Il Liceo “Leonardo da Vinci” si è sempre distinto a livello regionale e nazionale per progetti d’eccellenza sulla Shoah. Lo scorso anno alunni del Liceo Linguistico, che per tre anni hanno partecipato al concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah” sono stati invitati in delegazione alla cerimonia ufficiale in commemorazione delle vittime dell’Olocausto, unica scuola marchigiana, con il Ministro della Pubblica Istruzione Francesco Profumo e con il Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, rispettivamente ad Auschwitz in gennaio e a Gerusalemme in settembre.
Ogni anno i ragazzi del Liceo Linguistico si sono cimentati con diversi temi, la traduzione inedita in Italia delle poesie di una scrittrice ebrea di lingua tedesca, Ilse Weber (nel 2009); la condizione degli ebrei dopo Auschwitz, con una mostra dal titolo “Liberati, ma non liberi” (nel 2010) e infine la mostra di posters “Armati di violino, tra resistenza armata e resistenza spirituale”, che si è avvalsa del contributo di ragazzi del Liceo Classico e del Liceo Scientifico dello stesso Istituto, diventando quindi collegiale. Il titolo della mostra si ispira alla storia di un violino, raccolto in pessime condizioni nel 1944 in una foresta al confine tra Ucraina e Bielorussia. Lo strumento apparteneva ad un bambino ebreo di dodici anni di nome Motélé, che sopravvissuto ad un massacro, si era unito ad un gruppo di partigiani. Costretto in seguito ad allietare i nazisti alla mensa degli ufficiali, istruito dai partigiani, ogni sera nascondeva lo strumento nell’edificio e il giorno seguente tornava con la custodia piena di dinamite. È stato scritto che il suo esplosivo fece saltare in aria duecento tedeschi.
A raccontare il fatto, un liutaio di Tel Aviv, Amnon Weinstein, che ha raccolto storie come questa in giro per l’Europa e recuperato numerosi violini con incisa la stella di Davide, gli strumenti erranti simbolo di un’umanità che ha saputo comunque opporsi, che non ha ceduto la propria dignità, al contrario, l’ha mantenuta fino all’ultimo respiro e si è ribellata in ogni modo. Lo dimostrano i volti e i nomi della doppia resistenza attiva e spirituale che i ragazzi hanno preso in esame e le lettere esposte in mostra. Si tratta di materiale autentico reperito in una raccolta curata da Zwi Bacharach, ricercatore dell’International Institute for holocaust Research dello Yad Vashem di Gerusalemme, cartoline/ biglietti / lettere provenienti o indirizzati al ghetto di Varsavia, lettere di ebrei destinati al ghetto di Theresienstadt, documenti scritti (lettere e poesie di Ilse Weber, tradotte e curate da R.Baldoni) o disegnati all’interno dei ghetti e recuperati alla fine della guerra.
Si tratta quindi di istantanee di singoli momenti, in cui i vari autori esprimono la loro fede, la devozione verso il proprio popolo, la paura, l’angoscia, l’orrore, ma anche la speranza , il coraggio, la fermezza di mantenere la propria dignità a costo della vita, nonostante tutto. Con l’ausilio di materiale fotografico autentico, i ragazzi hanno quindi creato una mostra di documenti, in cui si ripercorre l’anima di un popolo che non ha mai ceduto. Ciò che ha sempre guidato il percorso didattico alla base di questi miei progetti è stato il desiderio di restituire voce a coloro che Primo Levi ha definito i Sommersi, coloro che hanno conosciuto l’orrore fino in fondo e non hanno potuto testimoniare. Restituire loro il nome e la memoria, questo il mio obiettivo, e dedicare il 27 gennaio di ogni anno a persone, a vittime diverse, leggendo le ultime lettere o i versi, i biglietti o le pagine di un diario, suonando le melodie composte nei lager o ascoltando i loro ultimi pensieri. È un modo per ricordarle e trasformare i nostri alunni in Giusti, con il coraggio di salvare la memoria.
Rita Baldoni