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“La Pandemia ha messo a nudo le debolezze della società”

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Il dottor Gaetano Massucci parla di come è cambiato il rapporto medico-paziente in tempi di Covid.

Buongiorno Dottore La ringrazio per avermi concesso questo momento. Posso solo immaginare quanto sia piena la sua agenda in questo periodo storico. Per iniziare le chiedo di presentarsi ai nostri lettori che ancora non la conoscono.

Sono Gaetano Massucci chirurgo che ha lavorato per 28 anni all’ospedale di Amandola fino al terremoto del 2016 e dopo una breve permanenza all’Ospedale di Fermo ha proseguito l’attività presso la chirurgia di Macerata.

Sono passati circa diciassette mesi dall’inizio della pandemia dal covid-19. In questi mesi molte parole sono state usate per descrivere la realtà e il vissuto umano, ho selezionato alcune di queste e le chiedo di sceglierne due e di spiegarci perché. Le parole sono: rassegnazione, caos, fragilità, opportunità, speranza, fede e resilienza.

Queste parole e ben altre descrivono lo stato d’animo che le persone hanno avuto e hanno ancora. Infatti, il lungo periodo di pandemia ha messo a nudo molte debolezze della nostra società mostrando proprio la fragilità di un sistema nel quale l’uomo è giunto al punto di sentirsi onnipotente, anzi padrone di un mondo nel quale chi non si mostra tale non ha spazi. La diffusione di un virus invisibile ai più ed incontrollabile ha messo in evidenza, invece, la debolezza di tutta l’umanità nei confronti della forza della natura. E la globalizzazione ha mostrato il suo rovescio della medaglia: non solo il progresso della comunicazione ma anche la rapida diffusione degli aspetti negativi di questa società sia dal punto di vista della salute ma anche da punto di vista sociale.Dalla presa di coscienza di questa fragilità, però, sono nate molte opportunità. Prima fra tutte un modo diverso di usare la tecnologia, come per lo smart working, ma più importante, una messa in discussione di un sistema tutto individualistico delle relazioni sociali. L’insegnamento che dalla diffusione del virus possiamo e dobbiamo trarre è che l’uomo non può risolvere i suoi problemi in solitudine ma solo se fa comunità e se questa diventa l’obiettivo degli sforzi individuali. Insomma, se mai ne fosse stato necessario, la pandemia ci ha ricordato che non ci si salva da soli, in ogni senso. In questo senso oltre alle parole fragilità e opportunità aggiungerei fede, senza quella siamo persi.

Lei oltre ad essere medico è anche sindaco, intanto, le chiedo come è stata vissuta questa pandemia nel suo comune e poi in ospedale.

Monte Vidon Combatte, paese del quale sono Sindaco, è una piccola comunità, dove tutti si conoscono. Questo aspetto è stato di molto aiuto soprattutto nel periodo di lookdown, sia perché le necessità del cittadino e delle famiglie sono state facilmente intercettate, sia perché quella antica forma di autocontrollo di comunità, tipica dei paesi di un tempo, è stata quasi automaticamente recuperata ed ha permesso di dominare più facilmente la diffusione del virus. Le difficoltà più grandi che ho vissuto sono state nell’ambito ospedaliero. Il sistema che più di ogni altro la pandemia ha messo in crisi è stato proprio quello sanitario. I posti letto ospedalieri insufficienti anche per i malati di Covid ha costretto in secondo piano altre patologie meno urgenti ma sempre causa di criticità. La medicina territoriale, disorientata dal frequente altalenarsi di direttive e protocolli, non ha potuto supportare come avrebbe potuto e dovuto.

La pandemia da covid-19 ha accesso i riflettori sulle lacune anche del nostro sistema sanitario. A quasi due anni di distanza dall’ emergenza sanitaria quale lettura può fare della gestione delle fragilità nel nostro territorio?

Il nostro territorio Fermano, in particolare ha sentito in modo più accentuato la crisi sanitaria anche per la presenza di un solo ospedale che essendo stato sempre misto, cioè per malati Covid e non Covid, ha sofferto più di altri la riduzione delle attività di routine. inoltre molti, soprattutto gli anziani, anche per paura, hanno evitato visite e trattamenti ospedalieri, accentuando le loro criticità. Accanto a ciò, e questo mi ha fatto soffrire ancor di più, un aspetto umano e sociale: la morte vissuta in solitudine, straziante soprattutto per anziani e per le loro famiglie. Non si è mai pronti né come medici né come semplici essere umani a vivere un dolore simile. Da tutto questo alcune riflessioni. Il nostro sistema sanitario universalistico va rafforzato sia nelle strutture che nelle risorse umane, anche di conoscenze: il blocco delle attività produttive dovute alla pandemia ci fa capire che questa non sarebbe una sterile spesa ma un investimento sulla stabilità sanitaria e sociale.

Mai come in questo periodo ci si è resi conto di quanto la comunicazione medico paziente sia fondamentale. In realtà il tempo ad essa dedicato è considerato, a buon titolo tempo di cura. Che impatto ha il dialogo con il paziente?

Il ruolo di noi sanitari non può rimanere allo stretto rapporto di medico che cura ma deve essere, o forse deve recuperare, quel rapporto di fiducia vicendevole che passa solo attraverso una comunicazione continua ed efficace con il paziente in particolare ora che la campagna vaccinale può produrre gli effetti positivi sperati solo se la gente riesce a convincersi ad aderire in massa. Ed è questo che io auguro a questo nostro territorio cercando di non dimenticare chi, per diversi motivi e non solo in altri luoghi, non può ancora avere a disposizione questo grande strumento di salvezza che è il vaccino.

Le chiedo di dare due consigli ai nostri lettori in merito alla comunicazione con i loro medici.

Curare è molto di più che guarire una parte del corpo. L’uomo va sempre considerato nella sua interezza, anche se è la somma di più parti, l’uomo resto un mistero complesso e integrale. Pertanto, auguro ad ogni medico di mettersi sempre in ascolto dei pazienti, creando quella empatia necessaria che è la prima terapia. Ai pazienti auguro il coraggio di raccontarsi con fiducia, nessuna cura infatti fa a meno della verità. Quindi empatia, umiltà, fiducia e verità al paziente e ai medici. •

Lambert Ayissi Ongolo

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