Nel corso del suo ministero sacerdotale, don Lorenzo Milani si accorse ben presto che molti suoi confratelli, compreso il prevosto don Daniele Pugi, si affidavano completamente all’azione della Grazia che avrebbe portato i propri fedeli ai sacramenti. Importante era che la gente venisse in chiesa, poi qualcosa sarebbe successo. Il giovane prete non pensava affatto che bastasse affidarsi completamente all’azione della Grazia, per essere in pace con se stesso: “Eh no, la Grazia fulmina un uomo anche sulla cattiva via di Damasco e non ha bisogno di fulminarlo sulla buona via della predica. La Grazia fulminante quella miracolosa che prende un uomo mal disposto e lo trasforma in apostolo. Chiedere a Dio ogni giorno di questi miracoli strepitosi è cosa buona, ma pretenderli come via ordinaria, farne la giustificazione quotidiana di tanta parte incoerente del nostro ministero, questa è un’eresia grande quanto quella di non credere alla Grazia” (Don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali, Libreria Editrici Fiorentina, pag. 86, Firenze 1972).
Dall’analisi sociologica dei sacramenti e dei riti somministrati nella parrocchia di S. Donato, il giovane cappellano ricava un quadro desolante del rapporto dei parrocchiani con la religione che essi giudicano “roba da ragazzi” e da “donne”. Oggi, quanti, pur dichiarandosi cattolici, ritengono che andare a messa e avere una cultura religiosa sia ancora cosa da ragazzi e da donnette? In realtà, già quando era cappellano a S. Donato, con la Scuola Popolare e con l’istruzione religiosa impartita nel catechismo, era riuscito a portare in chiesa e avvicinarli all’Eucarestia e alla confessione un centinaio di giovani che erano del tutto lontani dalla chiesa. Lavorò anche per alcuni anni a un nuovo catechismo che non pubblicò mai perché lo ritenne superato nel tempo.
L’istruzione religiosa di cui il popolo di S. Donato era del tutto privo non era da imputare “agli enormi difetti del testo di catechismo perché la dottrina si insegna benissimo anche senza testo (trovava buono il testo del catechismo proposto dai Salesiani). Diciamo piuttosto che avviene della cultura religiosa come di quella civile. Abbiamo il ragazzo in mano quando non ha problemi né seri interessi. Ci sfugge e trova in famiglia, in paese, in fabbrica la scuola dell’indifferenza religiosa proprio alle età in cui più avidamente tende l’orecchio. Venti lezioni a ragazzi più adulti anche di poco e ricchi di una preparazione linguistica e logica ci frutterebbero più che le settecento-mille lezioni di cui disponiamo ora” (Ibidem, pag. 50).
Non ho mai fatto il catechista in parrocchia ma ho sempre ascoltato nel Consiglio Pastorale, di cui sono stato membro per tanti anni, della fuga dei ragazzi dopo la Cresima; si ritrovano, se tutto va bene, quando si avvicinano al matrimonio e chiedono di frequentare i corsi pre-matrimoniali. Questa fuga è reale? Avviene in tutte le parrocchie? Qual è il peso dei gruppi laicali cattolici nel tenere desta nei giovani la domanda religiosa?
Luca, ventisei anni, legato al Cammino Neocatecumenale da tredici anni, da sette anni fa il catechista presso la parrocchia San Marone di Civitanova Marche. La scelta di impegnarsi in quest’attività apostolica è nata come presa di coscienza del suo essere cristiano. Chi è apostolo di Cristo non può non sentirsi impegnato nell’evangelizzazione anche dei più piccoli. L’appartenenza al Cammino Neocatecumenale ha fatto il resto. Alcuni giovani, a Civitanova Marche, trovano uno spazio per interrogarsi sulla propria fede, dopo la Cresima, in diversi gruppi laicali cattolici: Neocatecumeni, Amici di Gesù Crocifisso, Rinnovamento nello Spirito, Comunione e Liberazione, Movimento Giovanile Salesiano, Cappuccini di Civitanova Alta. Ma la maggioranza dei ragazzi abbandona qualsiasi pratica religiosa dopo la Cresima.
I genitori, quando scrivono i propri figli al Catechismo, avvertono che per loro è un impegno non da poco. Si tratta di accompagnarli al catechismo per una volta la settimana, in chiesa alla messa della domenica. Nei giorni feriali devono muoversi in macchina da un luogo all’altro della cittadina, per portare i figli al corso di nuoto, di ginnastica, di pianoforte, di chitarra e chi più ne ha più ne metta. Non sempre poi i genitori sono di esempio per i propri figli. Se la mamma, di domenica, si prepara per andare al mare e dice al figlio di andare a messa, questi non vuole proprio saperne. Ha un esempio esattamente contrario. Non c’è in molte famiglie di oggi l’esempio della piccola chiesa domestica. Un tempo non c’erano molte distrazioni e tutti andavano a messa. La famiglia di una volta era la piccola chiesa domestica? Forse no, forse si facevano le cose per abitudine.
Nella Parrocchia San Marone, il Corso di Catechismo, in preparazione alla Comunione, somministrata in quarta Elementare, dura tre anni, l’anno di quinta Elementare è un anno intermedio; per la preparazione alla Cresima, ci sono altri tre anni di catechismo. In totale sono sette anni.
Eppure, sostiene Luca, i ragazzi non sono maturi per ricevere questi sacramenti e non per colpa loro ma della società in cui vivono. Don Milani insegna ancora. Se l’attenzione degli adulti è rivolta al soddisfacimento di beni materiali, è chiaro che i ragazzi fanno fatica a percepire che esistono altri valori. La salvezza avviene se si ha la fortuna di iniziare percorsi di fede nei gruppi e nelle associazioni laicali cattoliche ricordate sopra.
Nell’insegnamento del Catechismo per i ragazzi della Scuola Elementare ci si avvale del sussidio della CEI Sarete Miei Testimoni ma il più delle volte si usano schede preparate direttamente dagli stessi catechisti, altre volte le domande sulla fede, sulla vita, nascono dal dialogo tra i ragazzi. L’abilità del catechista è di saper condurre la discussione, ascoltando veramente tutti. I gruppi dovrebbero essere sempre costituiti in modi equi ed eterogenei. Occorrerebbe poi arrivare a percorsi omogenei di catechismo quanto a tempi e scadenze tra le diverse parrocchie della vicaria. •
Tagscatechismo numero 16 - 2018 sacramenti