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Disabilità e Covid, necessarie misure contro l’isolamento

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Nel complesso mondo della scuola, si inseriscono a pieno titolo i tanti ragazzi portatori di handicap, nel comune obiettivo di uguaglianza e convivenza tra normalità e anormalità. Con L. C. abbiamo voluto affrontare l’importante rapporto famiglia/scuola/handicap, oggi reso ancor più difficile dalla pandemia in atto. A lei abbiamo chiesto di raccontarci alcuni tratti, appartenenti alla sua vita di mamma di un giovane autistico, M. e di insegnante in una scuola superiore. Le righe che seguiranno, per certo, non esauriscono le molte questioni e problematiche relative al mondo dell’handicap e al suo inserimento nel mondo della scuola al tempo del Covid-19, ma sono comunque tratti di vita che ci aiutano a pensare, a comprendere ed a farci vicini, pur nel rispetto fisico delle distanze.

La comune mentalità di questo tempo vuole incasellare tutti nei ristretti parametri della “normalità” e della “anormalità”. Che cosa Le fanno pensare questi 2 termini?

L’handicap, nel mio caso l’autismo, non può non rendere diversi. La normalità non è una linea, ma un grande spettro ai cui margini ci sono quelle situazioni che tutti noi definiamo anormali. Sono comunque teorie. Per comprendere la realtà bisogna vedere come effettivamente  si vive, che cosa si può fare, a che cosa si può rinunciare, come ti vedono gli altri. Tra normalità e anormalità esistono delle differenze, anche se nella normalità poi ci sono delle cose anormali e nella anormalità si può vivere una vita possibile, per così dire normale. Quando si entra in contatto con l’anormalità ognuno ha il suo modo di reagire. Io per molti anni mi sono sentita anormale, buttata fuori dalla vita e dal sistema, convinta di non poter fare molte cose e di dover rinunciare a molte altre. Poi, col passare degli anni e nel costante accompagnamento di M., ho cambiato modo di vedere, di pensare e di fare le cose. Ho capito che non bisogna rinunciare alle cose, ma provare a cambiare il modo di vivere. Anche chi vive la normalità incontra difficoltà e problemi, anche se diversi.

 

Come tutte le mamme, immaginiamo Lei combatta ogni giorno per permettere a M. di essere accettato, accolto, rispettato. Quali risorse e quali difficoltà le ha presentato questo tempo della pandemia?

L’autismo è l’handicap della comunicazione. Ogni cosa che si mette in campo, ogni terapia, ogni forma di welfare, serve per strappare i soggetti autistici dall’isolamento, da quel mondo proprio e lontano in cui si rinchiudono, tenerli quanto più possibile accanto a noi e conquistare così la loro normalità. Quasi tutte le risorse esistenti in questo verso, nel tempo del Covid-19, sono scomparse. Le misure adottate per il contenimento della pandemia, per quanto necessarie, sono andate e vanno nel senso opposto. I nostri figli possono essere curati e riabilitati solo inserendoli il più possibile in contesti relazionali e comunicativi. Un ragazzo autistico ha bisogno di avere dei tempi, degli orari, di fare attività fisiche e intellettive in contesti precisi e con volti quanto più conosciuti. Se vengono meno questi tempi, questi ritmi, gli stimoli e le persone, lui torna indietro verso quel suo luogo lontano. Il tempo del Covid in questo senso non ha offerto risorse, ma solo limiti, in molti casi devastanti. Faccio un esempio. I portatori di handicap attualmente rientrano nella categoria dei “soggetti fragili” e sottostanno a tutte le misure emesse a loro favore. A volte, però, una norma scritta con l’intento di salvaguardarli si ritorce loro contro, come il tampone mensile per frequentare uno C.S.E:R, un esame invasivo, che un ragazzo con handicap non comprende o subisce con notevoli traumi o rifiuta totalmente.

 

Che cosa ha potuto e non potuto fare M. nel tempo del lockdown?

Frequenta normalmente un centro socio educativo riabilitativo dalle 9 alle 16 di ogni giorno: Nel tempo del lockdown il centro era chiuso e il dover stare in casa tutto il giorno per lui, che non capiva il perché del dover rinunciare alle cose che faceva ogni giorno, ha significato una lenta regressione. Mentre i ragazzi piccoli smettono di crescere, i più grandi regrediscono addirittura. Per fortuna ci è venuta incontro l’ordinanza regionale di marzo che ha permesso ai ragazzi autistici di uscire, accompagnati dai membri del proprio nucleo familiare o da caregiver, ovviamente con tutti i distanziamenti e misure di sicurezza. Grazie a questo, M. è andato nell’orto con il papà, ha fatto lunghe passeggiate con me all’aperto e altre piccole cose che, però, gli hanno offerto degli stimoli e degli impegni che lo hanno sostenuto e aiutato. Ora il centro che frequenta M. è riaperto tutti i giorni con orario normale, a differenza di altri che sono aperti solo qualche ora al giorno e non tutti i giorni. Le cose, però, non sono come prima, non hanno più quella circolarità relazionale che permetteva contatti fisici con operatori e altri ragazzi. Ora debbono stare in piccoli gruppi e sempre con le stesse persone. Le risorse che aiutano un ragazzo autistico sono in termini di quantità ma anche di qualità. Per queste misure, ripeto sicuramente necessarie, anche la fase 2, pur se migliore, per M. è comunque un passo indietro.

 

Che cosa ci può dire dei portatori di handicap, nella scuola oggi?

La scuola, nel suo obiettivo primo, è tenuta a proteggere tutti, dai ragazzi agli insegnanti, a chiunque fa parte della struttura ed a dare a tutti gli studenti le stesse possibilità. Per i ragazzi disabili, mette in campo alcune garanzie in più, che, però, sono quelle di sempre, nessuna in particolare per questo tempo della pandemia. La scuola, nella sua complessità, ha reagito al Covid, creando nuovi spazi (aule, banchi), nuovi tempi (alternanza della presenza), nuove misure (pulizia, sanificazione, mascherine) e nuove modalità (online, audio e video lezioni). Anche gli studenti hanno reagito molto bene in generale, nel rispetto delle indicazioni, nella pazienza di tempi più lunghi e modalità più faticose come la video lezione o l’alternanza scuola-lavoro online. Tutto questo per un ragazzo disabile costituisce passaggi a volte insormontabili come le lezioni online, per molti di loro difficili da seguire, come l’alternanza scuola-lavoro online per loro quasi impossibile in rapporto al tipo di attività a cui potevano accedere. Anche il rispetto delle misure di sicurezza, come mascherine, distanziamenti, stare seduti anche negli intervalli, per loro, spesso, costituiscono una difficoltà ulteriore e un limite incomprensibile.

 

Che cosa chiederebbe in più oggi alle istituzioni?

Abbiamo uno stato sociale piuttosto efficiente, anche se a volte non è facilmente accessibile. In particolare per l’autismo in questi anni c’è stato un sforzo significativo. Per la mia peculiare situazione di genitore chiederei di pensare che non ci sono solo bambini autistici, ma anche uomini e donne. Un adulto autistico è considerato un soggetto “bollito” per il quale non si può più fare nulla. Non è così Anche loro sono cittadini ed in quanto tali hanno diritto ad avere persone, luoghi e strutture specifiche in cui continuare il loro percorso di vita , di crescita ed evitare così la regressione che è sempre in agguato.

 

Possiamo chiudere con un augurio?

Auguro a tutti un tempo di equilibrio, più che di felicità, anche nei confronti della Pandemia che, da un lato, è da prendere molto sul serio, dall’altro, però, non deve essere l’alibi per far emergere il peggio di noi, per allontanarci gli uni dagli altri, anzi a volte metterci gli uni contro gli altri.

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