Gli studenti a confronto con i detenuti del carcere di Fermo
“Prima di venire qui ero preoccupato, mi aspettavo persone diverse. Ho trovato ragazzi, giovani o meno giovani, normali, molto vicini a noi”. Sono le parole di un ragazzo di diciotto anni, le frasi migliori per spiegare l’incontro all’interno della casa di reclusione di Fermo, una ventina gli studenti scelti tra i maggiorenni, alunni delle quinte classi dell’Itet Carducci Galilei. Di fronte cinque detenuti che con sincerità si sono raccontati, hanno parlato di esperienze di vita difficili, della scuola che non ha lasciato in loro un bel ricordo, del dolore delle famiglie e degli anni trascorsi dietro le sbarre, contati uno sull’altro, un giorno dopo l’altro. Uno scambio di domande e di risposte efficaci, per parlare di legalità a partire dalla storie delle persone. La direttrice del carcere, Eleonora Consoli, crede molto nell’incontro tra la casa di reclusione e il mondo della scuola, ci sono contatti con l’Ipsia Ricci e con il liceo delle scienze umane Annibal Caro, con l’Itet Carducci Galilei la collaborazione dura ormai da cinque anni grazie all’impegno del docente Roberto Cifani che ha trovato una chiave diversa per parlare ai ragazzi di legalità: “Siamo qui per capire, non per giudicare, ha sottolineato il docente, anzi, per avere noi consigli su come ci possiamo muovere per accogliere il disagio che qualche ragazzo manifesta, per capire come possiamo evitare che si arrivi a fare gli errori da cui non si torna più indietro”. I ragazzi hanno chiesto della quotidianità in carcere, del rapporto con gli agenti di Polizia penitenziaria, presente anche il comandante Loredana Napoli e alcuni agenti in servizio che pure hanno raccontato il loro lavoro, sorveglianza sì ma anche comprensione, ascolto, qualche volta punizione ma sempre rapporto umano per provare a mandar fuori nel più breve tempo possibile ragazzi giovani che potrebbero trovare altre strade. E proprio su una strada diversa hanno puntato la loro attenzione i detenuti coinvolti, Francesco ha dato la sua testimonianza da Articolo 21, lavorante all’esterno delle mura del carcere, per cominciare a ricostruire il dopo, il difficile ritorno alla vita normale. Un percorso costruito con l’area trattamentale, coordinata da Nicola Arbusti, per non sprecare il tempo che si trascorre nel limbo della carcerazione. C’è chi ha ricordato gli anni della scuola, quando i problemi già venivano fuori ma la società non ha trovato altra strada che emarginare, escludere, condannare, una volta e per sempre. Colpiti e attenti i ragazzi, hanno promesso di scrivere pensieri e sensazioni di un incontro che vale più di mille lezioni, per capire che le scelte che si compiono hanno una conseguenza, sempre, e vanno ponderate e costruite con cura. •