In che modo il Concilio mi ha segnato, indirettamente ma altrettanto profondamente? Prima di tutto ho conservato questo significato del Concilio: un’occasione provvidenziale che la Chiesa ha accolto per rinnovarsi in un tempo di profondi e veloci cambiamenti. Il rinnovamento cercato non è stato però un inseguire i tempi o le mode, o un accondiscendere ad alcune aspettative del mondo. Esso è stato piuttosto un ritornare alle sorgenti, in particolare, stando alle prime due costituzioni conciliari Sacrosanctum Concilium e Dei Verbum, la liturgia e la Parola di Dio offertaci nella sacra Tradizione. I padri conciliari non hanno voluto proclamare nuovi dogmi, ma mostrarci le sorgenti del patrimonio di dogmi e di dottrina della Chiesa. L’iniziazione alla liturgia e all’ascolto della Parola, in particolare all’esperienza della Lectio divina, sono stati i primi due punti fermi della formazione ricevuta in Seminario: ricordo ancora la venuta in Seminario per alcuni giorni di A. Nocent che ci iniziò ai fondamentali del celebrare.
Un altro significato del Concilio che porto sempre con me è che in questo evento si è manifestato concretamente il mistero di una Chiesacomunione, come soprattutto ci attesta anche la costituzione Lumen Gentium. Lo svolgimento stesso del Concilio è stato un tirocinio di comunione: la volontà di dar voce ad ogni padre conciliare, e dunque a mentalità e sensibilità diverse, la fatica per giungere, riguardo i testi, al consenso più ampio possibile rimettendo mano più volte agli schemi e rinviandone anche le discussioni. Grazie al Concilio si è impressa nel mio cuore l’idea che la Chiesa è prima di tutto una “grande famiglia” in cui abbiamo in comune la dignità di Figli di Dio e la medesima chiamata alla santità.
Comunione non significa certo omogeneità. Infatti per la comunione e la nostra santificazione lo Spirito suscita diversi carismi e ministeri, tra i quali quello di chi presiede, vescovi e presbiteri. Pur nella differenza di essenza rispetto ai laici, si è inculcata in me la convinzione che la presidenza è un servizio, il servizio della sintesi e della comunione: come vescovo o sacerdote sono chiamato a confermare la porzione eletta di popolo a me affidato nell’obbedienza al Padre Infine il rinnovamento della Chiesa avviene e sta avvenendo, perché ritengo che ancora buona parte dello spirito del Concilio sia da recepire, con l’esercizio di un atteggiamento chiave: il dialogo. Esso è prezioso sia all’interno della comunità cristiana, tra i suoi carismi e ministeri, sia tra la comunità cristiana cattolica e le comunità cristiane ortodosse e non cattoliche, sia con il mondo e la cultura.
La Gaudium et Spes non era prevista nel disegno originale del Concilio, e ne è stata invece il prezioso coronamento. Con questo testo la Chiesa ha detto a se stessa e al mondo non solo che il mondo ha bisogno della Chiesa, e questo era molto rimarcato nella teologia e nel modo di essere precedente il Concilio, ma anche che la Chiesa, per essere fedele a Dio e all’uomo di ogni tempo, ha bisogno del mondo. Sono convinto che la comunità cristiana è lenta a rinnovarsi là dove viene meno il dialogo o fa fatica. Grazie alla formazione ricevuta porto impressi nella mente e nel cuore la convinzione che il primo miracolo di Dio è l’umano, che in qualsiasi situazione sono presenti semi di verità e di bene, senza misconoscere chiaramente la realtà del peccato e del male, che grazie al dialogo ogni identità diviene sempre più chiara a se stessa e che ogni difficoltà può trovare giusta soluzione.
Giordano Trapasso