Partenza dal Cappellone di Santa Vittoria in Matenano. Nel IX secolo dopo Cristo, arrivati i monaci di Farfa, la cittadina divenne capitale di una rivoluzione religiosa-sociale-agricola di stampo benedettino, e del Presidato farfense. Nella Chiesa della Resurrezione sono ottimamente conservati affreschi del Quattrocento del monaco-pittore fra’ Marino Angeli.
Una ventina di chilometri, e arriviamo a Montegiorgio. Colle Cafagnano, chiesa di San Francesco, dedicata al poverello d’Assisi. L’edificio sorge dove un tempo esisteva una piccola chiesa benedettina. Nel 1263, i Farfensi (sempre loro) la cedettero ai Francescani, per quella giuntura di cui più volte parlò l’indimenticabile prof. Febo Allevi.
Altri venti chilometri circa e siamo a Casette d’Ete, presso l’Imperiale Abbazia di Santa Croce al Chienti. Ho già ricordato la leggenda d’amore di Lotario e Imelda. Ma la storia dice altro, anche se più freddamente. Il piccolo cenobio del V secolo fu trasformato in abbazia e piccola cittadella monastica fortificata «punta di diamante di un sistema di difesa teso a bloccare una possibile, stabile presenza saracena lungo la valle del Chienti». A benedire la struttura furono il vescovo di Fermo Teodosio e, soprattutto, l’imperatore Carlo III il Grosso, nipote di Carlo Magno.
Superato il Chienti, si raggiunge l’Abbazia di Santa Maria a pie’ di Chienti, anch’essa benedettina. Se la chiamiamo con il suo vero nome, che sarebbe Santa Maria in Insula, comprendiamo le caratteristiche del luogo. Alla fine del primo Millennio (936) la foce del Chienti formava qui una sorta di lago, da cui quell’insula.
Leggenda vuole che l’abbazia sorgesse su una preesistente minuscola chiesa eretta dallo stesso Carlo Magno nel 795 dopo una vittoria riportata sui Saraceni.
Direzione monti, piana di Corridonia, e si arriva all’Abbazia di San Claudio, sorta nei pressi della romana Pausolae. Architettura ravennate, torri cilindriche, possente struttura, qualcuno pensa sia stata la Cappella palatina della reggia imperiale di Aquisgrana, sede della Corte carolingia. Tesi sicuramente provocatoria.
Il nostro cammino termina all’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra. Stupenda. Esempio di architettura circestense, fu costruita su diretta indicazione di san Bernardo e ricorrendo ad «architetti-monaci francesi».
Il Cammino, quasi un anello, sulle tracce dei monaci benedettini termina qui.
Cosa manca? Una segnaletica adeguata, una riscoperta di antichi sentieri, una volontà di promozione. Il racconto, altrimenti, e l’emozione, ci sarebbero tutti. •