Morrovalle, antico operoso paese, edita nel 2010 ed ora con un secondo libro di poesie Spiragli di Luce. Scrive nell’introduzione del libro, stampato nel mese di luglio 2016 da Micropress srl di Fermo: “Le composizioni sono il frutto di un ventennale, appassionato impegno e di interessanti ricerche letterarie, culturali e storiche. Le ho chiamate Spiragli di luce perché considero i diversi argomenti trattati come raggi di speranza e iridati percorsi di vita. Vengono illustrati problemi sociali, avvenimenti, personaggi, riflessioni, sentimenti, aspirazioni e meraviglie naturali. La dilettevole iniziativa mi ha permesso di impiegare utilmente le ore libere, di esercitare la mente e colmare la solitudine”.

Il talento artistico, che si traduce nella capacità di comporre versi adottando la metrica tradizionale, caratterizzata dal ritmo, dall’armonia e da una regolare struttura, va fatto conoscere, anche per tramandare nel tempo i propri ed i sogni di tutti.
La fonte ispiratrice è citata nella stessa introduzione: “Io mi son un che quando/ amor mi spira, noto, e a quel modo/ ch’è ditta dentro vo’ significando” (Dante Alighieri, Purgatorio, canto XXIV, versi 52- 54). Anche nelle quartine del componimento Che cosa è stato c’è il riferimento agli ultimi quattro versi de Il passero solitario di Giacomo Leopardi.
Nella presentazione, riportata nelle prime tre pagine della raccolta, il prof. Sandro Baldoncini dell’Università di Macerata definisce l’opera come “Un vero e proprio modo alternativo alla desolante stagione poetica che da molti decenni ormai caratterizza la nostra tradizione… Proprio in questa eleganza formale, quasi un sussurro di parole scelte con speciale accuratezza che concede all’arcaismo un primato inatteso, si nasconde il fascino d’una parola antica che ha saputo conservare, nel corso dei secoli, i segni della passata bellezza”.
La silloge contiene cento cinquanta poesie distribuite in quattordici sezioni: “Verso l’azzurro”, “Meraviglie del creato”, “La Patria”, “Radiosa speranza”, “Affetti”, “Compleanni”, “Lieti incontri”, “Soavi melodie”, “Paese nativo”, “Fiori d’arancio”, “E’ festa”, “Personaggi illustri”, “Distinta classe “26”, “Antico idioma”.
Ogni poesia reca in calce la data della composizione.
La sezione “Verso l’azzurro” contiene il maggior numero di poesie (23).
Nella poesia “Ma…che sarà” e “Che cosa è stato”, c’è il perché della fatica letteraria: “Con letture, pensieri e commenti,/ poesie e ricerche di storia,/ tengo desti i miei sentimenti,/ gli interessi, la mente e memoria”.
Nel successivo componimento “Che cosa è stato?”, dopo gli ultimi quattro versi de Il passero solitario di leopardiana memoria, il poeta ripensa alla propria infanzia: “Provenendo da classe sociale/ indigente, ignorante e sfruttata,/ senza svaghi fu infanzia anormale,/ fanciullezza nel tedio è volata. // Passerotto strappato dal nido,/ approdai in austero rifugio,/ per migrare nell’africo lido,/ l’infedele a salvar senz’indugio”. Questi invece i versi che ricordano la Scuola Magistrale frequentata a San Ginesio: “Magistrale Istituto m’accolse,/ mentre attorno avvampava la guerra;/ uno studio agitato si svolse/ ché sconvolta tremava la terra.// Finalmente il conflitto è cessato,/ lentamente è tornata bonaccia;/ superato l’esame di stato,/ per il posto s’è aperta la caccia.// Con rimpianto ripenso al passato,/ ne rivivo struggenti ricordi;/ l’obiettivo ideale è mancato,/ ho percorso tragitti discordi”.
Tutto, nella poesia si colora di sentimento e di stupore: “Puntualmente risveglia natura/ il ciliegio nel mese d’aprile:/ la fantastica sua fioritura/ simboleggia l’età giovanile”.
Nella poesia “Nuvole”, il nostro si diverte a definire cosa sono gli Strati, i Cumuli, i Cirri, i Nembi, gli Aloni: “È l’azzurro da Strati velato,/ addensati e tra lor sovrapposti;/ clima rendono fresco e appannato/ ed i raggi del sole nascosti.// Ecco i Cirri sottili sfilacci/ lunghi e posti nell’alte regioni,/ consistenti in cristalli di ghiacci,/ ma possiedono scarse estensioni.// Nembi in basso, dai bordi frangiati,/ normalmente si sciolgono in piogge;/ con i Cumuli spesso associati,/ riproducon stranissime fogge.//… “Tele e affreschi d’artisti famosi/ rappresentan su volta celeste,/ con Aloni e Nembi brumosi,/ sogni, attese e vicende moleste…”.
Mamme, feste di compleanno, incontri, momenti di vita religiosa, speranza, felicità, la notte, il silenzio, la sera, nevicate, tutto viene registrato e messo in versi dal poeta.
Particolare spazio viene dato al paese natio con le sue antiche vie popolate da rumori, da voci che si aprivano sulla strada dall’interno di botteghe artigiane, ora invece ridotte a silenzi quasi spettrali: “L’ala del tempo ha quasi cancellato/ mestieri ed usi antichi del paese;/ sulle memorie care del passato/ un gran silenzio stese.// Botteghe ed officine ormai son chiuse;/ non s’odon più fragori di strumenti,/ né le canzoni per le vie diffuse/ dagli artigiani contenti!”.
Lo spopolamento del centro storico di Morrovalle viene così descritto: “Ci son palazzi privi di abitanti/ e il capoluogo è proprio desolato/ per il silenzio e l’ombre vaganti:/ c’è nostalgia intensa del passato.//…Finestre e porte ruvide e sconnesse/ sono evidenti segni d’abbandono,/ di generale, gran disinteresse/ pel patrimonio sempre bello e buono…//Tornino i fiori sopra i davanzali,/ il cinguettio di garruli fanciulli;/ sotto quei tetti nuclei parentali/ e nel rione i soliti trastulli./… O Morrovalle, salva il tuo decoro/ e i monumenti emblemi di valori,/ testimonianze vive del lavoro/ di progettisti e bravi costruttori”.
Il problema dei nostri centri storici è comune a tanti paesi delle Marche, carichi di storia, ricchi di abitazioni di pregio, palazzi famosi ma disabitati.
Anche la poesia serve a dare una scossa alle amministrazioni, per rilanciare i paesi di collina che stanno morendo.
Bello il libro Spiragli di Luce. È un invito a sperare e a danzare la vita con gli occhi di un bambino ma di una certa età, novant’anni compiuti, quelli del maestro Pasquale Tocchetto. •
Pasquale Tocchetto, in una poesia inedita, scritta nel marzo 2016, ha ripensato, nell’anno del Giubileo della Misericordia, ad alcuni episodi del Vangelo, mettendoli in versi.
Giubileo della Misericordia:

Il buon pastore cerca, qual monile,
la pecorella frivola smarrita,
per riportarla in salvo nell’ovile
e festeggiarla all’altre riunita.

Un padre attende il prodigo suo figlio
che per il vizio perse ogni sostanza;
dall’alto del palazzo aguzza il ciglio:
l’accoglie, quando torna, in esultanza.

Samaritano è prossimo commosso
pel tramortito, lacero viandante;
un gran precetto biblico l’ha scosso,
dando soccorso e cura consolante.

Non condannò l’adultera pentita
il Salvatore, sceso sulla terra
per riscattare l’anima ferita:
ed ai contriti il regno si disserra.

Volto del Padre è quello del Signore,
pietoso verso i figli traviati,
che liberare vuol dal tentatore
e ricondurli lieti tra i beati.

Guariva i ciechi, i sordi ed i lebbrosi,
risuscitava i morti tra i lamenti,
facea prodigi per i bisognosi;
era l’amico degli umili e indigenti.

Cristo è la porta santa che introduce
i penitenti in cerca di salvezza,
manifestando loro la sua luce,
riflesso della mistica allegrezza.

Torni a brillar lassù l’arcobaleno,
celeste segno di misericordia;
viaggio umano renda più sereno,
prevalga ovunque massima concordia!

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