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P.S. Elpidio, La Risacca: l'alberello con gli auguri "petalosi"

Il regalo più bello

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Auguri della scuola primaria “De Amicis” ai colpiti dal sisma

Racconti le storie che hai come meglio puoi. L’importante è metterci letteralmente davvero tutto quello che hai. Sai che il mondo è pieno di storie. Ne leggi ogni giorno sui giornali. Te ne hanno raccontate tante sin da quando eri bambino, perché sei cresciuto in una famiglia di montagna, e non c’è famiglia di montagna nella quale, qualcuno, in qualche momento del Novecento, non le abbia subite, e dette, e ascoltate di ogni sorta.
Ma cosa fai se sei un abitante dell’alto Nera, sei cresciuto alla periferia del Novecento, non in montagna al tempo in cui le case erano riscaldate con il focolare, non a Ussita al tempo della maestra Rosi, non in Visso al tempo del preside Benedetti, non a Castelsantangelo sul Nera quando vi insegnava Elsa De Alis? Se i tuoi più vivi ricordi d’infanzia sono le trame dei sit-com che guardavi alla Tv, se perfino i tuoi sogni, quando li ricolleghi risultano essere frammenti di scosse telluriche che ti entravano dentro mentre dormivi o stavi sveglio? Se ti accorgi che le storie che ti hanno raccontato non quadrano più, si ramificano continuamente in visioni scoraggianti di case e paesi distrutti, e scopri per ciascuna un’altra storia, diversa da quella che hai custodito per tanti anni? Ebbene, se hai la freschezza degli alunni della scuola primaria “De Amicis” di Porto Sant’Elpidio allora metti tutto un mondo – mi viene da dire tutto il mondo che ti circonda – in ciascuna delle tue storie, dei tuoi pensieri. Certo il mondo che ti è famigliare, che conosci, che hai sperimentato, o anche solo orecchiato. Ma non un mondo che parla egoisticamente solo di sé e a se stesso. Questi alunni della scuola primaria “De Amicis”, neppure adolescenti, hanno davvero qualcosa di raro, come dire?, lo stato di grazia della solidarietà vera, la capacità di comunicare a tutti un intero universo di emozioni, di pensieri, di esperienze vicine e lontane, di contrasti, di cose dette e non dette, di sorrisi e di lacrime, di allegro e tragico, con apparente semplicità. E loro non ne sono forse neppure coscienti, senza false modestie. Vi devo confessare che non avevo neppure scorto quell’alberello di Natale con tanti bigliettini augurali, pieni di cuori, di soli, di stelle. Devo ringraziare per questa occasione il signor Alberto Monelli, proprietario de “La risacca”, che me lo ha fatto notare. L’alberello non mi avrebbe attirato di per sé. Il tradizionale addobbo natalizio mi sarei scioccamente detto. E non avrei avuto idea di cosa stavo perdendo. Colpisce al cuore il bigliettino di Sara e di Leandro: “Vi voglio dare un grande abbraccio”. Commuove il pensiero di Leonardo: “Mi dispiace per tutti voi che avete perso la casa. Vi porto nel cuore”. Partono proprio dal cuore gli auspici di Serena; “Cari bambini, spero che vada tutto bene e che troverete presto una nuova casa”. Vuole tutti i bambini vicino a lui, Lorenzo di classe prima, con parole chiuse da cuori e da stelle: “Io sono felice di sapere che potete stare con me”. Per Margherita, il Natale deve essere felice per tutti: “Vi auguro un bellissimo Natale pieno di gioia. Spero che l’accoglienza sia calorosa e che vi troviate bene anche nelle nostre scuole”.
Avrebbe forse detto meglio uno di noi? Scrivere quello di cui sai non significa affatto mettere la gente nei panni che hai indossato, o che mangiano solo il cibo che hai assaggiato. Sarebbe un’interpretazione riduttiva dell’esperienza. Hai mai conosciuto la solitudine? Hai mai conosciuto la tristezza? Ebbene allora puoi anche scrivere del terremoto e della tristezza nel non avere più una casa. Si tratta di conoscenza emotiva. Parlano di tutto i ragazzi della scuola primaria. Di passato, di presente e persino, con ottimismo, di attualità a venire. Scrive Maria Vittoria: “Cari amici, non vi preoccupate del terremoto, tra un po’ avrete una vita nuova”. Se lo dice lei, alunna della “De Amicis”, ci possiamo credere. •
Valerio Franconi, collaboratore de La Voce Camerte, ospitato da “La Risacca” di Porto Sant’Elpidio a seguito del terremoto di ottobre 2016

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